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INN è la graphic novel d’esordio di Jacopo Starace: una storia d’avventura surrealista, dallo stile visionario. Incontreremo l’autore sabato prossimo 7 settembre, alle ore 16:30, al Rob de Matt, in occasione di Gomma Festival.

INN si presenta come una graphic novel d’avventura piuttosto lineare, ma diventa rapidamente sempre più surreale e rocambolesca, coniugando alla propria storia fantastica lo stile visionario di Jacopo Starace. 

Il romanzo segue il viaggio del protagonista, un uomo partito alla ricerca di una luce — letteralmente, una piccola luce parlante — con cui ha fatto amicizia nelle tenebre. Il viaggio del protagonista è occasione per Starace di flettere i propri muscoli, facendo susseguire una serie di scenari contorti e visioni allucinate, e presentando al lettore personaggi dal design curatissimo e unico.

Abbiamo raggiunto Starace via email per farci raccontare come è arrivato allo stile e alla storia di INN, e ne parleremo insieme sabato prossimo 7 settembre, alle ore 16:30, al Rob de Matt, in occasione di Gomma Festival.

Descrivendo INN, definisci l’universo narrativo in cui ambienti la vicenda come “un mondo incomprensibile.” Prova aspiegarcelo lo stesso.

Il mondo di INN è stato concepito per dare importanza alle luci. Mi è venuto subito in mente l’avvolgente vuoto nero degli spazi teatrali contemporanei, privi di una reale scenografia, con elementi saltuari che spiegassero con pochi segni i luoghi dell’anima in cui è ambientata il romanzo. Così come ogni esperienza immaginativa è reale nella maniera in cui noi vogliamo che lo sia, così, in origine, il mondo di Inn doveva prestarsi ad essere diverso a seconda di chi lo avesse letto: una delle questioni che sta alla base del libro è quanto il lettore possa influenzare lo scorrere di una storia con la propria immaginazione e le proprie esperienze. Non so se ci sono pienamente riuscito, ma credo che l’idea di un “mondo incomprensibile” derivi proprio da questa meccanica.

Nel volume si inseguono scene e personaggi dal design sempre più onirico. Da dove sei partito per immaginare il mondo di INN?

INN è nato da una serie di esercizi che stavo portando avanti per impratichirmi, così il suo mondo, così i miei personaggi. Come in un allenamento mi sono dato dei “goal” da raggiungere: disegnare un personaggio senza testa e farlo parlare solo con la gestualità, rendere credibile i movimenti di una pallina di luce nello spazio, eccetera. Venendo dal mondo della scenografia sono sempre stato portato a dare molta più importanza allo spazio per elevare il soggetto, mentre in INN ho voluto fare il contrario, sia per mettermi un po’ più alla prova sia perché le esigenze narrative lo richiedevano.

Scorrendo i tuoi lavori più vecchi su Behance, noto che anche nei tuoi lavori di qualche anno fa c’è una ricerca esplicita di immagini ad alto contrasto, in cui elementi bianchi, chiari o illuminati si affiancano a masse scurissime, quando non completamente nere. Lavorando a INN quanto il tuo stile ha informato lo sviluppo della storia?

Bella domanda. Le luci sono la mia comfort zone in quanto è il momento del disegno in cui mi sento a casa. Mi piacciono le luci irreali, non uso quasi mai diffusori ma immagino sempre di usare Par, Fresnel o Sagomatori, anche in scene che non lo richiedono. Penso sia il tratto più distintivo del mio stile. Con INN ho abbandonato ogni sorta di luce o riflesso se non il bianco puro dei personaggi o dei lumi. Ho lasciato casa per una strada che mi ha messo in seria difficoltà (pagandone anche le conseguenze) ma che alla fine mi ha portato molte preziose risposte. 

Paradossalmente ho tentato di togliere l’illuminazione ad un libro che parla di luce.

Su che supporti hai realizzato la graphic novel?

Tutto il fumetto è stato disegnato in digitale.

Tornando al design di personaggi e fondali: quali valutazioni serve fare quando ci si lancia in un progetto di ampio respiro come INN?

Mi sono chiesto più volte a quali personaggi avrei potuto affidare il compito di tradurre, a parole e gesti, una serie di tematiche che per me sono di vitale importanza. Ho pensato al libro come una persona con diverse emozioni da conoscere e curare. È come amministrare una classe di bambini che giocano facendo baccano: è importante valutare ogni personaggio, ascoltandolo e rispettandolo, anche quando è un personaggio che non ci piace. Semplicemente perché fanno tutti parte di un “io” più grande e complesso. È una cosa che ho imparato solo adesso, a trent’anni suonati ma meglio tardi che mai.  Seppur molto diversi, i personaggi avrebbero dovuto interagire tra di loro quasi come pezzi di puzzle, incastrare i loro difetti nei pregi degli altri e avrebbero dovuto farsi più o meno piccoli rispettando chi avessero avuto vicino, sia nella cooperazione che nel litigio. È stata sicuramente la parte più difficile e non ce l’avrei mai fatta da solo, senza un aiuto.

Quando hai iniziato a lavorare alle prime bozze, quanto dello stile e dell’estetica del volume finale avevi già in testa?

Ho iniziato a lavorare a INN due anni fa, dopo una conversazione assai stimolante con Daniele, un mio caro amico. Mi ha detto che avrei dovuto raccontare ciò che tenevo nascosto facendo qualcosa di mio, nella maniera più pura. L’estetica è sempre stata la stessa, forse è stata l’unica parte chiara e cristallina del lavoro, fin da subito; prospettiva centrale, piano americano e un’atmosfera pregna di mistero.

Quali sono state le tue “luci” durante la stesura della graphic novel?

Non dirò i loro nomi ma sono stati i miei amici.

Durante la stesura di INN ho calcato acque talmente oscure da perdere l’orientamento infinite volte. Se non fosse stato per i miei amici probabilmente sarei ancora in un angolo di mare in preda alle onde, senza quei fari che con i loro consigli mi hanno illuminato la rotta tenendomi a galla. Non so perché l’abbiano fatto però provo una riconoscenza che non ha limiti, e questo libro è dedicato a tutti loro.

contenuto sponsorizzato da Gomma

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Blogger, designer, cose web e co–fondatore di the Submarine.