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in copertina, grab via Twitter

Oggi incrociano le braccia i lavoratori del sindacato USB, contro la regolarizzazione insufficiente e discriminatoria prevista dal decreto Rilancio. “Il lavoro agricolo è una giungla dove i padroni si sentono in diritto di fare tutto quello che vogliono,” spiega il sindacalista Patrick Konde, “e lo stato non ha interesse a regolarizzare gli invisibili”

Maggio è il mese delle primizie più attese dell’anno: ciliegie, fragole, albicocche, melanzane, zucchine. Sono pronte sulle tavole italiane senza che ci si chieda chi le abbia raccolte e, soprattutto, in quali condizioni. Maggio è anche il mese dei lavoratori. “Oggi chiediamo che nessuno compri frutta e verdura come segno di solidarietà ai lavoratori agricoli sfruttati.” Per Patrick Konde, sindacalista del coordinamento agricolo USB (Unione Sindacale di Base), lo sciopero dei braccianti del 21 maggio porta un messaggio semplice: dal campo alla tavola, le primizie vengono raccolte al prezzo della schiavitù. Per questo, a sostegno dello sciopero, i sindacati hanno fatto un appello anche ai consumatori, chiedendo di non comprare frutta e verdura nella giornata di oggi. L’hashtag #fermiamoicarrelli questa mattina è in cima alle tendenze di Twitter in Italia.

“La filiera dello sfruttamento organizzato dalla semina al raccolto fino al trasporto e alla vendita poggia sulla fatica di lavoratori e lavoratrici cui non viene riconosciuto nessun diritto. In Italia l’agricoltura è un settore economico in crescita ed è una delle più colpite dalla vulnerabilità sociale,” spiega Konde. Foggia è il simbolo della protesta dei braccianti e degli invisibili. La marcia è partita questa mattina da Torretta Antonacci — “un ghetto con più di 3mila persone” dice Konde — e arriverà fino alla prefettura del capoluogo dauno, dove i lavoratori consegneranno simbolicamente al prefetto cesti di frutta e verdura in segno di protesta. Da anni le campagne foggiane sono circondate da ghetti, insediamenti informali in cui vivono migliaia di braccianti agricoli. “Torretta Antonacci, Foggia, Venosa: in ogni ghetto non ci sono mai meno di 100 persone.”

Caporalato non è una parola nuova per le cronache italiane, ma nelle campagne di tutta Italia la criminalità è difficile da estirpare: “Non è cambiato niente. Lo Stato non ha interesse a regolarizzare gli invisibili.” Per Konde ci sono tre problemi fondamentali: “Il non rispetto del contratto nazionale di lavoro, lo strapotere della grande distribuzione, l’apartheid sociale. Nessuno vuole affittare una casa ai braccianti stranieri.” Ed ecco proliferare i ghetti al sud, luoghi dove il caporalato comanda incontrastato. “Dove lo stato non c’è si crea lo spazio per la criminalità organizzata. Prima l’assunzione passava con il servizio pubblico del centro dell’impiego, ma non si riesce a strutturare il settore agricolo a livello organico con un organo di controllo e ispettori. Così com’è si tratta di una giungla dove i padroni si sentono in diritto di fare tutto quello che vogliono.”

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In questo contesto, il piano di regolarizzazione annunciato dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha tradito le aspettative. L’articolo 103 sull’emersione del lavoro nel “decreto rilancio”, ormai legge, è stato definito una sanatoria ma è talmente restrittivo che  i lavoratori stranieri che saranno regolarizzati saranno ben al di sotto dei 300mila auspicati dalla ministra Bellanova. “Agricoltura, allevamento, colf e badanti e assistenza alle persone: devo dimostrare di aver lavorato in uno di questi settori. Se ho lavorato in nero devo dimostrare di avere un permesso di soggiorno scaduto ad ottobre 2019. Poi hanno chiesto un contributo di 400 euro all’imprenditore. Un piccolo imprenditore come fa?”

Nel corso della sua esperienza da sindacalista, Konde ha conosciuto anche le realtà imprenditoriali del territorio dove vige la regola del “contratto grigio”: “Nel settore agricolo i piccoli imprenditori non possono assumere, hanno bisogno che le tasse siano ridotte. Si assume spesso con i contratti grigi, cioè due giorni di lavoro regolare che sono in realtà due mesi in nero.”

grab via Twitter

“La regolarizzazione fatta così è discriminatoria: solo chi è utile esce dall’invisibilità. In questo modo è la stessa logica della Bossi-Fini, legata al lavoro. Se si perde il lavoro si perde il permesso di soggiorno”. Senza contratto di lavoro, i braccianti perdono tutti i diritti e sono condannati all’invisibilità. Non hanno accesso all’iscrizione al’anagrafe, alla residenza, né al medico di base. Una situazione complicata durante l’emergenza Covid. Nelle campagne e nei ghetti lontano dalle città, i braccianti sono stati lasciati ancora più soli.

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Da sud a nord la situazione non cambia molto: “Qui al nord non ci sono dei ghetti ma la situazione di questi ragazzi è uguale. Lunedì sono stato a Cuneo dove i ragazzi del settore agricolo non hanno un posto dove stare e stanno alla stazione nei cartoni. Il problema dell’alloggio è fondamentale. La logica è: nelle nostre città non li vogliamo. Arrivano per lavorare 12 ore al giorno per 3 o 4 euro”, dice Konde. Ogni anno il ministero dell’interno programma con un decreto definito “flusso” la quantità di lavoratori stagionali che possono entrare in Italia. Per il 2020 dovevano essere circa 30mila, ma la pandemia ha bloccato tutto. “Di solito i braccianti si muovono da sud a nord. Molti ragazzi ad esempio sono in meridione e non possono venire al nord. Nemmeno i moldavi e i romeni possono venire a lavorare.” Le aziende agricole sono in crisi perché non c’è manodopera. L’emergenza Covid ha reso esplosiva una situazione di conflitti che continuava a covare sotto la cenere, fragilizzando anche il tessuto imprenditoriale che ora rischia il collasso: “Il lavoro agricolo è pesante e non funziona per tutti. Quelle casse pesano 13 chili e dopo 10 ore passate a sollevarle non ce la fai più. Arrivi a casa con la schiena rotta. La frutta ora rischia di marcire. Quando saranno in difficoltà, torneremo all’illegalità di prima. La sanatoria fatta così non funzionerà. Siamo molto pessimisti.” La marcia dei braccianti a Foggia sarà trasmessa in diretta su Facebook sulla pagina dell’Unione Sindacale di Base

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