Un’installazione sonora per ricordare tutti i migranti morti negli ultimi 25 anni
The List è una scultura sonora algoritmica che commemora le persone morte migrando verso l’Europa dal 1993 al 2018. Dedicando un secondo per giornata, dura due ore e mezza.
in copertina, illustrazione di Gaab, per Chelidon Frame
The List è una scultura sonora algoritmica che commemora le persone morte migrando verso l’Europa dal 1993 al 2018. Dedicando un secondo per giornata, dura due ore e mezza.
UNITED for Intercultural Action, una rete di 550 organizzazioni attive in tutta Europa, ha pubblicato la scorsa estate una lista devastante, che cerca di elencare tutte le morti causate dalla Fortezza Europa dal 1993. È stata una lenta strage, di cui è responsabile unicamente il nostro continente, che è costata la vita ad almeno 36570 persone, e a innumerevoli altri di cui si sono irrimediabilmente perse le tracce.
Siamo in una situazione politica sempre più cupa, in cui ormai anche le deportazioni nei vari paesi dell’Unione vengono ricontestualizzate come “soluzione umanitaria” rispetto alla certezza dei campi di concentramento voluti dal sovranismo neofascista. Parlare di un numero così alto di vittime rischia inevitabilmente di far perdere ulteriormente di vista la drammaticità del problema, trasformando vite umane in solo un’altra riga di una tabella, agli occhi di un pubblico sempre più insensibile.
Chelidon Frame, un progetto di musica elettroacustica e di sperimentazione sonora di Alessio Premoli, ha disegnato the List, una scultura sonora esposta da oggi fino al 14 settembre al piano terra dell’edificio Sarfatti 25 dell’Università Bocconi. Attraverso un algoritmo pensato per l’ascolto in quadrifonia, Chelidon Frame ha trasformato la lista di UNITED in una serie di frequenze, che avvolgono l’ascoltatore in una sensazione straniante, nella speranza di scuotere le coscienze.
Abbiamo raggiunto Premoli via email prima dell’inaugurazione dell’installazione, che è in mostra per i prossimi quattro giorni in occasione del MEMI Fest di Milano.
Come è avvenuta tecnicamente la trasformazione da lista scritta a frequenze in quadrifonia?
“The List” è una composizione algoritmica, ossia generata da un programma che si muove seguendo delle istruzioni ben definite. Nel caso specifico la lista stilata da UNITED è stata attraversata nella sua interezza e per ciascuna giornata riportata l’algoritmo ha elaborato il dato numerico generando una sequenza di frequenze omogeneamente distribuita nei 4 altoparlanti. Ogni secondo corrisponde a un giorno e per attraversare la lista nella sua interezza ci vogliono poco più di due ore e mezza.
Come descriveresti l’effetto sonoro finale?
L’effetto sonoro finale ha due caratteristiche principali: una componente immersiva e una ripetitiva. La sensazione di immersione viene esaltata dai quattro altoparlanti che circondano a mezzaluna l’ascoltatore e si ha l’impressione che questi fugaci suoni — quasi puntinistici — si muovano attorno e davanti a te. La ripetitività, da non intendersi in senso negativo, è data dal fatto che tutti i suoni sono generati da una singola frequenza originaria e poi variamente interpolata secondo le regole dell’algoritmo: questo dà un senso di coesione e di omogeneità al tutto.
Che effetto lascia all’ascolto?
Straniante. Posso raccontarti un aneddoto a riguardo. Quando ho fatto le prime prove nel mio studio ho lasciato girare il pezzo nella sua interezza per vedere se funzionava e se l’effetto che mi ero immaginato era stato raggiunto. Dopo qualche istante c’è stata una sequenza di frequenze non particolarmente invasiva, ma comunque fitta e lì ho realizzato: questi suoni sono persone, sono vite che non ci sono più, tutte accomunate da una medesima sorte, aver cercato un posto migliore in cui vivere. E per qualche minuto è come se tutto si fosse fermato su quel singolo pensiero.
La forza che spero abbia questa installazione, e che era un mio obiettivo quando l’ho concepita, è di andare al di là di cifre, numeri e bollettini che spesso ci lasciano indifferenti – anche perché certe quantità il nostro cervello fa fatica a elaborarle istantaneamente e a circoscriverne l’entità — cercando un linguaggio che sia d’impatto e capace di farci percepire senza intermediazione cose altrimenti complesse.
L’installazione è contestualizzata da informazioni aggiuntive oppure è decontestualizzata?
L’installazione è quasi completamente decontestualizzata: c’è qualche informazione su alcune locandine in loco giusto per dare le coordinate di quello che si sta ascoltando e di come si inserisce all’interno del festival MEMI. Il primo impatto però deve essere aurale, “d’orecchio”: se questo muove qualcosa ci sono tutti gli strumenti per approfondire il discorso in maniera più convenzionale.
In un contesto storico drammatico come questo, che ruolo deve rivestire l’arte per sensibilizzare e ispirare il pubblico?
Non credo di essere sufficientemente adatto a fare un discorso globale, ma posso dirti quello che ho pensato io e che mi ha spinto a pensare e realizzare The List. Credo che noi come artisti (o presunti tali) viviamo immersi in un mondo che o in positivo o in negativo ci influenza. E volenti o nolenti questo si riflette nei nostri lavori, sia in forma diretta che in forma indiretta. Una scelta che possiamo fare (e secondo me, alle volte dobbiamo fare) è quella di parlare di certe cose direttamente e con consapevolezza, di diventare una cassa di risonanza per raccontare storie, momenti e sensazioni in una modalità che sia nostra e non necessariamente semplice e intelligibile, ma che sia comunque lì, con forza e con presenza a mostrarci qualcosa di questo mondo in cui — alle volte — siamo costretti a vivere.