articolo a cura di Duegradi, webzine interamente dedicata al cambiamento climatico
Che cosa può fare il cittadino per contrastare il cambiamento climatico? È difficile rispondere: non tanto perché non esistano azioni utili, quanto perché il cittadino può trovarsi sconfortato e confuso di fronte all’enormità del problema. Stiamo probabilmente parlando del tema cardine del nuovo secolo, che ci accompagnerà a lungo. L’utilità che possiamo avere come semplici cittadini è difficilmente percepibile, e il senso di colpa che ne consegue può essere importante: soprattutto per le nuove generazioni, che hanno sviluppato una diversa sensibilità collettiva per i cambiamenti climatici.
Che fare, dunque?
Come prima risposta, c’è l’idea di una protesta pacifica. Venerdì 8 Febbraio 2019 le piazze italiane erano gremite di giovani che volevano esibire il loro interesse per le tematiche ambientali, e in particolare climatiche: i giovani di “Fridays for Future” (FFF) Italia. Il 15 Marzo ci sarà una manifestazione internazionale, e la pagina Facebook di “Fridays for Future” — Italy sta riscontrando molto successo e seguito. È auspicabile che siano mossi non da una ideologia politica, ma solo dall’interesse ambientale. Sarebbe molto importante che il tema climatico tocchi paradossalmente tutte le sfere politiche. Il rischio è che solo un’area politica offra risposte sul tema troppo importanti per essere rimandate di una legislatura intera.
Protestando pacificamente si fa in modo che le istituzioni si accorgano di quanto importante sia — anche a livello elettorale — questa problematica, spostandola tra i temi caldi dell’agenda politica di un dato governo. Le proteste in atto sono una possibilità di velocizzare il processo sociale che tende a politiche sempre più green, ma che potrebbe non essere abbastanza rapido così per come è oggi. Scendendo in piazza ci si rende utili nel processo — altrimenti lento e laborioso — di cambio della sensibilità collettiva. Anche gli adulti vanno sensibilizzati, non essendo cresciuti in una società attenta dal punto di vista ambientale come quella odierna. Le istituzioni in questo modo offriranno alla comunità molte più possibilità di avere un impatto positivo sull’ambiente: sgravi fiscali sugli investimenti sostenibili e sull’acquisto di auto elettriche, introduzione delle colonnine di rifornimento, nuove normative sui prodotti in vendita, tasse salate sulle emissioni.
Ad esempio: come mai nelle etichette dei prodotti al supermercato non c’è ancora l’obbligo di inserire la quantità di anidride carbonica utilizzata?
Comprereste un prodotto di qualche centesimo in più, se sapeste che ha avuto un impatto ambientale molto ridotto? È possibile. In questo modo è influenzabile anche il profitto delle aziende — e dunque le loro azioni e decisioni future.
Un altro metodo per velocizzare il processo è semplicemente informarsi sul tema. I giovani europei aderenti alle proteste di “Fridays for future”, hanno sicuramente letto diversi articoli sul cambiamento climatico, e magari hanno visto la TED’s talk di Greta Thunberg. Si sono resi conto che un futuro verde è conveniente non solo per un’aria più pulita, ma anche da un punto di vista economico: i costi del cambiamento climatico li stiamo già pagando. Alcuni scettici — a cui è però chiara la legge del conto economico e del bilancio — stanno cominciando a cambiare idea: ed è una buona cosa. Persino Trump ha dichiarato, avendo letto il report riguardante i costi futuri del Cambiamento Climatico in USA, che il tema “non è una bufala”, dopo averne sempre negato l’esistenza.
Chi conosce l’economia è al corrente del concetto di esternalità negativa: l’inquinamento comporta costi alla comunità intera. L’aumento di frane, piogge torrenziali ed eventi climatici estremi comporta costi a molti settori italiani, in particolare l’agricoltura e il turismo.
Solo attraverso questi importanti processi, si smetterà di essere sopraffatti e verrà naturale agire per davvero, provando anche una certa soddisfazione personale nel farlo. Teniamo ben presente però, che la colpa non è dei cittadini: ciò che va cambiato scendendo in piazza è il sistema in cui viviamo. Un sistema interamente basato su uno sviluppo che richiede l’utilizzo dei combustibili fossili, che non mette in primo piano la decarbonizzazione della nostra economia, che tende ad ascoltare gli interessi dei giganti petroliferi e delle case automobilistiche.
Per comprare auto elettriche abbiamo bisogno di incentivi, di politiche che ci aiutino a cambiare i nostri comportamenti. Solo così possiamo sperare che lo cose cambino. Nel frattempo, è giusto dare alcuni spunti per partire cambiando alcune azioni quotidiane. Abbassiamo il riscaldamento in casa e in ufficio sotto i 21 gradi, mettendoci un maglione in più. Scegliamo il più possibile cibi a km zero. Ricerchiamo il miglior mezzo di trasporto per spostarci, quello più ecologico come macchine a biometano o — se possiamo permettercelo — elettriche. Compriamo prodotti sfusi e non in contenitori di plastica. Evitiamo la carne industriale. Pratichiamo il turismo sostenibile. Se abbiamo un paio di soldi messi via, pratichiamo l’impact investing: i capitali privati possono contribuire a creare impatti sociali e climatici positivi e, allo stesso tempo, rendimenti economici. Scegliamo più accuratamente i nostri indumenti, informandoci sul modo in cui vengono prodotti. Riduciamo lo spreco di cibo. Piantiamo un albero online. E andiamo in piazza il 15 Marzo con FFF.