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in copertina, stencil di orticanoodles aumentato da Gianluca De Vivo, foto di Francesco Neri

Sabato 7 settembre, in occasione di Gomma, sarà possibile partecipare a un tour guidato attraverso le opere del MAUA che decorano la zona di Dergano. Ma come si costruisce un museo diffuso, a cielo aperto?

MAUA è il museo di arte urbana aumentata, un progetto che mira a valorizzare il ruolo della street art nel portare l’arte fuori dal centro della città, e che vuole portare nel mondo reale anche l’arte di chi lavora su supporti non fisici.

Scaricando l’app di Bepart per Android o iPhone e puntando il proprio telefono verso le opere della collezione di MAUA, è possibile vederle prendere vita, in una commistione in cui street artist e artisti digitali collaborano per creare un dialogo, spesso, politico e sociale.

I percorsi di MAUA sono ovviamente all’aperto, per cui chiunque può fare un giro per i percorsi proposti dal museo: ma sabato 7 settembre dalle 15 alle 18, nel contesto del festival di Gomma sarà possibile partecipare a un tour guidato, un’occasione eccezionale per scoprire la storia e le tecniche di alcune delle opere che decorano la zona di Dergano.

Il costo del biglietto è di solo 6,5€ ed è necessaria la prenotazione. Pendetelo subito su Eventbrite, o direttamente su Facebook.
(L’app Bepart funziona anche sulle foto delle opere — installatela e provatela sulle foto di questo articolo per avere un’anteprima dell’esperienza del tour!)

pennelli di ema jons, aumentati da Rosaria Di Rocco. Foto di Joris Jaccarino

Costruire un piattaforma che faccia vivere la street art senza decontestualizzarla dalla propria vita nel quartiere in cui è stata creata è un progetto ambizioso: per capire come è stato realizzato, abbiamo raggiunto telefonicamente Joris Jaccarino, di MAUA.

Come è nato il progetto di MAUA? Come siete arrivati fino a qui?

MAUA è una cooperativa sociale che si occupa di costruire nuovi percorsi turistici e culturali, utilizzando anche la realtà aumentata. L’esperienza nasce in seguito a un progetto realizzato su una ventina di opere a Palermo — che ci era riuscita particolarmente bene! — e che abbiamo proposto di replicare a Milano, in modo più sistematico.

Il nostro progetto, Milano Città Aumentata, è stato premiato dal bando alle periferie del Comune di Milano. L’abbiamo presentato in collaborazione con Avanzi, che si occupa di rigenerazione urbana, Push, un gruppo di designer che ci ha seguito da Palermo, il Cfp Bauer, con cui abbiamo lavorato per la formazione di fotografia, Base, dove abbiamo fatto una prima mostra e che ci supporta nella comunicazione, e Terre di Mezzo, che ha pubblicato il libro con cui abbiamo presentato il museo.

Nell’ordine, abbiamo realizzato per prima cosa un laboratorio di fotografia rivolto ad adolescenti dai 13 anni in su, coinvolgendo 125 ragazzi — 25 per quartiere, lavorando nelle zone di Giambellino, Gallaratese, Via Padova, Porto di Mare, e Bicocca. Con i ragazzi siamo andati per i quartieri — cercando opere come si va per funghi, esplorando — e abbiamo tirato fuori 300 opere, che abbiamo poi archiviato con il nome dell’autore, quando siamo riusciti a rintracciarlo, l’anno e la realizzazione tecnica. Facendo le foto, abbiamo insegnato ai ragazzi i fondamenti della fotografia professionale — le foto che utilizziamo nei materiali del museo sono proprio queste.

In seguito, insieme ai ragazzi, abbiamo lavorato per selezionare 50 opere tra queste, selezionando per valore artistico e rapporto con il quartiere — in un lavoro vero e proprio di curatela diffusa. Ovviamente abbiamo completamente ignorato il principio di legalità delle opere, per valorizzare quelle che davvero davano una voce al quartiere.

Infine, dopo una call per artisti digitali, abbiamo realizzato un workshop durante i week end — in modo da essere disponibili anche per lavoratori — in cui abbiamo spiegato le tecniche per utilizzare il linguaggio della realtà aumentata, in modo da arricchire davvero le opere selezionate. Ognuno dei partecipanti ha selezionato un’opera e ha lavorato ad una sua estensione in realtà aumentata.

spray di anonim*, aumentato da Erica Fabbroni. Foto di Chiara Morosini

Oltre all’evidente lavoro tecnico, quali ragionamenti tecnici e artistici sono stati presi per aumentare la street art rispettando l’opera, e anzi, aggiungendovi qualcosa?

In alcuni casi si è creato un dialogo con l’autore stesso! In altri casi, in cui l’artista aveva lasciato carta bianca, gli artisti digitali hanno su opere che sentivano proprie, in modo da estendere il significato politico e sociale — quasi sempre la street art svolge un ruolo di denuncia che non si può negare. Da parte nostra, abbiamo lavorato con gli artisti digitali per trasmettergli gli strumenti per non produrre semplicemente opere didascaliche o educative, ma per estendere efficacemente l’opera — come l’acquerello o la produzione video, negli anni anche la realtà aumentata sta sviluppando un vero e proprio codice di cosa è particolarmente efficace per realizzare l’effetto.

Come funzionano i tour come quello che organizzerete per Gomma?

MAUA permette a chiunque di visitare i percorsi individualmente, ma organizziamo anche tour guidati. Quello di Gomma lo terrà Chiara Canali, curatrice e critica d’arte, già coordinatrice della mostra Street Art, Sweet Art al PAC, che segnò a Milano una vera e propria svolta nella museificazione del graffitismo — è stato quando la città ha davvero preso possesso per la prima volta delle opere d’arte che la coloravano.

spray di Christian Sonda + Nais + Pao, aumentato da Elisa Leaci. Foto di Rossana Arnaboldi, Edoardo Losa, Pietro Bertoldi

Cosa ne pensi tu — e MAUA! — del rapporto e dell’interazione tra graffiti, street art e i quartieri che li ospitano?

Io sono affascinato dalla street art e dalle opere di espressione artistica della città, e sono assolutamente a favore di dare la possibilità ai giovani — e anche non giovani — di potersi esprimere nella propria città. Partiamo dal presupposto che se un lavoro è fatto bene a livello tecnico ed è ricco di significato è arte — e come tutta l’arte trasforma lo spettatore e la visione stessa che ha del mondo. Certo, non tutte le opere riescono, e possono esserci lavori che sono meno riusciti — ma non per questo si deve negare lo spazio a giovani artisti, che devono poter crescere, e che serve abbiano dei luoghi di espressione. MAUA funziona come un collettivo, per cui non abbiamo un pensiero unico. Ma lavoriamo per rendere visibili le opere e gli autori che colorano le periferie, e cerchiamo di dare ai creativi digitali una dimensione per esprimersi negli spazi pubblici anche se non utilizzano delle tecniche analogiche.

contenuto sponsorizzato da Gomma

undermedia

Blogger, designer, cose web e co–fondatore di the Submarine.