La punizione collettiva come strumento di trattativa

Tel Aviv ha tagliato la corrente a Gaza per costringere Hamas ad accettare un accordo al ribasso sulla tregua. Tra le altre notizie: chi è il prossimo Primo ministro del Canada, una manifestazione chiede che non venga archiviata l‘indagine sulla strage di Ustica, e una nuova whistleblower di Meta

La punizione collettiva come strumento di trattativa
Foto: WAFA

Le autorità israeliane hanno ordinato la chiusura della corrente elettrica nella Striscia di Gaza, una settimana dopo la decisione di tornare a bloccare l’ingresso di tutti gli alimenti e gli aiuti umanitari nei territori devastati dall’aggressione incessante dei mesi scorsi. Hamas ha descritto il taglio dell’elettricità come un “ricatto”: la prima fase del cessate il fuoco siglato a inizio anno è scaduta il primo marzo – nelle scorse settimane, prima della fine della prima fase, Tel Aviv e Hamas avrebbero dovuto arrivare a un accordo per la seconda fase del cessate il fuoco, ma i rappresentanti del governo israeliano hanno fatto ostruzionismo. La seconda fase prevede, tra le altre cose, il ritiro delle IDF dai territori di Gaza. Ora Israele vorrebbe che la trattativa portasse a una estensione della prima fase dell’accordo almeno fino alla seconda metà di aprile. Che la decisione di tagliare l’elettricità sia di stampo punitivo non è esattamente nascosto: il ministro dell’Energia israeliano Eli Cohen ha dichiarato che serve “usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per portare a casa gli ostaggi.” Su X, Cohen ha pubblicato una foto in cui firma l’ordine di spegnere le luci a Gaza commentando: “Basta con le chiacchiere, è il momento di agire!” (the New Arab / X)