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in copertina, Porta Genova vuota, foto di Stefano Colobo

La decisione di non chiudere le aziende non è stata apprezzata dai sindacati: a Milano Cgil, Cisl e Uil si sono detti pronti allo sciopero se le aziende lombarde costringeranno i propri dipendenti a lavorare, specialmente senza le misure di sicurezza necessarie.

Il governo ha deciso di accontentare la Lombardia, ma senza scontentare troppo Confindustria: ieri sera Conte ha annunciato — con una diretta trasmessa a sorpresa alle 21.40 — un nuovo decreto che dispone la chiusura di tutte le attività commerciali “non essenziali” fino al 25 marzo in tutta Italia. I trasporti — così come i servizi bancari, assicurativi, postali — saranno garantiti, ma con “possibili riduzioni” per quelli locali. Le aziende continueranno a lavorare, con la raccomandazione di chiudere eventuali reparti “non indispensabili per la produzione.” Anche per i negozi al dettaglio le eccezioni sono numerose: i due allegati al decreto chiariscono quali attività possono rimanere aperte, e sarete contenti di sapere che potete ancora andare in negozi di piccoli animali domestici, di materiale per ottica e fotografia, e dal ferramenta. Ma sempre portando con voi l’autocertificazione, che ieri il capo della protezione civile Borrelli ha detto necessaria anche per girare a piedi.

Le nuove misure si sono rese necessarie perché i numeri dell’epidemia continuano ad essere allarmanti: ieri si sono registrati 2.076 malati in più rispetto al giorno precedente, facendo salire a 10.590 il numero totale dei positivi attuali, di cui 5.763 solo in Lombardia. I morti sono 827. L’assessore Gallera ha detto che circa 500 persone in più entrano negli ospedali lombardi ogni giorno a causa della Covid-19.

La decisione di non chiudere le aziende non è stata apprezzata dai sindacati: a Milano Cgil, Cisl e Uil si sono detti pronti allo sciopero se le aziende lombarde costringeranno i propri dipendenti a lavorare, specialmente senza le misure di sicurezza necessarie. “Molte aziende non sono in condizione di far lavorare in smart working e, nonostante i ripetuti appelli a stare a casa, stanno imponendo ai dipendenti di continuare a svolgere la loro attività in fabbrica, in ufficio o comunque sul territorio.” Un po’ ovunque si moltiplicano le testimonianze di pessimi comportamenti da parte delle dirigenze aziendali, da quelle che licenziano o obbligano a consumare le ferie a quelle che addirittura chiedono gli straordinari.

La situazione in Europa

La situazione in Spagna, intanto, si sta facendo più allarmante, con un totale di 2109 casi confermati finora. Il ministero della Salute spagnolo si è sbilanciato anche nell’ipotizzare le tempistiche della crisi, dicendo che “se tutto andasse bene” dovrebbe durare due mesi — ma è molto improbabile che tutto vada bene, per stessa ammissione del direttore del centro di coordinazione per le emergenze sanitarie Fernando Simón, che ha dichiarato che la crisi potrebbe durare anche quattro o cinque mesi. Ieri si è espressa in merito anche Angela Merkel. In una conferenza stampa con il ministro della Salute Jens Spahn la Cancelliera è apparsa sostanzialmente fatalista, dichiarando che fino al 70% della popolazione tedesca — 58 milioni di persone — potrebbe contrarre il virus.

Nel resto del mondo

Con la situazione in Europa sempre più emergenziale — e la diffusione del virus negli Stati Uniti sostanzialmente non controllata — in un messaggio alla nazione, Trump ha annunciato ieri sera che saranno bloccati quasi tutti i voli dall’Unione europea. Il messaggio di Trump, rigido e monotono, letto da un teleprompter, segna una svolta per gli Stati Uniti, dove finora il presidente aveva cercato di minimizzare la situazione, arrivando in più di un’occasione ad accusare i democratici di utilizzare la malattia a fini politici. Forse proprio sperando di costringere gli Stati Uniti ad una reazione più proporzionata è arrivato ieri dall’OMS l’annuncio che quella del nuovo coronavirus è ufficialmente una pandemia: il virus si è diffuso ormai in 114 paesi, facendo ammalare più di 118 mila persone (di cui 66 mila sono già guarite, però).

Durante la conferenza stampa in cui ha annunciato lo stato di pandemia, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che “nelle prossime settimane ci aspettiamo di vedere il numero di casi, di morti, e di paesi affetti aumentare ancora di piú.” Il giudizio dell’OMS sulla gestione della crisi da parte degli stati è pesante. Ci sarebbe stato “un livello di inazione allarmante.” La crisi, in Cina, sembra sostanzialmente rientrata. Per la prima volta, a Wuhan, il numero di nuovi casi è di una sola cifra: 8 persone. In totale, nella Cina continentale, sono stati registrati 15 nuovi casi. Anche la situazione in Corea del Sud sembra essere sotto controllo: ieri sono stati registrati 114 nuovi casi, di cui la larga maggioranza — 102 — sono legati al focolaio del call center di Seul.