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Secondo gli esperti supereremo il limite di 1,5 °C già tra 11 anni. Intanto, la comunità internazionale non è pronta a mettere in discussione il nostro sistema economico

La Cop26 non era iniziata con i migliori auspici. A Roma, il G20 si era chiuso con un nulla di fatto, e Boris Johnson, che sta ospitando il summit, aveva sfondato ampiamente nell’ecofascismo, spiegando che il cambiamento climatico causerà “eventi geopolitici molto difficili” tra cui migrazioni di massa. Intervistato dentro al Colosseo, il Primo ministro britannico ha usato la Roma imperiale come paragone, dicendo che “quando l’impero romano è crollato, è stato in gran parte a causa dell’immigrazione incontrollata.” Una cosa che, secondo la visione pronta per la quinta elementare del premier britannico, “potrebbe succedere di nuovo.”

All’evento non si sono presentati né Vladimir Putin né Xi Jinping, e anche Erdogan ha cancellato la propria partecipazione all’ultimo minuto. Anche tra i presenti le cose non sono iniziate benissimo: durante gli annunci degli impegni nazionali per affrontare la crisi climatica, l’India si è data per la prima volta una scadenza entro cui arrivare alle zero emissioni — ma per il 2070, vent’anni troppo tardi. Nel proprio discorso Modi ha comunque difeso il proprio paese, sottolineando come l’India costituisca il 17% della popolazione globale, ma contribuisca solo al 5% delle emissioni. Questo annuncio ha congelato qualsiasi ambizione di presentare obiettivi più avanzati della Cop22 di Parigi, nonostante la politica abbia ormai imparato a usare la retorica dell’apocalisse per parlare del disastro climatico: durante il proprio intervento Boris Johnson ha citato James Bond, dicendo che l’umanità è legata a un “dispositivo apocalittico”; con lo stesso spirito teatrale, Antonio Guterres ha detto che i leader del mondo “stanno scavando la propria stessa fossa,” e che bisogna “smettere di trattare la natura come un cesso.” Tra gli interventi più importanti c’è stato quello della Prima ministra delle Barbados, Mia Mottley, che ha parlato a nome dei tanti stati insulari a rischio a causa dell’innalzamento del livello del mare, chiedendo agli stati più ricchi di “non permettere che la via dell’avidità e dell’egoismo pianti i semi della nostra comune distruzione.”

Una delle voci più ottimiste della prima giornata di summit è stata quella di Biden, che ha parlato di una “opportunità incredibile” di fronte alla “crescente catastrofe.” Biden da sempre sostiene che la conversione necessaria per ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili possa essere una nuova fonte importante di impiego: “Costruire i pannelli solari e le turbine eoliche che faranno crescere il mercato energetico del futuro creerà lavori sindacalizzati e ben pagati per i lavoratori americani,” ha commentato il presidente statunitense nel proprio intervento. “È una cosa che non dobbiamo mai perdere di vista.” Parlando con gli altri leader presenti al summit, Biden ha ammesso che l’impegno climatico degli Stati Uniti è stato a dir poco incostante, ovviamente in gran parte per responsabilità di Trump: “La mia amministrazione sta facendo gli straordinari per dimostrare il nostro impegno climatico coi fatti e non con le parole.” Biden ha promesso che nei prossimi giorni saranno svelate nuove iniziative climatiche guidate dagli Stati Uniti.

Intanto, alcuni dati visti dal Guardian confermano le preoccupazioni degli attivisti: attraverso un accordo internazionale poco noto — l’Energy Charter Treaty del 1998 — gli investitori del petrolio e del carbone possono fare causa ai governi per i profitti persi a causa delle leggi che cercano di far abbandonare i combustibili fossili. Il quotidiano di Londra ha visionato numerosissime cause intentate nel contesto della ECT, tra cui c’è anche il famigerato caso che vede Rockhopper Exploration contrapposta all’Italia.

Oggi è arrivata una importante presa di posizione per il superamento del carbone, che dovrebbe essere firmata da 190 nazioni e organizzazioni, con due obiettivi separati per i paesi più ricchi, che si impegnano ad abbandonare completamente il carbone entro il 2030, e quelli più sfruttati, che potranno usare il combustibile ancora fino al 2040.

Nota: ci scusiamo per la bassa qualità dell’audio di Alessandro, la sua registrazione locale è andata persa a causa di problemi tecnici.

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in copertina: foto CC BY-NC-ND 2.0 COP26