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in copertina, foto CC Van Loon

Avere treni che non hanno problemi tecnici di continuo sarebbe già un progresso. Ma un’azienda, specialmente se offre un servizio pubblico, deve ragionare anche e principalmente a medio e lungo termine.

Trenord ha annunciato il taglio di numerose corse in orari non di punta, scatenando la reazione indignata di moltissimi utenti pendolari. Corse su linee come la Mantova – Cremona – Lodi, in orari non di punta in mezzo alla giornata, verranno sostituite da autobus — un controsenso, se si pensa che Trenord è un’azienda ferroviaria.

Si è arrivati a questo risultato a causa di un altro controsenso: la mancanza di materiale rotabile — ovvero, di treni. Molti convogli di Trenord sono obsoleti o non più utilizzabili, dunque ne servono di nuovi: che sono stati già ordinati, ma che non arriveranno prima del 2020. Dunque, bisogna cercare di tenere buono quello che funziona ancora.

Ma come si è arrivati a questo punto?

Trenord è nata nel 2011 a partire da due aziende, che ancora oggi la controllano: Trenitalia e le Ferrovie Nord Milano, che da più di un secolo erano proprietarie di un sistema ferroviario che collegava Milano con il suo hinterland. Queste due aziende oggi controllano ciascuna il 50% di Trenord. A sua volta, FNM è controllata dalla Regione Lombardia: di fatto dunque, oggi Trenord è controllata per metà dalle FS e per metà dalla giunta Fontana.

Secondo Adriano Coscia, membro dell’esecutivo nazionale del sindacato ferroviario OrSA, questo matrimonio è una delle cause che hanno concorso all’attuale dissesto della società di trasporti. “Il problema di Trenord nasce essenzialmente dalla sua costituzione, nel senso che la proprietà paritetica del 50 e 50 non ha portato a fare investimenti di media e lunga durata.” Inoltre non è molto chiaro chi comandi in casa: “la questione paritetica ha indotto a certi equilibri anche per la questione manageriale dell’azienda. Poi, ovviamente, c’è un problema dal punto di vista organizzativo e di capacità manageriale dell’azienda.”

Nel discorso pubblico, infatti, non è molto chiaro chi gestisca Trenord. La compagnia, da parte dei pendolari, è oggetto di un odio cieco da parte della maggior parte dei pendolari lombardi che si trovano a utilizzarne i servizi, ma quest’odio spesso non ha né un nome né un volto. Una prova di questa percepita evanescenza dei vertici è anche il fatto che in Lombardia, alle elezioni regionali, continui a vincere la destra nonostante, in ultima analisi, sia di fatto responsabile della situazione disastrosa del trasporto pubblico e dei disagi dei pendolari lombardi.

Cerchiamo di tracciare un organigramma, allora. La presidentessa è Federica Santini, mentre l’amministratore delegato, la massima carica esecutiva, è Marco Piuri. Piuri viene da Saronno, che per coincidenza ospita uno dei più importanti nodi ferroviari lombardi, e ha preso possesso della propria carica a settembre di quest’anno. Prima di lui, l’ad è stata per quattro anni Cinzia Farisè, già al centro di varie polemiche legate alla cattiva gestione dell’azienda. Piuri è stato voluto dal presidente della regione, Attilio Fontana.

“Noi abbiamo avuto anche un incontro in regione una quindicina di giorni fa, dove abbiamo avuto modo di esplicitare le nostre considerazioni al presidente Fontana,” continua Coscia. “Abbiamo reso chiara a lui e all’amministratore delegato la nostra contrarietà al piano emergenziale. Non si può sostituire un treno con un bus perché si impiega molto più tempo, 40-50 minuti in più secondo i pendolari. Si poteva fare in modo diverso: rivedere il cadenzamento dei treni, portandolo in determinate fasce di morbida a un treno all’ora, sistemando la situazione turni del personale. L’azienda non ha tenuto conto delle esigenze del personale, ma le proprie aziendali.”

foto CC Paolobon140

Trenord è anche nota per i frequenti scioperi del proprio personale, che causano logici disagi ai pendolari e sono diventati quasi un meme in Lombardia. Ma gli scioperi hanno una ragione ben precisa: la volontà di protestare contro la malagestione dell’azienda e, soprattutto, del personale, costretto spesso a turni di straordinario per far fronte a una cronica carenza di manodopera decisa dall’azienda. Mancanze evidenti non solo nel personale fisicamente presente sui treni, ma anche negli addetti alla manutenzione, vero punto debole di tutto il sistema Trenord.

“Sulla manutenzione l’azienda ha creato un gap negativo di non poco conto,” secondo Coscia.

“Il materiale ferroviario è vecchio perché non si è investito: ma a questo punto, se si ha materiale vecchio, occorre maggior cura alla manutenzione. Invece c’è stata una mancanza di organico: Trenord non ha neanche coperto il turnover — in pratica, le persone andavano in pensione ma al loro posto non venivano fatte assunzioni.”

Il vero spartiacque per l’azienda, la cui situazione operativa è già piuttosto precaria da anni, è l’incidente di Pioltello dello scorso 25 gennaio, dove tre persone hanno perso la vita a causa della rottura di una rotaia logorata dal tempo e mai sottoposta a manutenzione adeguata da parte di RFI, proprietaria della tratta, su cui corrono treni gestiti da Trenord. Martedì sono emersi i primi risultati della maxi consulenza richiesta dalla procura di Milano a vari esperti di sicurezza ferroviaria.

“C’è stata l’inchiesta dell’agenzia nazionale di sicurezza, che ha scoperto carenze sia per quanto riguarda il piano manutentivo sia per quanto riguarda l’elevato numero di straordinario ai dipendenti. L’azienda è costretta a fermare l’abuso dello straordinario, mettere mano alle assunzioni e cercare di frenare materiali che avevano qualità scadente. Di qui la soppressione di treni in quantità doppia o tripla rispetto agli anni precedenti.” Per fare dei progressi, infatti, ci vuole tempo: “per formare un macchinista però occorre un annetto, non ce l’hai per il giorno dopo,” sostiene Coscia.

I pendolari però non hanno tempo di aspettare i tempi aziendali di Trenord e della regione Lombardia. Servono risposte chiare che rendano subito più sostenibile una situazione che già da anni è emergenziale: la Lombardia è la regione più inquinata d’Europa, e non si può permettere che decine di migliaia di pendolari che oggi usano, seppur imprecando, il servizio ferroviario pubblico, ritornino all’uso dell’automobile per andare al lavoro.

Ma allora qual è la prima cosa da fare?

“Cercare di potenziare l’attività manutentiva,” ci risponde Coscia. “Noi l’abbiamo sempre detto a Trenord: se vuoi avere dei treni funzionali in inverno, la manutenzione di quei treni devi farla in estate. Come organizzazione sindacale non sappiamo neanche quante ore di manutenzione programmata abbia pianificato Trenord. Questa cosa è allucinante.” Qual è la differenza tra manutenzione ordinaria e  straordinaria? “È come il tagliando alla macchina. Se porti a fare il tagliando alla tua macchina, hai buone possibilità che non si rompa. Se invece la porti quando si rompe c’è il rischio che ti tocchi andare ogni due mesi. Trenord di fatto si basa sulla manutenzione correttiva.” La manutenzione programmata fatta da Trenord è ridotta al minimo indispensabile: “questa gestione delle cose è legale, perché l’azienda fa dei cicli di manutenzione programmata rispettando la normativa sulla sicurezza, ma il materiale secondo noi va manutenuto continuamente.”

Avere treni che non hanno problemi tecnici di continuo potrebbe essere già un progresso, effettivamente. Ma un’azienda, specialmente se offre un servizio pubblico, deve ragionare anche e principalmente a medio e lungo termine. Una visione che a Trenord, in questi anni, abbiamo visto essere mancata del tutto. “La cosa che potrebbe funzionare di più è che la regione affidi il trasporto regionale a Trenord per un periodo di 10 o 15 anni. A fronte di un tempo così lungo, la regione deve pretendere determinati investimenti — cosa che sta avvenendo in molte regioni,” osserva Coscia. “Perché Trenitalia sta investendo in altre regioni con l’ammodernamento di materiale rotabile? Perché ha avuto contratti di servizio di 10-15 anni. Se noi diamo a Trenord un servizio per un periodo limitato è evidente che non investirà, perché non ha la garanzia di rientrare.” Oggi, il contratto di Trenord dura solo 4 anni.

“Il fatto che Trenord sia regionale può essere un punto debole ma anche un punto di forza. Il problema sono le capacità organizzative e industriali di Trenord, inadatte,” prosegue Coscia. “Questo management ha fallito. Ad oggi però chi ha fallito è ancora a capo di questa azienda. Come faranno a sistemarla, l’azienda?”


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