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in copertina, elaborazione da una grafica delle Nazioni Unite

Secondo le Nazioni Unite, almeno una donna su tre ha subito violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita. L’UNHCR ha pubblicato un nuovo allarme collegando la pandemia a un aumento delle violenze di genere in almeno 27 paesi del mondo

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, indetta dall’Onu nel 1999 in memoria delle tre sorelle Mirabal, uccise dagli agenti del dittatore dominicano Trujillo nel 1960. Oggi è l’occasione per fare i conti con una situazione di violenza sistemica che, nei mesi del lockdown, si è aggravata: Secondo un rapporto Eures, ripreso stamattina da quasi tutti i giornali, in Italia la dinamica dei femminicidi è mutata in seguito al periodo di segregazione forzata tra le mura domestiche. Gli omicidi da parte di conviventi sono cresciuti dal 56 all’80% del totale. In numeri assoluti, nei primi 10 mesi del 2020 i numeri di omicidi compiuti da persone conviventi è aumentato da 49 a 54, mentre quelli di persone non conviventi è sceso da 36 a 26.

Il rapporto contiene altri dati utili a leggere la situazione della violenza in Italia. Ad esempio, emerge che almeno 1 caso su 2 è stato preceduto da maltrattamenti domestici, spesso ripetuti. È importante notare però che questi i casi di maltrattamento denunciati sarebbero solo il 4,4% dei casi totali. Oggi sono in programma numerose iniziative, a cominciare da quelle istituzionali — con un evento di sensibilizzazione a cui parteciperanno il presidente della Camera Roberto Fico, la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e la vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni — a quelle più vicine alla realtà: Non una di meno ha organizzato diverse iniziative, sia con flashmob in varie piazze del paese che online.

A livello mondiale i numeri sono agghiaccianti: secondo le Nazioni Unite almeno una donna su tre ha subito violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita. L’Oms, che ovviamente segue la situazione dei lockdown in tutto il mondo, terrà domani un evento virtuale alla presenza della vicedirettrice generale Zsuzsanna Jakab su meccanismi per garantire la sicurezza delle donne anche durante i lockdown. L’Onu riassume in tre punti i pilastri che permettono il dilagare della violenza di genere:

  • I “valori” dell’onore di famiglia e della purezza sessuale;
  • L’ideologia del diritto alla vita sessuale degli uomini;
  • Le leggi troppo deboli contro la violenza sessuale.

In tutto il mondo, in questi giorni, sono stati pubblicati documenti che attestano la pervasività della violenza di genere. France 24 ha pubblicato un documentario che riporta una statistica sconcertatante: si parla di 220 mila donne l’anno in Francia che subiscono violenze. Nei giorni scorsi Amnesty aveva pubblicato un report sulla situazione delle donne in Ucraina, che Oksana Pokalchuk, la direttrice dell’Ong per il paese, aveva definito “disperata.” Questa mattina, l’UNHCR ha pubblicato un nuovo allarme collegando la pandemia ad un aumento delle violenze contro le donne e le ragazze rifugiate in almeno 27 paesi del mondo. L’agenzia sottolinea che sia necessario preservare, anche nel contesto dei lockdown, l’accesso a servizi per le persone che hanno subito violenza di genere, dal supporto psicologico alla possibilità di trovare riparo in un luogo sicuro.

A Milano, Nudm ha in programma per sabato un flashmob sotto la sede della regione Lombardia, ma sono in programma eventi simili in tutte le città italiane. La rete ha anche divulgato un comunicato, in cui fa notare che “sono prima di tutto le donne a pagare il prezzo dell’emergenza sanitaria in corso,” visto che “Le conseguenze del lockdown si misurano nei dati della violenza domestica destinati ad aumentare ancora con le nuove misure di confinamento” e “La pandemia ha messo in luce il nesso oppressivo tra la violenza economica e il lavoro di cura: lo smartworking ha spostato in casa il lavoro di molte mentre il lockdown aumentava quello di cura e domestico.”

La gravità della situazione è stata riconosciuta anche dal presidente del Consiglio Conte: “A causa delle misure limitative abbiamo involontariamente creato profondo disagio,” che ha influito direttamente sulla violenza di genere. “Il governo è impegnato nella implementazione di azioni positive per le donne, anche per contrastare il dato che mette in luce il triste primato dell’Italia in quanto a disoccupazione femminile. È infatti anche su questo terreno che si elabora una strategia concreta per combattere la violenza di genere.”

Conte ha parlato anche del Codice Rosso, la legge sulla violenza di genere approvata l’anno scorso, definendola “un tassello fondamentale” che tuttavia “non basta.” A un anno dall’entrata in vigore, proprio in occasione del 25 novembre, è stato diffuso il dossier “Un anno di codice rosso”, compilato dal Servizio analisi della Direzione centrale della Polizia criminale. Particolarmente sconcertante la proporzione dei reati di revenge porn: se ne contano in media circa due al giorno, spesso con vittime minorenni, per un totale di 718 casi confermati. La curva dei reati, inoltre, è cresciuta in modo sostanziale subito dopo la fine del lockdown della scorsa primavera.

Negli scorsi giorni si è parlato molto della vicenda della maestra torinese vittima di revenge porn e successivamente licenziata dal proprio istituto. Nel 2018 la maestra era stata licenziata per colpa della diffusione di alcuni suoi video e foto di nudo, diffusione che è stata fatta a suo danno dall’ex fidanzato. I fatti sono avvenuti nel torinese due anni fa, ma è emersa soltanto ora per via del processo in cui sono state implicate insieme ad altri la direttrice scolastica — accusata di aver obbligato la vittima alle dimissioni e di averla diffamata — e una donna che, imbattutasi nelle foto in una chat di gruppo del mario, aveva riconosciuto e minacciato l’insegnante e fatto circolare ulteriormente il materiale.

Per l’ex sono stati disposti i lavori socialmente utili e il risarcimento del danno — ma è chiaro chi ha pagato di più in questa storia, che fa scalpore anche perché al centro vi è quello che per eccellenza nelle categorie che vogliono la donna ferma a un modello degli anni Cinquanta è stato il simbolo della donna illibata e premurosa: la maestra d’asilo. Ancora oggi, evidentemente, a una parte della popolazione italiana sembra assurdo che una donna che ricopre un ruolo sociale come questo possa avere una vita sessuale.

Che la strada da fare sia ancora molto lunga lo dimostrano le polemiche di ieri sulle parole del direttore di Libero Vittorio Feltri, che come al solito non ha perso occasione per lasciarsi andare a commenti disgustosi sul fatto che la diciottenne vittima di stupro da parte di Alberto Genovese, fondatore di Facile.it, “se la sia cercata” visto che Genovese era notoriamente un cocainomane. Purtroppo o per fortuna, Feltri si è dimesso dall’albo dei giornalisti nello scorso luglio, togliendo l’ordine dall’imbarazzo di non riuscire a cacciarlo nemmeno questa volta.

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