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Dal divorzio tra Orbán e il PPE allo scioglimento di Génération identitaire, è una settimana difficile per le formazioni dell’estrema destra europea. Le loro idee, però, non andranno via tanto facilmente

Ieri, con una lettera stringata, Viktor Orbán ha annunciato che gli europarlamentari del Fidesz lasceranno il gruppo del PPE, il Partito popolare europeo, che in questo momento detiene la maggioranza relativa al Parlamento europeo. La lettera, che in modo ingannevole cerca di collegare le faide interne al partito con la pressante crisi sanitaria, arriva come diretta risposta al voto del gruppo parlamentare che ha cambiato il proprio regolamento in modo da poter escludere uno o più membri — una misura realizzata appositamente contro i parlamentari del Fidesz. Orbán da anni è collocato nella frangia più estremista del PPE — la crisi interna al gruppo è iniziata nel 2017, con l’inizio della guerra dell’Ungheria contro all’Università dell’Europa centrale, ma è arrivata a un punto di rottura solo lo scorso anno, quando il PPE è rimasto paralizzato per valutare se il partito di Orbán potesse rimanere nel gruppo nonostante l’ulteriore stretta sulle libertà individuali giustificata con le norme anticontagio.

Il PPE non ha ancora rilasciato nessuna dichiarazione al riguardo, ma singoli europarlamentari si sono sbilanciati: prima ancora che Orban annunciasse l’uscita del Fidesz Christophe Hansen aveva descritto il comportamento e le pressioni del partito ungherese come “un tentativo finale di ricatto.” A celebrare la rottura si è aggiunto anche il gruppo centrista Renew Europe, il cui presidente, Dacian Ciolos, ha dichiarato che Orbán ha “eroso la democrazia in Ungheria, e vandalizzato i valori europei.” La rottura risolve la crisi interna del partito europeo — che anche perdendo i 12 europarlamentari ungheresi resta comunque il primo partito nel Parlamento — ma apre a nuovi e più burrascosi scenari nella solo ritardata crisi sul rispetto dello stato di diritto in Ungheria e Polonia.

Mentre nel PPE si consumava definitivamente la rottura tra destra ed estrema destra, il Consiglio dei ministri francese ha finalmente dichiarato illegale il gruppo paramilitare neofascista Génération identitaire. Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha pubblicato su Twitter il decreto che sancisce la dissoluzione del gruppo, considerato responsabile di aver “incitato la discriminazione, l’odio e la violenza.” Nel testo, tra le altre cose, si esplicita il collegamento tra il gruppo e Brenton Tarrant, il terrorista australiano che uccise 51 persone in due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda, identificato come “membro benefattore,” per le proprie donazioni al gruppo. La decisione del Consiglio dei ministri arriva con colpevole ritardo, quasi esattamente tre anni dopo l’operazione con cui il gruppo era diventato famoso a livello mondiale — quando cercarono di ergere un finto confine sulle alpi, sorvegliato per giunta da due elicotteri — per il quale la giustizia francese si era limitata a dare 6 mesi di carcere a tre dei fondatori.

Contemporaneamente, in Germania, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione avrebbe posto il partito di estrema destra Alternativa per la Germania sotto sorveglianza. La notizia, filtrata prima sullo Spiegel e poi su tutti i media tedeschi, non può al momento essere completamente verificata, perché l’Ufficio è incastrato in una faida legale a Colonia proprio con AfD, che aveva dichiarato che essere indagati dall’Ufficio avrebbe impedito loro di condurre una regolare campagna elettorale. In risposta all’esposto di AfD, l’Ufficio si è impegnato a non commentare riguardo alle proprie indagini nei confronti del partito, almeno fino a dopo le elezioni del 2021. La notizia è stata accolta dai piagnistei, vera cifra stilistica dell’estrema destra contemporanea, con il co–fondatore di AfD Tino Chrupalla che ha accusato l’Ufficio di aver filtrato la notizia della sorveglianza ai media. La notizia è stata poi effettivamente confermata da Volker Ullrich, il portavoce agli affari interni della CSU, che ha scritto su Twitter che la decisione era “consistente e corretta,” e che una democrazia, per difendersi deve “nominare e combattere i nemici dell’ordine democratico.” Il parlamentare dei Verdi Konstantin von Notz ha commentato la notizia in un’intervista con DW, in cui ha sottolineato come “anche in una democrazia è possibile che vengano eletti nemici dello stato di diritto… che poi potrebbero procedere con eliminare proprio la democrazia e lo stato di diritto.”

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