piccolo america

in copertina, foto dei Ragazzi del Cinema America, via Facebook

David Habib e Valerio Colantoni sono stati aggrediti perché “antifascisti,” ma l’insofferenza nei confronti della cultura per tutti arriva dalla destra parlamentare.

La proiezione di ieri sera al Piccolo America di piazza San Cosimato a Roma è stata oscurata da un episodio di violenza contro due giovani, David Habib e Valerio Colantoni, aggrediti perché indossavano una maglietta in sostegno all’associazione, “Amici del Piccolo America.”

Mentre si dirigevano alla proiezione del film First Reformed di Paul Schrader, un gruppo di ragazzi li ha accusati di essere antifascisti, proprio per la maglietta che avevano indosso, e li hanno intimati di levarla. Al rifiuto è seguito il pestaggio e ora David Habib, vent’anni, per la cui aggressione si indaga anche la matrice antisemita, deve operarsi d’urgenza per una frattura scomposta al naso, mentre Valerio Colantoni, ventitré anni, ha un sopracciglio rotto. La solidarietà è arrivata immediatamente da molti attori, tra cui Jeremy Irons, presente alla proiezione di ieri in piazza San Cosimato.

Per Valerio Carocci, uno dei fondatori dell’associazione, la realtà del Piccolo America fa paura alle destre romane perché è riuscita a portare molte persone in periferie, come Ostia e Tor Sapienza, zone dove la destra e le mafie esercitano un certo controllo. L’associazione Piccolo America nasce nel 2012 da un gruppo di ventenni che si sono adoperati nel salvataggio dalla demolizione del cinema America di Trastevere. Dalla battaglia, condivisa dall’intero quartiere, nasce l’associazione Piccolo Cinema America, oggi Piccolo America, che punta a riaprire sale storiche ormai spente e organizza arene estive gratuite. San Cosimato è una di queste, ma non è la sola; il cinema all’aperto si sposta, restando sempre gratuito, lungo tutto il litorale romano, includendo Ostia, il Casale della Cervelletta che l’anno scorso ha ospitato Garrone con suo Dogman, senza essere una manifestazione esclusiva e per pochi. Proprio questo infastidisce, che sia una realtà inclusiva che funziona, togliendo argomenti alla destra.

Ma i fascisti non sono gli unici nemici di realtà come quella di Cinema America.

L’anno scorso il vicesindaco di Roma Bergamo e soprattutto la vicepresidente della commissione cultura Guerrini si erano fatto notare per aver espresso la loro contrarietà al “cinema all’aperto.” In un abbastanza desolante post su Facebook, Guerrini aveva definito “feticismo la reiterata proiezione, giorno dopo giorno, di vecchi film che hanno in comune soltanto il fatto di essere famosi,” dimostrando che l’importante per migliorare la città di Roma è attaccare quello che non si capisce e soprattutto quello che raccoglie una così vasta e trasversale partecipazione. Non paga, aveva anche usato impropriamente il termine “colonialista,” dove forse intendeva parlare di “gentrificazione,” lanciandosi in una goffa analisi che forse aveva più che altro l’obiettivo di costruire una polemica sterile su qualcosa che intuiva potesse aizzare un po’ di odio, senza riuscirci.

Di diversa matrice ma di simile miopia è l’ANEC, che ha scelto, da quest’anno, di non concedere le liberatorie per la proiezione di film usciti negli ultimi due anni, asserendo che le proiezioni gratuite danneggiano l’industria cinematografica. In un recente post su Facebook, “Scendi c’è il cinema”, realtà nata a Milano al Giambellino e propagatasi in tutta la zona 6, ha denuncia questo provvedimento: “se sei povero, abiti in una casa popolare e non puoi spendere 7 euro di biglietto non ti guardi un film appena uscito gratuitamente su grande schermo! Come si dice… la cultura deve essere accessibile a tutti… quelli che pagano!”. La stagione di Scendi c’è il cinema è partita e proprio con la proiezione di Sulla mia pelle, la storia di Stefano Cucchi.

Quello che è successo ieri a Roma non è un caso isolato, come è evidente consultando la mappa delle aggressioni fasciste in Italia dal 2014, realizzata e continuamente aggiornata dal collettivo bolognese Infoantifa Ecn, tenendo conto che anche creare lo spauracchio della cultura per tutti come foriero di problematiche, spesso pretestuose, è un’aggressione altrettanto subdola e pericolosa.