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Questo articolo contiene immagini degli effetti delle fiamme sulla fauna che potrebbero urtare la vostra sensibilità

testo: Marta Clinco, tutte le foto: Giorgio Dirindin. In copertina: Santu Lussurgiu. Italia. 27/07/2021. Foresta bruciata nei pressi di Santu Lussurgiu.

Il primo documento giuridico per contrastare gli incendi sull’isola risale al 1392. Oggi l’azione del cambiamento climatico rende sempre più grave un fenomeno radicato profondamente nella storia sarda

Rimane alta l’allerta incendi, sia nelle isole che nel Sud Italia. Il Presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, in una riunione con i sindaci due giorni fa ha annunciato che un primo provvedimento legislativo che prevede lo stanziamento di 20 milioni per interventi infrastrutturali e per i ristori economici è pronto per essere portato all’esame del Consiglio regionale sardo. Secondo Solinas, “I problemi più gravi e impellenti delle comunità colpite vanno dai danni ad uliveti, vigne e altre colture tipiche del territorio alla devastazione delle aziende zootecniche, ai problemi presenti sulla rete viaria, su quella elettrica e telefonica. Presto inizieranno i lavori di ripristino del territorio agricolo danneggiato. Nessuno verrà lasciato indietro.”

I recenti incendi nella zona dell’Oristanese e del Montiferru hanno avuto effetti devastanti: secondo quanto comunicato da Coldiretti, i roghi hanno raso al suolo più di 20 mila ettari di vegetazione e costretto circa 1.500 persone ad evacuare le proprie case. Tra le altre cose, è andato distrutto anche Sa tanca manna, un olivo millenario annoverato tra gli alberi più antichi dell’isola. Serviranno almeno 15 anni perché la vegetazione ritorni a uno stato precedente a quello del disastro.

Cuglieri. Italia. 27/07/2021 Macchina distrutta dall’incendio ai bordi di una strada nella zona industriale di Cuglieri.

Degli incendi si parla ogni estate: la storia dei roghi in Sardegna è una storia vecchia. Almeno quanto lo è l’uso colturale del fuoco come mezzo per “creare” campi eliminando la vegetazione, per ripulirli, o per rinnovare i terreni di pascolo. E questo ha una principale conclusione: ​​l’incendio in Sardegna è tra le cause principali di regressione del patrimonio forestale, un problema endemico legato in modo ancestrale al mondo agricolo e pastorale per fertilizzare o semplicemente eliminare le stoppie, le cui pratiche continuano a essere difficili da sradicare del tutto.

La Sardegna fu il primo luogo nel mondo in cui l’incendio fu considerato un delitto, anche a livello giuridico. È qui infatti che il 14 aprile 1392, in epoca giudicale, Eleonora d’Arborea promulgò la Carta de Logu, la raccolta di leggi rimasta in vigore fino a metà Ottocento scritta in sardo volgare – variante arborense della lingua sarda in uso corrente all’epoca – in modo che potesse essere compresa da tutti sull’isola. Si trattava della prima esperienza legislativa a imporre provvedimenti severi verso coloro che appiccavano incendi contravvenendo alle norme e provocando danni alla vegetazione, ai campi adiacenti, alle case e in generale alle proprietà.

Cuglieri. Italia. 27/07/2021 Strada che collega il paese di Cuglieri al olivastro millenario “Sa Tanca Manna”

Nel documento ci sono cinque capitoli dedicati agli incendi: i roghi colposi erano puniti con la rifusione dei danni provocati e un’ammenda di 25 alfonsini d’argento, la moneta aragonese coniata inizialmente nel sud dell’isola, a Villa di Chiesa — oggi Iglesias — splendida città mineraria dov’era presente la zecca, e dove si estraeva anche l’argento usato per coniare le monete. Gli incendi dolosi invece, distinti in incendio di case e incendio di terreni coltivati, prevedevano pene più severe: la morte nel primo caso (e siat juygadu dellu ligari a unu palu, e fagherillu arder), e nel secondo il taglio della mano destra, se l’incendiario non fosse stato in condizioni di rifondere il danno cagionato (e si non pagat issa […] saghitsilli sa manu destra).

La Carta de Logu è stato solo il primo di una lunga serie di leggi da allora promulgate per contrastare una pratica che tutt’oggi mangia fette enormi di patrimonio boschivo nel periodo estivo, con pene che andavano dagli anni di reclusione in carcere fino addirittura alla scomunica — dati che indicano una consapevolezza ben radicata sull’incidenza degli incendi sulla conservazione dei boschi, intesi come ricchezza della collettività da tutelare. Nel 1898, ad esempio, il Regno d’Italia — lo stato legalmente successore del Regno di Sardegna — emanò un regolamento specifico per l’isola che impediva ad esempio di bruciare le stoppie prima del 15 settembre. 

Santu Lussurgiu. Italia. 27/07/2021 Resti di piante bruciate nella zona boschiva sopra Santu Lussurgiu.

È importante notare che in alcuni casi però, soprattutto a partire dalla dominazione sabauda dalla fine del Settecento, parte degli incendi non nascevano da  motivi strettamente agricoli, ma erano una forma di espressione del malessere del mondo rurale nei confronti di legislazioni oppressive, come l’imposizione dell’Editto delle chiudende nel 1823, che autorizzava la recinzione e la “privatizzazione” di terreni destinati fino a quel momento all’uso collettivo. L’incendio è stata una delle reazioni più rilevanti che si verificarono dopo i cambiamenti dell’assetto proprietario di molte terre sull’isola a partire dalla metà del XIX secolo. 

Oggi la capacità di contenere gli incendi e limitarne i danni è certamente maggiore rispetto al passato, ma la pratica dolosa — seppure diversa per moventi — rimane diffusa e difficile da estirpare, non solo in Sardegna. Sono oltre 9.800.000 gli ettari di superficie boschiva in Italia, quasi il 32% della superficie nazionale. Solo negli ultimi vent’anni gli incendi hanno devastato oltre 1.100.000 ettari. Il 34% delle cause è da ricondurre a comportamenti dolosi o disattenzione — in Europa la percentuale sale quasi al 60%. 

Santu Lussurgiu. Italia. 27/07/2021 Un cavallo giace morto lungo la strada per Santu Lussurgiu.

Nel caso dei recenti incendi in Sicilia, ad esempio, la commissione antimafia della regione Sicilia ha insinuato il dubbio che una parte dei roghi fosse motivata da ragioni di speculazione edilizia, o per l’opportunità di installare sul territorio bruciato dei pannelli fotovoltaici. Una pratica che in passato è stata estremamente diffusa su tutto il territorio nazionale con potenzialità turistiche e non solo. La legge che in Italia introduce effettivamente il reato ambientale è del 2015, e l’articolo 423 punisce chiunque appicchi un incendio boschivo, ma la maggior parte dei procedimenti aperti a carico di ignoti cadono in prescrizione e si concludono senza nulla di fatto, senza individuare un colpevole. Secondo il rapporto Ambiente e paesaggio, pubblicato dall’Istat a fine 2020, il numero di incendi dolosi in Italia negli ultimi anni è in diminuzione — nel 2018 sono calati del 41% rispetto alla stima precedente. Ma rimangono comunque 3200 gli incendi appiccati sul territorio nazionale solo lo scorso anno, un dato ancora troppo alto, specie se sommato agli effetti del cambiamento climatico.

Santu Lussurgiu. Italia. 27/07/2021 Foresta bruciata nei pressi di Santu Lussurgiu.

Se è vero che l’azione dei singoli — piromani o meno — è sempre stata importante nel dare il via agli incendi, è dimostrato che negli ultimi decenni il cambiamento climatico ne amplifica gli effetti, rendendoli più gravi e difficili da gestire. L’emergenza climatica infatti non si traduce soltanto in estati torride e temperature da capogiro, ma rende anche molto più probabili alluvioni e allagamenti. Se è vero che eventi estremi come i flash flood e i roghi difficilmente possono essere contenuti, è possibile mitigare gli effetti degli allagamenti attraverso strategie di urbanistica, architettura e scienza dei materiali — una discussione che però è assente dal dibattito politico, concentrato esclusivamente a puntare il dito sui “piromani.” 

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