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Oggi è difficile anche provare a tracciare i confini del quartiere, dato che una ininterrotta lingua di cemento si estende da piazzale Loreto fino allo svincolo della tangenziale.

Crescenzago sorge sulle sponde del naviglio della Martesana, che dall’Adda scorre fino al centro di Milano: arrivando da nord est, Crescenzago è il primo quartiere incontrato dal canale. Il suo tratto finale è interessato dai progetti di riapertura dei navigli di cui si parla negli ultimi mesi, ma spesso ci si dimentica che la maggior parte della Martesana in territorio milanese scorre già oggi allo scoperto. La parte storica di Crescenzago è un borgo di riviera, con ville e cascine che mostrano ricordi della vecchia vocazione rurale della zona.

Nella prima metà del Novecento però la zona venne destinata ad altro e messa al servizio di una espansione urbana, di fatto, incontrollata. Il risultato è che durante gli anni del boom edilizio, a partire dalla metà degli anni ’50 ma anche prima, vicino a palazzi storici sono sorti cubi di cemento destinati a una classe operaia che iniziava a vedere un minimo di benessere e non trovava più spazio intorno alla circonvallazione. Così oggi è difficile anche provare a tracciare i confini del quartiere, dato che una ininterrotta lingua di cemento si estende da piazzale Loreto fino allo svincolo della tangenziale. In generale, si può dire che oggi il termine Crescenzago indichi tutta quella fascia edificata che va dal termine di viale Palmanova al suo sbocco in tangenziale Est, che corre tra questa arteria — di fianco alla quale transita la metropolitana M2 — e il naviglio. In mezzo, ci sta via Padova.

Proprio al termine del viale sorge il Civico 59, un grande complesso di case popolari costruite nel 1939. “Il terreno originariamente era della famiglia Beretta, gli armaioli, che lo cedettero a Mussolini in seguito ad alcuni accordi, probabilmente per forniture di guerra.” Abbiamo incontrato il signor Giovanni Para, del comitato inquilini, per capire meglio come si vive in via Palmanova.

“Oggi i palazzi contano un totale di trecentosessanta appartamenti. Almeno centoventi di questi risultano essere sfitti al momento — infatti ci sono anche state delle occupazioni organizzate dai centri sociali.”

Nelle case del numero 59 gli inquilini sono soprattutto anziani con una una percentuale del 60%. Il signor Para ci ha fatto fare un giro nel cortile, simile a tanti di quelli che abbiamo visto in giro per Milano. “Si tratta di persone che abitano qui da decenni. Al momento sono presenti poche famiglie con bambini. È presente anche una piccola percentuale di cittadini stranieri, parliamo del 10/20% circa dei residenti attuali.” Questo rende il complesso quasi un caso particolare, dato che Crescenzago è una delle zone più multietniche della città

Nello stabile si stanno facendo alcuni lavori di ristrutturazione, a cui siamo riusciti a dare un’occhiata. Sono anche stati attuati dei progetti di abbellimento del cortile in collaborazione con Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti, che hanno cercato con piccoli gesti di rendere la vita nelle case più a misura d’uomo, più piacevole. “Gli studenti hanno pensato di colorare le panchine del giardino o di scrivere delle frasi sui muri, l’aforisma che trovate all’ingresso per esempio, e di istituire una libreria condivisa: chiunque può prendere in prestito dei libri e lasciarne altri.” Piccoli accorgimenti che tuttavia aiutano a creare un clima di solidarietà e condivisione tra gli inquilini.

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Uscendo dalle case popolari e guardando verso il lunghissimo viale Palmanova si vede una serie infinita di palazzi che si estendono fino alla fine della città. Crescenzago è un quartiere che può risultare alienante, quasi un esempio da manuale di perché l’edilizia del secolo scorso ha creato posti non a misura d’uomo. Dall’altro lato in questa vastità si può trovare una grande diversità e ricchezza culturale, con comunità provenienti da ogni parte del mondo e d’Italia. La zona 2 è quella con la percentuale di stranieri più alta di tutta Milano, che arriva fino al 35% con 44.000 residenti registrati — anche se contando anche gli irregolari sono molti di più.

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A Crescenzago si trova la principale biblioteca di Zona 2, in via don Orione 14, appena fuori dalla fermata della metro Cimiano, dalla parte opposta rispetto all’istituto superiore Molinari. C’è una delle pochissime biblioteche comunali di zona due, l’altra è in viale Zara. L’anno scorso è stata inserita nel piano triennale delle opere pubbliche per venire ampliata, ma manca ancora il progetto esecutivo, che dovrebbe arrivare nei prossimi mesi, secondo il consigliere comunale Angelo Turco. La biblioteca infatti è un luogo di aggregazione pubblico tra i più interessanti del quartiere, ma è chiamata a gestire un bacino di popolazione enorme.

La biblioteca è frequentata anche da gente del resto della città o dell’hinterland grazie alla sua vicinanza con la metro. La metropolitana del resto è il principale mezzo di comunicazione dell’intera zona con il resto della città, ma è anche un autentico muro tra Crescenzago e il quartiere che si estende al di là della linea ferroviaria, che qui corre in superficie. Non c’è modo di andare in macchina da Crescenzago al parco Lambro se non facendo un lunghissimo giro da via Carnia o dalla cascina Gobba, e anche a piedi i sottopassaggi sono pochissimi. A fianco della metropolitana corre in sostanza uno svincolo autostradale per tutti coloro che si dirigono al centro di Milano arrivando da nord est.

Questa grande via di comunicazione è anche una separazione amministrativa: la maggior parte di Crescenzago, compreso il nucleo storico, si trova nel municipio 2, mentre la parte oltre viale Palmanova è amministrata dal municipio 3. Una spartizione che non ha molto senso e aggrava ancora di più l’impressione di isolamento di questa parte del quartiere.

L’ultima occasione per rimediare a questa singolarità amministrativa sarebbe stata la riorganizzazione delle zone di Milano in municipi, nel 2016, che però è stata persa.

Questa parte di Crescenzago è anche composta da case ed edifici complessivamente più recenti rispetto a quella lungo via Padova e il naviglio, ed è dominata dalla nuova mastodontica sede del gruppo editoriale RCS. Essendo stata risparmiata dalla spietata speculazione degli anni ‘50 e ‘60, gli spazi sono in generale più ampi, digradando verso il parco Lambro. L’impressione è quella di un ambiente vasto, meno angusto rispetto a via Padova, ma proprio per questo ancora più alienante e solitario, in cui è quasi impossibile uscire di casa e raggiungere servizi di base senza prendere la macchina.

Alcune case popolari della zona si affacciano direttamente su viale Palmanova. Sono alte, di colore grigio scuro e di proprietà del comune di Milano — quindi in gestione a MM. Sorprendentemente, gli inquilini non sono del tutto soddisfatti di questa nuova gestione — sono i primi inquilini da cui sentiamo parole anche solo vagamente positive per la precedente gestione ALER.

“Aler e MM hanno un modo diverso di gestire. Con Aler era possibile avere dei contatti, almeno per le parti comuni riuscivamo a contattare e avevamo dei riscontri,” ci racconta il signor Ivo Berzotto, responsabile del comitato inquilini dello stabile. “Con MM hanno messo in piedi il loro call center e il collo di bottiglia infrange ogni rapporto. Facciamo segnalazione che necessitiamo di intervento, ma poi non sappiamo più niente. Devono intervenire sull’autoclave da sette mesi, hanno scarsa pressione ai piani alti.”

“Le cose comunque oggi non vanno peggio, c’è semplicemente una diversa impostazione del rapporto umano. Adesso dopo tre anni abbiamo cominciato ad avere un rapporto più costruttivo.” Il signor Berzotto fa parte del primo nucleo di inquilini dei palazzi, costruiti nel 1981 per far fronte all’emergenza sfratti dei primi anni ‘80. “La gente non lasciava più le case in affitto, le vendevano — con gli inquilini ancora dentro — e dopo due anni al massimo bisognava andarsene. Noi soddisfavamo i requisiti e siamo riusciti a entrare qui.”

All’epoca lo stato intervenne, non solo a Milano ma in tutte le principali città italiane, per contrastare un’emergenza sfratti data dalla particolare congiuntura del mercato immobiliare, con i prezzi degli immobili che erano schizzati alle stelle.

“Noi abbiamo un tempo lungo qui, Le case sono state costruite a partire dal 1980-81, e noi siamo arrivati nell’83. Sono case che hanno coperto l’emergenza sfratti anni ’80 con la legge 25. Quando le hanno assegnate abbiamo fatto domanda, e visto che soddisfavamo i requisiti di reddito ci hanno messo dentro.” Le case hanno venti civici tutti dispari, e in origine si contavano 344 alloggi.

All’inizio, le abitazioni erano piuttosto spartane. “Diciamo che col tempo le case sono diventate abitabili, ma all’inizio non avevano proprio finiture. Le porte erano di cartone, abbiamo subito tanti furti. I pavimenti erano in linoleum… Piano piano poi le abbiamo sistemate, eravamo forti di un contratto ad equo canone.” Il contratto ad equo canone implica semplicemente che il prezzo dell’affitto è stabilito da una legge — cosa pensata anche per tutelare gli inquilini dalle fluttuazioni del mercato. “Il prossimo anno dovremo rinnovarlo con le nuove leggi regionali, visto che le regioni sono autonome su queste cose.”

“Noi siamo nati come comitato inquilini,” prosegue Berzotto, “perché nel 97 abbiamo avuto alcuni screzi col comune per via di un aumento esagerato nell’affitto. Da allora non ci siamo più sciolti. Nel 2012 l’allora presidente ci diede questo ex studio medico, in comodato d’uso gratuito.” Al centro del nucleo di case popolari c’è un giardino pubblico, in cui vengono anche organizzati eventi, spesso col patrocinio del municipio 3.

“Oggi a risiedere qui siamo i vecchi assegnatari, una buona fetta dei quali è rimasta. Recentemente, soprattutto nell’ultimo paio d’anni, sono subentrati come dicevamo un certo numero di famiglie straniere. Spesso hanno più figli di quelle italiane, e dunque salgono più in fretta nelle  graduatorie per le assegnazioni degli stabili.

Una volta, dove sorgevano le case c’erano tutti orti, che fino a tempi recenti si sono estesi lungo il quartiere e lungo le rive del Lambro. Adesso di fianco alle case popolari sta sorgendo un edificio residenziale destinato soprattutto alla vendita privata, ma per cui è stato raggiunto un compromesso col comune per la vendita facilitata di carattere sociale. “Da quando hanno aperto la sede di Rizzoli-RCS i prezzi delle case in zona sono un po’ saliti. Abbiamo chiesto il riscatto per le nostre case ma non ce le hanno mai volute dare: il comune in genere non vuole vendere — ALER sì perché è deficitaria di cassa.” Intorno a ogni condominio sorge un piccolo giardino. “Appena arrivati eravamo giovani e volevamo fare noi i giardini. Però ora ci pensa MM.”

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