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I bombardamenti israeliani su Gaza si fanno sempre piú violenti.

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Dopo una settimana di violenze ininterrotte, ieri la polizia israeliana ha attaccato i palestinesi che stavano celebrando l’ultimo venerdì di Ramadan

Ieri la polizia israeliana si è scagliata contro i palestinesi che stavano celebrando l’ultimo venerdì di Ramadan. L’episodio più violento è avvenuto contro i fedeli presenti nella moschea al–Aqsa, sul monte Majid. Il numero di feriti conteggiati mentre scriviamo continua a salire, ma al momento è sopra le 250 persone. Nel corso della giornata si erano registrati diversi episodi di repressione in tutta Gerusalemme Est.

Secondo i dati raccolti dalla Mezzaluna rossa, diverse persone hanno subito ferite alla testa: una persona ha perso un occhio, due hanno la mascella fratturata, e altre due hanno subito altri traumi cranici. Diversi media hanno confermato che oltre all’uso di gas lacrimogeno e granate stordenti, la polizia ha aperto il fuoco usando proiettili non letali — che ricordiamo, nonostante il nome ingannevole di “proiettili di gomma,” contengono un nucleo di acciaio e possono impartire ferite gravi.

Poche ore prima alcuni militari israeliani avevano ucciso due palestinesi, e ne avevano lasciato un terzo ferito gravemente, nella città di Jenin, nella West Bank. Secondo fonti dell’esercito, i tre erano armati con fucili costruiti in casa, ma dal lato dell’esercito non sono stati riportati feriti. Tutte e tre le persone non sono state ancora identificate, e non abbiamo immagini dell’omicidio perché l’esercito ha lanciato gas lacrimogeno nella direzione dei giornalisti per impedir loro di avvicinarsi alla scena. L’esercito ha anche impedito a un’ambulanza di avvicinarsi alla scena, costringendo l’autista, coi fucili spianati, a fare inversione di marcia.

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Mercoledì, i soldati israeliani hanno ucciso un ragazzino di 16 anni, Saeed Yousef Mohammad Odah, nei pressi del villaggio di Odala, sempre nella West Bank. Il giovane è stato colpito allo stomaco, ed è morto in un ospedale di Nablus poco dopo. La dichiarazione dell’esercito riguardo alla sua morte è raggelante: i militari dichiarano che sarebbero state tirate contro di loro bombe Molotov, per cui “i soldati si sono mobilitati per fermare i sospetti aprendo il fuoco contro di loro.”

Anche in questo caso, nessun soldato è risultato ferito negli scontri che avrebbero dovuto giustificare l’uso di forza letale. L’episodio non è chiarissimo: secondo fonti di Kan, i soldati si stavano muovendo nella zona cercando il responsabile di scontri avvenuti domenica scorsa.

Le proteste a Sheikh Jarrah

I tre episodi di sangue arrivano nel contesto di una settimana di violenza ininterrotta, mentre la repressione di polizia contro le proteste a Sheikh Jarrah si fa sempre più aggressiva.

Il quartiere di Gerusalemme Est è da decenni al centro di operazioni illegali da parte del governo israeliano, che sistematicamente mette in dubbio la proprietà delle residenze dei cittadini palestinesi. Anni fa la “soluzione” a cui si arrivava era costringere le famiglie a pagare l’affitto ai nuovi proprietari delle loro case. Fortunatamente sempre meno famiglie palestinesi accettano questo compromesso estremo — questo ha portato, però, a sempre più tentativi di sfratto diretto. La Corte suprema israeliana si esprimerà di nuovo sugli sfratti che hanno portato agli scontri dei giorni scorsi lunedì 10.

 


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