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in copertina: foto Immaginariesplorazioni

In un momento in cui l’immigrazione è rappresentata per lo più come un’emergenza da contenere, il documentario “Potlach Milano” invita a osservare la dimensione interculturale della città di Milano e quello che ha da offrire. Il 5 luglio alle 21:30 nella rassegna di cinema indipendente “Baggio all’aria”

“Potlach” è un termine che pochi avranno già sentito. In effetti la sua origine è lontana dalle nostre coordinate spazio-temporali: appartiene al gergo chinook, una lingua franca dell’America Latina del Cinquecento, e indicava certe cerimonie tradizionali di alcune comunità di nativi americani, incentrate sulla redistribuzione di beni e ricchezze all’interno della società. 

immaginariesplorazioni-potlach-mi-1In una simile ottica di scambio e arricchimento collettivo, di cui il termine “potlach” si è fatto portatore nel tempo, una trentina di giovani del collettivo “Immaginariesplorazioni” ha prodotto il documentario “Potlach Milano”, con l’idea di portare all’attenzione gli scambi interculturali che avvengono negli incontri di ognuno. Il documentario è il risultato di un lungo progetto di formazione e ricerca che il collettivo ha affrontato dal 2016, guidato dall’associazione Dynamoscopio e dalla cooperativa Codici e finanziato da Fondazione Cariplo.

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foto Immaginariesplorazioni

“Potlach Milano” è una raccolta di frammenti di vita di cinque protagonisti, milanesi di nascita o di adozione, la cui identità è un crocevia di culture. Milano è la cornice spaziale che condividono le storie narrate. Come racconta Marta Meroni, antropologa che ha partecipato al collettivo Immaginariesplorazioni, “il documentario è un invito a esplorare i nostri incontri di ogni giorno, per realizzare che la dimensione interculturale è parte integrante e arricchente della nostra vita quotidiana.”

Dopo la prima proiezione al cinema Beltrade di Milano, il secondo appuntamento sarà il 5 luglio, alle 21:30 nel centro storico del quartiere Baggio, nell’ambito della rassegna di cinema indipendente “Baggio all’aria”. La location sarà forse un po’ ridotta in quanto a capienza, ma molto suggestiva, all’interno della corte di via Due Giugno 3. Proprio in una zona di periferia della città, dove la necessità dell’integrazione degli stranieri — e di un’integrazione di successo — è forse piú sentita che in altri quartieri più “patinati.”

A Milano la popolazione straniera costituisce in media il 19% dei residenti (dati del Comune di Milano, dicembre 2017). Eppure, è difficile ottenere un quadro esaustivo del fenomeno se ci si affida soltanto ai numeri, dal momento che l’identità culturale, o meglio “interculturale”, di ogni individuo è molteplice e in evoluzione, come spiega Erika Lazzarino, co-fondatrice di Dynamoscopio e ricercatrice.

“Guardiamo Essia, una delle protagoniste del documentario: non abbiamo davanti solo una ragazza tunisina, ma una persona che con la sua identità ogni giorno fa da ponte tra culture. Tra le sue culture di provenienza, ma anche tra culture di genere, per esempio, che interagiscono con altri aspetti della sua vita, come la sua professione di blogger, il suo ruolo di attivista o di figlia.” spiega Erika Lazzarino. Soprattutto per le persone nate in italia da genitori stranieri, non si tratta solo di mediare tra cultura ospitante e cultura di origine, ma anche di fare i conti con le varie dimensioni interculturali che appartengono all’identità di ciascuno. Parlare di culture in chiave multiculturale, quindi, non è sufficiente. “In città non mancano le organizzazioni che promuovono le singole culture di provenienza e questo è utile a livello istituzionale; però nella vita di tutti i giorni, penso che, soprattutto per le seconde generazioni, questo non basti” conclude Erika Lazzarino.

foto Immaginariesplorazioni
foto Immaginariesplorazioni

Dynamoscopio è attivo dal 2010 e negli anni ha elaborato progetti di innovazione sociale, rigenerazione urbana, ricerca applicata e comunicazione, sempre con uno sguardo antropologico e una particolare attenzione alle periferie milanesi, dove italiani e immigrati spesso condividono il pianerottolo di casa. “La corona delle periferie anticipa il cambiamento che avverrà in seguito nel resto della città: qui, se non per volontà, sicuramente per necessità, gli “autoctoni” devono fare i conti con la presenza di immigrati, e viceversa; e li fanno, chi piú chi meno coerentemente, ognuno coi propri strumenti,” spiega la ricercatrice.

Parlando dell’impressione che ha avuto durante la produzione del documentario, Marta racconta come il progetto le abbia restituito un quadro tutto sommato positivo: “Ho scoperto una città spontaneamente interculturale, che nel quotidiano interagisce molto fluidamente, piú che nella retorica, che è sempre più incancrenita.”

Dopo la fine del progetto, Marta e altri ragazzi del collettivo hanno deciso di impegnarsi personalmente per divulgare il documentario in città e non solo, con la speranza che un percorsi simili siano presto riprodotti in altri contesti urbani. Per finanziare la tournée di Potlach, i ragazzi hanno istituito una raccolta fondi online, dove chiunque può sostenere il progetto e anche acquistare il dvd del documentario. “L’idea è di rivolgerci sia a organizzazioni interessate al discorso che Potlach si porta dietro, sia a realtà locali che invece non avrebbero le risorse o la sensibilità per intercettare progettualità di questo tipo”, conclude Marta. Le proiezioni del documentario potranno essere corredate da dibattiti e laboratori, in una vera ottica di scambio e offerta di ricchezze.

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