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in copertina, foto via Facebook

Alcune fonti britanniche hanno definito i negoziati di queste ore come “l’ultimo tiro del dado,” ma restano ancora tantissimi nodi da sciogliere

Continuano agitatissimi i negoziati dell’ultimo minuto sull’accordo post–Brexit: mancano ormai solo 24 giorni alla scadenza dell’anno di transizione, dopo il quale il Regno Unito uscirà dall’Unione europea senza un accordo. Ieri si è riaperto il tavolo della trattativa tra Michel Barnier e David Frost, in una giornata che è stata descritta come “l’ultimo tiro del dado” da fonti britanniche, che hanno espresso anche il proprio scetticismo sulla possibilità di arrivare a un accordo.

I negoziati si sono riaperti dopo la telefonata tra Johnson e von der Leyen di sabato, al termine della quale i due avevano firmato una dichiarazione congiunta in cui si chiedeva di continuare a lavorare a una accordo, e che elencava i nodi ancora da sciogliere: l’adesione del Regno Unito alle regole e agli standard dell’UE, l’accordo sulla pesca, e i dispositivi di governance, in particolare per regolamentare le controversie. Ieri le discussioni si sono protratte fino a tardi, e da fonti europee aveva iniziato a diffondersi il retroscena che si fosse arrivati a un accordo sulla pesca, ma fonti governative britanniche hanno abbattuto immediatamente le speranze, dicendo che durante la giornata non si era fatto nessun passo avanti.

In uno sviluppo non previsto da Boris Johnson, però, Francia e Germania hanno istruito il negoziatore europeo Barnier che i due paesi sono uniti nella richiesta che il Regno Unito debba affrontare conseguenze in caso di future divergenze con le normative europee. L’Unione europea chiede di poter imporre dazi unilaterali sui beni esportati dal Regno Unito nel caso Londra non si adegui alle future regolamentazioni europee. Si tratta, per i negoziatori britannici, di una richiesta sostanzialmente irricevibile, e infatti oggi molti quotidiani e tabloid britannici titolano che Johnson sarebbe pronto al no deal.

La proposta britannica sull’argomento non è particolarmente solida: sostanzialmente rivedere l’accordo entro un numero non specificato di anni, e valutare di volta in volta in base a come le regolamentazioni britanniche e del blocco si sono scostate. Ieri mattina Johnson era apparso in qualche modo ottimista, dicendo che gli ultimi nodi ancora da sciogliere fossero in larga parte “una materia interna dell’Unione europea.” Non è esattamente vero: oggi, proprio mentre il Primo ministro e von der Leyen si sentiranno di nuovo al telefono, la controversa legge sul Mercato interno, che mina le fondamenta dell’accordo sulla Brexit, torna alla Camera dei comuni dopo essere stata respinta dai Lord. E martedì e mercoledì verrà presentata una nuova legge, la “Taxation (Post Transition Period) Bill,” che si presume sovrascriverà altre misure concordate precedentemente con l’Unione europea riguardo all’Irlanda del Nord.

Come sempre con la Brexit, non è chiaro quante di queste misure siano di scopo, e quanto siano leve per alzare la tensione durante la trattativa con l’Unione europea. Il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney è tornato ad accusare apertamente il Regno Unito, dicendo che le leggi che infrangono il precedente accordo sono una “tattica di negoziato” di Johnson, e che non dovrebbero distrarre l’Unione europea: “Il problema legato a quelle leggi troverà un modo per scomparire (sic) se riusciamo ad arrivare ad un accordo di sostanza,” ha commentato il ministro alla radio RTÉ. In precedenza, lo scorso settembre, il governo aveva ammesso che le disposizioni infrangevano le leggi internazionali.

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