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Abbiamo osservato la situazione nell’App Store italiano, per vedere quali sono e come funzionano davvero le applicazioni per monitorare il ciclo mestruale più popolari.

Le applicazioni per monitorare il ciclo mestruale occupano le prime posizioni in termini di popolarità nella sezione “salute” di App Store e Play Store: la crescita esponenziale degli ultimi anni sta rendendo sempre più difficile individuare tra le tante opzioni disponibili quale sia la migliore e la più sicura per chi la utilizza. Secondo uno studio della Columbia University, che ha individuato le applicazioni considerate più affidabili, esistono 1116 app gratuite per il controllo del ciclo mestruale (oltre ad altre 108 a pagamento). Delle 90088 applicazioni per la salute nell’App Store, il 7% è dedicato alla salute della donna e alla gravidanza, compresi anche i temi della prevenzione e contraccezione.

Non è difficile capire il motivo della loro ascesa: le tante applicazioni promettono attraverso un’analisi dei sintomi – che siamo invitati ad inserire regolarmente e in modo accurato – una maggiore libertà nella gestione del proprio corpo. Tutto questo senza passare attraverso l’eventuale imbarazzo che può scaturire dal rivelare dettagli così personali a un’altra persona. Gli stessi dettagli per i quali non ci si fa scrupolo a inserire nelle stesse applicazioni. Aggiornando quotidianamente una di queste applicazioni la trasformiamo in una migliore amica, che rendiamo custode delle nostre informazioni più intime: quali sono le nostre voglie, qual è (davvero) il nostro umore, quand’è l’ultima volta che abbiamo avuto un rapporto sessuale (protetto o no), se stiamo vivendo un periodo stressante e decidiamo, per esempio, di berci su. Pensare al proprio corpo diventa quindi un’abitudine mobile, come aggiungere una storia su Instagram o scrivere un tweet, con la sola differenza che stiamo condividendo alcuni tra i dati più sensibili che abbiamo.

L’assenza del fattore imbarazzo ci permette di essere più sincere di quanto potremmo esserlo a un appuntamento ginecologico. Ma soprattutto più propense a prestare attenzione a quei segnali che, molto spesso, non avremmo la costanza di registrare in altro modo. Ed è proprio questo il punto su cui molti degli sviluppatori fanno leva.

È il caso di Ida Tin, fondatrice di Clue, applicazione sviluppata a Berlino nel 2013 con 8 milioni di utenti attivi. La sviluppatrice sostiene che il motivo per cui ha deciso di sviluppare questa idea sia stata la volontà di fornire uno strumento per orientarsi all’interno del proprio corpo attraverso la tecnologia mobile.

Da sempre monitorare il ciclo ha ampliato la consapevolezza sul proprio corpo e per questo alcune attiviste delle mestruazioni hanno incoraggiato questa pratica investendo in applicazioni come “Flo”. Secondo questa logica il fatto che ci sia qualcuno che si impegna a sviluppare tecnologie per le donne, le autorizza a rifletterci ma soprattutto a parlarne senza vergogna. Elise Thiébaut, giornalista e scrittrice, ha pubblicato lo scorso Gennaio “Questo è il mio sangue”, un manifesto contro il Tabù delle mestruazioni. Affrontando questo tema, si distacca però dalla volontà di santificare il ruolo delle applicazioni. Infatti ritiene che “Dietro la presunta volontà di controllare il proprio ciclo, gli “umori” e le “emozioni” che dovrebbero accompagnarlo sono accuratamente inventariate”. Gli intermediari tecnologici, come succede per le applicazioni per le diete, entrerebbero soprattutto nel nostro cervello. Quindi ci farebbero interpretare una serie di sintomi, ad esempio emicranie e sbalzi d’umore, come legati per forza agli ormoni. “Mia figlia, che a vent’anni considera il cellulare un’estensione della sua persona, riterrebbe questa applicazione uno strumento prezioso di comprensione del ciclo che le permette di guardare con più attenzione a se stessa. Io, invece, quando mi sento a disagio o preoccupata, preferisco stare seduta senza pensare a niente: gli ormoni, i nervi, la mente ne risultano subito pacificati. A condizione di non aver dimenticato di spegnere il cellulare.”

Abbiamo analizzato la situazione nell’App Store italiano, per vedere quali sono e come funzionano davvero le applicazioni più popolari. Nella sezione gratuita ne vengono elencate 10, tra cui le più utilizzate sono:

Flo – Il mio calendario mestruale

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Questa applicazione è una delle più popolari non solo in Italia ma anche all’estero, viene infatti utilizzata da settanta milioni di utenti. Mette a disposizione non solo il monitoraggio del ciclo e dell’ovulazione ma comprende anche una modalità gravidanza. Oltre ai fondatori, il team vanta anche la presenza di medici che non si occupano di consulenze dirette, ma provvedono a fornire informazioni e previsioni più precise. Inoltre è la prima applicazione che fa uso di un’intelligenza artificiale per calcolare i periodi fertili.

Sono coinvolte, come nella maggior parte dei casi, terze parti con le quali vengono condivisi alcuni dei dati inseriti dagli utenti. Spiccano i nomi di Facebook e Google, ma viene subito specificato che saranno utilizzati esclusivamente in quanto strumenti analitici, senza la condivisione di informazioni personali. Si potrebbe consentire però anche alla sincronizzazione di dati, questa volta personali, con Google Fit ed Apple Healthkit. Una volta dato il consenso, non si riterranno responsabili di come queste terze parti utilizzeranno le informazioni cedute. Rientra nel gruppo delle applicazioni che permettono di inserire un password breve (con un massimo di 4 caratteri), e proprio in quanto breve, non abbastanza sicura. Se doveste decidere di eliminare l’account, i dati scompariranno, ma non immediatamente — passerà infatti un “ragionevole” periodo di tempo.

“Il mio calendario mestruale” è stata ideata da uno sviluppatore di Hong Kong, che si è occupato anche di una serie di applicazioni legate al fitness e alla perdita di peso. Tanto popolare — tradotta in ben trentotto lingue — quanto stereotipata, questa applicazione nasce con il semplice scopo di diario personale: possiede la più ampia possibilità di scelta tra stati d’animo e sintomi, rispettivamente quarantatrè e sessantaquattro. La grafica rende difficile il tentativo di prenderla sul serio, evidenziando una problematica diffusa legata a queste applicazioni: la tendenza evidente a progettarle per una tipologia stereotipata di donne.

La polizza sulla privacy è cortissima rispetto a quelle analizzate fino a questo momento (non occupa neanche una pagina) e resta altrettanto vaga riguardo il trattamento dei dati. Se da una parte non viene richiesta la registrazione e si promette di non tenere traccia delle visite, dall’altra le informazioni vengono condivise con terze parti, anche se non per scopi commerciali. Facebook interviene solo come fornitore di pubblicità tracciando quella che risulta più rilevante per l’utente.

Clue

Clue

Applicazione da cinque milioni di utenti tradotta in quattro lingue, traccia esclusivamente la fertilità — non possiede infatti un’opzione gravidanza. Nasce a Berlino nel 2013 da cinque fondatori, tra cui quattro uomini e nessun medico. Si definisce come una versione digitale e semplificata del calendario per la consapevolezza sulla fertilità, proclamandosi perfettamente scientifica. Come succedeva per “Flo,” anche qui è possibile utilizzare l’applicazione senza bisogno di iscriversi: i dati dell’account e quelli personali vengono separati da quelli del ciclo.

La policy sulla privacy non è molto dettagliata, non vengono menzionate terze parti a cui dati potrebbero essere trasmesse informazioni (anche se sappiamo trattarsi di cliniche e centri di ricerca). L’unico aspetto chiaro riguarda i dati di utilizzo i quali, come nella maggior parte dei casi, vengono immagazzinati da servizi esterni come Google e Localytics.  


Nella ricerca svolta dal collettivo no-profit Berlinese, Tactical Technology, è stato individuato come alcune tra le applicazioni più popolari raccolgano tutti i dati privati inseriti dall’utente, contribuendo a creare stereotipi legati alla salute femminile. “I dati di milioni di donne che usano queste applicazioni sono usati per sviluppare uno standard di salute femminile, utilizzando dati appartenenti a donne bianche in prevalenza Americane e Europee.

iGyno

Questo solleva una questione significativa: solo le donne che hanno accesso a questo tipo di tecnologia possono contribuire alla creazione di nuovi standard per gli indicatori riproduttivi e ginecologici.” Le applicazioni, tra quelle prese in considerazione, che hanno confermato consistenti incrinature nella privacy sono state: Glow, First Response, Baby Center ed Ovia. In questi casi le informazioni inserite raggiungono non solo centri medici e di ricerca ma soprattutto giornalisti e promotori. Nel 2016 però la questione è scoppiata solo per “Glow”, con falle di privacy troppo imponenti per non essere notate. Chiunque, senza bisogno di essere un hacker, poteva facilmente ottenere e-mail e password dell’account che desiderava controllare. Ancora, solo conoscendo l’indirizzo e-mail ci si poteva connettere ad un account e quindi accedere a tutti i dati. L’applicazione sviluppata nel 2013 da Max Levchin, co-fondatore di Paypal, è stata resa sicura non appena Consumer Reports, una volta elencati tutti i problemi di privacy, aveva contattato direttamente la compagnia. Ma fino a quel momento aveva rappresentato tutto quello che un’applicazione per la salute non dovrebbe essere: un modo per fare soldi tramite dati personali ed un alleato di potenziali stalker.

iGyno

Nella sezione a pagamento invece vediamo “iGyno,” app nasce da un’esperienza personale di Mirco Bettellini: la scomparsa della madre a causa di un tumore. Ciò che la differenzia dalle altre applicazioni è la volontà di voler fornire uno strumento di prevenzione contro disturbi e malattie. Infatti è stata attivata una rete di medici a disposizione per consulti, non inclusa nel prezzo dell’acquisto. Nella brevissima informativa sulla privacy si specifica che solo gli incaricati avranno accesso ai dati forniti, ma non viene spiegato quali medici prenderanno in analisi i dati inseriti. Si legge che si tratta di “specialisti qualificati” ma l’applicazione non si assume nessuna responsabilità per eventuali danni.


Se utilizzate quotidianamente “Menstruapps” — termine coniato dal collettivo Coding Rights — l’unica soluzione fortunatamente non è cancellare il proprio account tornando ad utilizzare carta e penna. Non accettare troppo alla leggera le condizioni d’uso è fondamentale, ma in alcuni casi non basta. La possibilità di non creare un account rimane la possibilità meno rischiosa. Come sostengono Natasha Felizi e Joana Varon di Coding Rights su Chupadados e come scrive Èlise Thièbaut, il discorso si sposta su un altro livello. Vogliamo davvero che la quantificazione diventi il modo migliore attraverso il quale restare informate su quello che accade nel nostro corpo? Rischiando, in alcuni dei casi, di aumentare stereotipi che non farebbero altro che nuocere ad altre donne?