Alaa-Abdel-Fattah

In Egitto non si può sperare nel miglioramento dei diritti dei prigionieri politici, nemmeno dopo la liberazione di Patrick Zaki dalla custodia in carcere. Il regime del presidente Al-Sisi ha istituito un tribunale “speciale” per condannare 48 attivisti, accusati di “diffusioni di informazioni false” e altri reati contro il regime. Alaa Abdel Fattah, l’intellettuale di piazza Tahrir più in vista, è stato appena condannato a 5 anni di carcere senza possibilità di appello.

L’attivista egiziano Alaa Abdel Fattah, coinvolto in prima persona nei fatti della Primavera egiziana di piazza Tahrir, è stato condannato a cinque anni di carcere da un tribunale speciale del Cairo per “diffusione di informazioni false.” Insieme all’attivista, il suo avvocato Mohamed al-Baqer e il blogger Mohamed “Oxygen” Ibrahim sono stati condannati a 4 anni di carcere. Abdel Fattah era stato arrestato nel 2019 nel corso delle proteste che rivendicavano la rimozione di Al-Sisi sulla base di presunte accuse di corruzione. Ma l’attivista e programmatore – figlio di un noto avvocato dissidente – era già stato arrestato altre volte nel corso del decennio successivo all’inizio delle proteste di piazza Tahrir, a partire dal 2011.

L’attivista era in custodia in carcere dal 2019, la legge egiziana permette infatti la detenzione in attesa di processo fino a due anni, proprio come era successo a Patrick Zaki. Lo studente liberato l’8 dicembre dopo 22 mesi di detenzione dal commissariato di Mansoura è ancora in attesa di processo perché accusato di “istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo e gestione di un account social che avrebbe come scopo quello di minare la sicurezza pubblica”.

Anche Patrick Zaki ha manifestato solidarietà all’attivista e agli altri due imputati nel processo, scrivendo dal suo account Twitter:

Il libro Non siete stati ancora sconfitti, edito da Hopeful monster, raccoglie gli scritti e il pensiero di Alaa Abdel Fattah. Dall’ultima prigionia emerge una considerazione amara sulle Primavere arabe e in particolare su quella egiziana: la rivoluzione ha fallito, contro il regime multiforme – da Mubarak ad Al-Sisi passando per i Fratelli musulmani – la ricerca della libertà per le nuove generazioni in Egitto può muovere solo piccoli passi, pena la repressione più brutale e pervasiva.

Secondo Human Rights Watch, il governo egiziano ha avviato almeno cinque processi attraverso corti speciali chiamate a giudicare in “stato di emergenza”. Le accuse formulate contro attivisti, difensori dei diritti umani e avversari politici si riferiscono a presunti discorsi offensive contro il presidente Abdel Fattah al-Sisi . L’organizzazione stima che almeno 48 imputati sono rimasti ingiustamente in prigione nella fase precedente al processo vero e proprio. La mossa del governo di Al-Sisi si inserisce nel generale clima di repressione contro gli oppositori politici e gli attivisti per i diritti umani – con una stima di circa 60 mila persone detenute in tutto il Paese che rientrano in questa categoria. Per le condanne pronunciate dai tribunali speciali – come nel caso di Alaa Abdel Fattah – non esiste la possibilità di appello, ma la condanna dovrà essere convalidata dal presidente Al-Sisi o da membri fiduciari del suo governo.

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in copertina, foto CC-BY-SA 2.5 Alaa Abd El-Fatah