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Dalla riqualificazione del “boschetto della droga” alle retate con i cani nelle scuole: stasera alle 19:30 in Santeria Paladini 8 una puntata speciale live del nostro podcast Trappist.

Il “ritorno” dell’eroina, specialmente tra i più giovani, è un argomento che tiene banco sulle pagine dei giornali e nelle trasmissioni televisive ormai da diverso tempo. A Milano, questa percezione di allarme si incarna precisamente in un luogo: il famigerato “boschetto della droga” di Rogoredo, una delle più grandi piazze di spaccio d’Italia.

Sul “boschetto” — un’area di circa 65 ettari a ridosso della stazione ferroviaria e della tangenziale — i riflettori sono accesi almeno dal 2014. Da allora, è un crescendo di articoli, servizi televisivi, reportage, racconti e testimonianze, in cui ritornano quasi sempre gli stessi elementi: il numero impressionante di persone (parecchie centinaia) che ogni giorno raggiungono il boschetto per acquistare una dose di eroina, la loro età media molto bassa, il costo stracciato delle dosi (cinque euro). Spesso si tratta di articoli carichi di patetismo, che fanno leva sulla categoria del “degrado”, parlano di “discount” o “supermarket della droga” e si concentrano sui dettagli più scabrosi o drammatici delle storie personali di chi lo frequenta (un esempio: questo “reportage” apparso su Repubblica lo scorso ottobre).

Da qui a sconfinare direttamente nel trash il passo è breve, e infatti è successo: lo scorso dicembre Massimo Giletti ha avuto la brillante idea di affidare un servizio sul “boschetto” a Fabrizio Corona, che a quanto pare nell’occasione è stato anche aggredito da alcuni pusher.

C’è quindi un primo paradosso: uno dei luoghi “dell’abbandono” per eccellenza — una terra di nessuno, incastrata ai margini della vita urbana, tra non-luoghi come la ferrovia e la tangenziale — è anche uno dei luoghi più inflazionati mediaticamente della città. Un destino, questo, condiviso solo in minima parte da altre piazze di spaccio non lontane da Milano (come il Parco delle Groane).

L’esposizione mediatica ha prodotto però anche una risposta da parte delle autorità: non solo sul fronte della repressione — controlli, retate e sgomberi si susseguono regolarmente da anni senza produrre effetti risolutivi, mentre l’assurdo muro di cemento lungo circa 500 metri, edificato a ottobre 2018, serve soltanto a spostare lo spaccio un po’ più lontano dalla stazione — ma anche con interventi di riqualificazione e recupero di più ampio respiro.

A luglio 2017, il Comune ha deciso di affidare l’area a Italia Nostra — che in passato si è già occupata a Milano della gestione del Bosco in Città e del Parco delle Cave — con l’obiettivo di restituire il “boschetto” di Rogoredo alla sua funzione di parco pubblico. Da allora, l’associazione ha organizzato una lunga serie di iniziative che, oltre alle concrete operazioni di pulizia e di risistemazione del verde (condotte anche con l’aiuto degli Alpini) hanno cercato di riavvicinare i cittadini del quartiere all’area, perseguitata finora da un’immagine esclusivamente negativa.

Beppe Sala al bosco di Rogoredo, 7 luglio 2018 via Facebook

La strategia sembra aver dato i suoi frutti: pochi giorni fa, il 31 marzo, il sindaco Sala ha percorso i sentieri del parco insieme ad alcuni assessori e al prefetto Saccone.

Secondo i dati della prefettura riportati dai giornali, i “consumatori” sarebbero scesi del 70%, mentre sono 85 le persone assistite a vario titolo da medici e assistenti sociali (20 hanno iniziato un percorso di recupero, 15 sono in attesa di ricovero, 50 sono nella fase di “aggancio.”) “C’è ancora molto da fare, ma questo è un segno di forza e determinazione. È stato fatto un lavoro incredibile e stiamo probabilmente vincendo la sfida di riappropriarci dello spazio, lasciando la vegetazione e non togliendola come sembrava necessario fare per recuperare l’area,” ha detto il sindaco, sottolineando “il prezzo altissimo” pagato dal quartiere di Rogoredo in termini di “vivibilità e immagine.”

Quest’ultimo è un punto fondamentale per valutare l’efficacia degli interventi messi in campo a Rogoredo. Tutta la zona, infatti, è soggetta a un lento ma ben visibile processo di gentrificazione. Che, se da un lato ha il pregio di spingere verso interventi di riqualificazione che miglioreranno la vita dei cittadini — dalla pedonalizzazione di piazza Angilberto al futuro recupero dell’ex discoteca Karma a Porto di Mare —  dall’altro rischia di tradursi in un processo di esclusione, che non risolve i problemi legati a disagio e povertà, ma li sposta altrove.

Riccardo Gatti — direttore dell’Area penale e penitenziaria del Servizio dipendenze di Asst Santi Paolo e Carlo, che a Milano gestisce i Sert nelle carceri di Bollate, Opera e San Vittore — ha ipotizzato che la prospettiva stessa della gentrificazione futura possa aver influito sulla creazione, da parte della criminalità organizzata, di una piazza di spaccio per molti versi eccezionale come quella di Rogoredo. “La sensazione — ha spiegato Gatti, intervistato da Francesco Floris su Redattore Sociale lo scorso novembre — è che esercitando una sorta di franchising, con aree date in concessione, le organizzazioni criminali si stiano riappropriando del territorio, dove il fatto di vendere droga è solo un pezzo della questione Rogoredo è periferie, ma c’è una stazione dell’Alta Velocità, la sede di Sky, il quartiere Santa Giulia di recente edificazione e l’idea di costruire un centro per le Olimpiadi: lì puoi condizionare molti aspetti che vanno dall’apertura degli esercizi commerciali al prezzo delle case influenzando il mercato immobiliare.”

Ma il caso di Rogoredo è relativamente isolato nelle sue dimensioni, o davvero si inserisce nel contesto più ampio di una nuova “emergenza droghe”? Sempre restando su Milano, i dati più recenti disponibili sembrano confermare — in linea con il trend nazionale — l’aumento del consumo di sostanze stupefacenti, in particolare oppioidi, tra i più giovani. Secondo un rapporto della Direzione centrale servizi antidroga (DCSA), i morti per overdose di eroina sono tornati a crescere nel 2017, invertendo un trend decennale. A fine febbraio, l’ATS Città Metropolitana di Milano ha presentato davanti alla Commissione Politiche Sociali del Comune i propri dati, che attestano circa 100 mila i consumatori abituali di sostanze stupefacenti a Milano. Tra questi, circa 8.600 frequentano i SerT della città (+3,5% rispetto al 2017). Di fronte a questi numeri, il Comune ha deciso di ripristinare la “linea verde anti-droga” (che era stata sospesa nel 2013) e ha avviato una nuova campagna di sensibilizzazione. Tuttavia, a causa della riorganizzazione dei servizi socio-assistenziali lombardi, avvenuta nel 2017, le funzioni dell’ex Dipartimento Dipendenze sono state scorporate tra enti diversi, e questo si ripercuote anche sulla possibilità di avere dati affidabili e aggiornati.

Molti esperti di dipendenze — come Francesco Scopelliti, psicoterapeuta a capo del Sert nel carcere di Opera — negano che si possa parlare di una vera “emergenza sociale.” Di certo trattare il fenomeno in termini emergenziali non aiuta ad affrontarlo con la dovuta maturità: il dibattito pubblico in tema di sostanze stupefacenti è praticamente fermo dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi (nel 2014), e quindi estremamente carente proprio sulle tematiche che sarebbe necessario arricchire: informazione, prevenzione, riduzione del danno.

Al contrario, un pezzo della maggioranza di governo sembra intenzionato a riproporre sostanzialmente la Fini-Giovanardi, con l’inasprimento delle pene per i reati di spaccio e l’abolizione del principio della cosiddetta “modica quantità.” Un approccio muscolare che presenta tutti i limiti, già ampiamente sperimentati, delle politiche proibizioniste, e che nelle scuole ha assunto la forma dei blitz della polizia con i cani antidroga — già in uso da qualche anno ma incoraggiate dalla recente direttiva “scuole sicure,” e molto contestate da studenti e insegnanti.

Siamo di fronte a una nuova “guerra alla droga”? C’è spazio per immaginare politiche e azioni volte a contrastare in maniera non repressiva le dipendenze? Ne parleremo questa sera, alle 19:30 in Santeria Paladini 8 a Milano, durante una speciale puntata live di Trappist, il nostro podcast settimanale di approfondimento. Interverranno: Vincenzo Cristiano, presidente di Ala Milano Onlus — che dal 1996 si occupa di sensibilizzazione sul tema delle dipendenze — e Francesco Floris, giornalista di Redattore Sociale.

Per chi non è di Milano o non riesce ad esserci: il dibattito sarà trasmesso in diretta sulla nostra pagina Facebook, e da domani sarà possibile ascoltarlo su Spotify, Spreaker, Apple Podcasts o qualsiasi altra app per i podcast — iscrivetevi subito per non perdere la puntata quando esce.

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in copertina e nella grafica dell’evento, foto CC di Alessandro