Bosco di sculture 5

Con 2000 alberi e 420 000 metri metri quadrati di estensione, il Parco La Goccia è un polmone verde che rischia di essere messo in pericolo dall’espansione della città.

Il bosco urbano “La Goccia” si nasconde dietro la Bovisa, all’ombra dei vecchi gasometri e degli edifici del Politecnico. Appare su Google maps solo con una ricerca ed entrarci non è semplice, nonostante sia appena oltre uno degli atenei più frequentati di Milano. Superata la grata “difettosa” che cinge i suoi confini, si trova un’isola di natura selvaggia: rovi e alberi, cresciuti sul cemento di un’epoca industriale ormai dimenticata. Poco lontano i due gasometri si impongono sull’ex cittadella industriale di Union de Gaz e Aem, proprietaria fino alla completa dismissione dell’impianto nel 1994. Tempo fa eravamo già stati alla Goccia, e avevamo cercato di capire qualcosa di più sul destino di un’area metropolitana interessante, e potenzialmente soggetta ad appetiti speculativi. 

Nel 2001 l’area della Goccia era stata dichiarata Sito di Interesse Nazionale per la rilevata contaminazione dei siti inquinati dall’attività delle industrie. Nel 2013 la prima bonifica dell’area aveva provocato la perdita di una parte del patrimonio boschivo, definito il lotto 1A. I progetti di bonifica, propedeutici all’edificabilità dell’area, erano stati bloccati definitivamente nel 2016 dal Consiglio di Stato, ultima istanza di un ricorso presentato da cittadini e urbanisti nel 2013, intervenuti in difesa del bosco. Ma nel dicembre 2018, l’istanza amministrativa speciale ha dichiarato “sopravvenuta carenza di interesse” per i ricorrenti, rendendo possibile de jure la ripresa dei lavori di bonifica, già completati all’80%. Già adesso gli alberi non sono al sicuro. L’ultimo taglio illegittimo nella Goccia è stato denunciato domenica 1 marzo: secondo gli attivisti la rimozione degli alberi è iniziata anche nella zona A2A, il lato del bosco confinante con Villapizzone. 

Ne avevamo parlato qui

La difesa del parco, in effetti, è tutta basata sull’azione civica di cittadini volenterosi. Il nuovo cammino attraverso il bosco l’hanno segnato i volontari del Comitato “La Goccia” nato nel 2012 per difendere i 2000 alberi del parco, esteso su 420 000 metri metri quadri. Seguendo i passaggi umani (e della falciatrice) attraverso i rovi, si arriva in una radura, con i gasometri ormai alle spalle. 

Per difendere l’ecosistema della Goccia, il Comitato ha lanciato l’iniziativa “Bosco di sculture.” Il nome l’ha scelto Edi, scultrice milanese. Tra tigli, pioppi, robinie e platani del bosco cittadino ci sono 20 opere d’arte in legno, tessuti, plastica e pietra. Le opere sono offerte dagli artisti Italia, Germania, Giappone, Turchia, con lo scopo di rendere il Bosco un luogo speciale e di umanizzarlo,  in modo che sia facile riconoscere la sua bellezza. Una scultura in legno di acero è stata posata all’entrata del percorso: il pifferaio magico” di Sandro Leonardi, una guida per chi è appena arrivato. La sua controparte femminile sembra essere “La donna albero,” figura lignea realizzata da Edi Sanna: “Un’aborigena, selvaggia, forte sulle sue gambe. La determinazione che la caratterizza potrebbe preannunciare una guerra, se sostenesse un mitra.” Invece  la donna albero “sostiene il nulla,” il sole che i gasometri riflettono nella sfera vuota che alza al cielo (vedere la pagina Instagram “parcogoccia” per credere). 

“Gocce,” una scultura in gesso, per l’artista Chiara Pellegrini è “un gioco funambolesco in cui degli organi sensoriali si scompongono e ricompongono in una forma organica elementare e si riproducono 12 volte, così come sono divisi i mesi di un anno o i numeri di un orologio.” E ancora “Presenze,” sono le meduse fluttuanti di Maria Grazia Collini, artista di Udine, realizzate con una tecnica mista di metallo e nylon. L’opera è un invito a prendere la vita con leggerezza “che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” Il percorso finisce in un’ampia radura sorvegliata da un albero di noce, uno degli ultimi baluardi prima del villaggio industriale. 

Il sogno dei volontari del bosco è aprire il bosco al pubblico, magari progettando un’entrata un po’ più comoda di quella attuale, persa tra rovi e piante selvatiche. “Abbiamo appena portato le panchine. Le ho comprate su marketplace. Ho detto al venditore come le avrei usate e ha deciso di regalarmele,” ci racconta mentre passeggiamo nell’area.

Tra i 2000 alberi si possono trovare anche noci e ciliegi. I nomi e le caratteristiche di alcuni di loro sono leggibili sulle targhe appese ai tronchi. “Abbiamo chiamato un agronomo per identificare gli alberi,” racconta Gianluca, che fa parte del gruppo di volontari da due anni.

La riqualificazione del parco “La Goccia” è oggetto del  Piano di governo del territorio del Comune, che fissa gli obiettivi sociali, ambientali e urbani per il 2030. In particolare, per il progetto di ampliamento del Politecnico, il piano prevede un vincolo ambientale con “una dotazione minima del 50% della superficie territoriale per aree verdi” e “verde di nuova previsione (pertinenza indiretta) per le aree situate lungo via Pacuvio”, cioè la strada che costeggia l’area verde. 

Ma il bosco non è al sicuro

In questo contesto si inserisce il progetto del Politecnico, che prevede il trasferimento del Polihub, ma anche la costruzione di un nuovo studentato nell’area dei gasometri. La riqualificazione, circa 30 ettari se si considera anche il parco industriale, permetterebbe al Politecnico di trasferire il suo “Polihub”, incubatore di 120 startup, in uno dei due gasometri oggi abbandonati alla ruggine, sviluppando uno spazio di coworking su sei piani. Il secondo gasometro sarebbe invece destinato a ospitare strutture sportive del nuovo campus. 

La Regione Lombardia ha previsto, a ottobre 2019, un finanziamento che dovrebbe coprire 5 dei circa 20 milioni di euro per la riqualificazione dell’ex area industriale. Il progetto prevede anche “la creazione di spazi verdi” non meglio identificati. I lavori dovrebbero partire a giugno 2020. Cosa ne sarà del “Bosco di sculture”? Il Comitato aveva già avanzato delle proposte, ma per ora non se ne parla. La decisione di tagliare gli alberi del campus Bassini, presa dal rettore Ferruccio Resta, di concerto con l’amministrazione Sala, non lascia presagire un destino più fortunato per gli alberi della Goccia. A nulla è servita la mobilitazione di studenti e cittadini per il parco di Città Studi: 35 alberi sono stati abbattuti, per 22 di loro è previsto lo spostamento. Un fatto che contrasta con la natura stessa del Politecnico, una delle realtà milanesi più attente e reattive per quanto riguarda la pianificazione urbana e ambientale.

*Il verde urbano a Milano è un problema. Secondo i dati pubblicati dall’Istat sull’ambiente e il verde urbano del 2018, a Milano ogni abitante dispone solo di 18,1 metri quadrati di spazio verde, poco più di un piccolo monolocale. La percentuale di verde sulla superficie comunale si ferma al 13,6%, valore di poco in aumento rispetto al 2017. In Lombardia, peggio del capoluogo c’è solo Lecco, con 15,4 metri quadrati; la media regionale è invece del 28,6% per residente. Un dato che ha probabilmente spinto l’amministrazione a lanciare il progetto ForestaMi, cioè la creazione di un fondo per la piantumazione, entro il 2030, di 3 milioni di alberi nella Città metropolitana, territorio che comprende non solo la città di Milano ma anche i 133 Comuni sotto l’amministrazione Sala. Il progetto, partito proprio da uno studio del Politecnico, “Individua le aree della Città Metropolitana dove aprire spazi alla forestazione indagando in particolare le aree maggiormente colpite dagli effetti del cambiamento climatico e andando a mitigare l’effetto isola di calore o riducendo i rischi da alluvioni attraverso nuovi servizi ecosistemici di resilienza.” Per il momento, cioè dal 2018, gli alberi piantati sono 85.010, dato in aggiornamento sul sito di ForestaMi. 487.087 è invece il numero totale degli alberi presenti in città, secondo il GeoPortale del Comune.

Secondo il Piano di gestione territoriale del 2019 l’indice di urbanizzazione territoriale, a Milano, è pari a circa 131,3 milioni di metri quadrati. Il rapporto percentuale tra superficie urbanizzata e superficie territoriale è del 72%. Considerando che l’area più interessata e sofferente a causa delle polveri sottili è il centro città, dove a vincere è l’asfalto e il cemento a causa dell’elevata urbanizzazione, non ci sono grandi spazi di manovra per la piantumazione di nuovo verde. Inoltre, i dati Istat sulla concentrazione di Pm10 e Pm2,5  non sono ancora rassicuranti, anche se in miglioramento rispetto al 2017. Secondo gli ultimi dati Istat (2018), il numero massimo di giorni di superamento di Pm10 a Milano si è infatti abbassato da 92 a 51 giorni. Il rapporto Mal’aria 2019 di Legambiente invece porta Milano nella top ten “nera” per la qualità dell’aria: nel 2019 i cittadini milanesi hanno respirato aria inquinata per 135 giorni.

E allora ha ragione l’amministrazione a favorire lo sviluppo di nuove aree verdi, ma dovrebbe fare altrettanto per la tutela del patrimonio già esistente. Negli ultimi anni, in città, sono nati gruppi e petizioni per salvare i parchi di quartiere. Oltre al comitato del parco Bassini, esistono gruppi di tutela per gli alberi di altre zone della città. Alcuni esempi sono il “Comitato tutela Porto di mare,” Baiamonti verde comune,”, “Amici Parco Nord,” “Il giardino degli aromi” per il parco dell’ex Paolo Pini e “Salviamo il parco di Benedetto Marcello.”

Il bosco La Goccia sembra avere molti punti in comune con la Piazza d’armi di Baggio, un altro caso in cui una grande area verde rischia di venire riportata al cemento. Si tratta di due spazi dove la natura ha ripreso ciò che le apparteneva. Come recitano le parole che accolgono i visitatori all’ingresso del bosco di Bovisa: “La vegetazione lungo il sentiero ha carattere spontaneo e pioneristico, nulla di quanto presente sembra piantumato da mano umana. La colonizzazione dell’area, precedentemente pavimentata ad asfalto, risulta opera esclusiva della natura di rigenerarsi”. E ai cittadini piacerebbe che questi posti non perdessero la loro natura.

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