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in copertina: Juncker parla alla stampa, cc via Flickr

Essendo un’autorità di controllo non avrebbe il potere di intraprendere iniziative politiche, ma vigilerebbe su quanto già esiste.

Il 20 novembre del 2017 Milano è rimasta bruciata da Amsterdam nella tragicomica disputa sull’assegnazione di EMA, l’agenzia europea del farmaco in fuga da Londra dopo la Brexit. Il capoluogo lombardo è riuscito ad arrivare al ballottaggio finale per perdere letteralmente al sorteggio contro la capitale olandese. La vicenda è ancora frutto di polemiche — qualche settimana fa, il sindaco Sala si è recato al Parlamento europeo a farsi vedere arrabbiato.

Lo scorso 10 giugno il Consiglio comunale di Milano ha presentato una mozione del consigliere Angelo Turco riguardo a una nuova iniziativa europea, ELA: l’autorità europea per il lavoro (European Labour authority), presentata alla fine del 2017, per cui si sta cercando una collocazione.

Abbiamo chiesto direttamente a Turco di spiegarci meglio cos’è e perché Milano, secondo lui, è la città giusta per ospitarla.

“ELA è stata annunciata da Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione a settembre 2017,” ci spiega Turco, “e a marzo l’idea è stata recepita dalla Commissione. Avrà soprattutto compiti di vigilanza sull’applicazione delle normative europee sul lavoro, ma anche di promozione dei programmi di mobilità e formazione e di contrasto agli abusi, in particolare negli ambiti di lavoro transfrontaliero. Dovrebbe infine coordinare i sistemi di sicurezza sociale e i distaccamenti.”

L’Unione Europea infatti non è composta solo dalle istituzioni, come la Commissione o il Parlamento, ma anche da altre entità, dette agenzie. Quest’ultime sono organi specializzati, che forniscono consulenze sia agli stati membri che alle istituzioni stesse su temi specifici. Ovviamente il ruolo di queste agenzie varia a seconda del campo in cui si trovano a operare. Per capire meglio la funzione di ELA può essere utile leggere questa dichiarazione di Juncker:

“È assurdo avere un’Autorità bancaria che vigili sul funzionamento del sistema bancario, ma nessuna Autorità del lavoro per garantire l’equità nel nostro mercato unico. Ne creeremo una.”

In questo senso, la creazione dell’autorità si inserirebbe nel solco di alcuni provvedimenti presi recentemente dall’Unione Europea in materia di mercato del lavoro, come quello di cui parlavamo qualche settimana fa con l’eurodeputato Brando Benifei, riguardo al lavoro distaccato. Questo termine indica una pratica molto diffusa dopo l’allargamento a est dell’Ue, in cui lavoratori di paesi come la Romania e la Bulgaria venivano inviati a lavorare in Italia ma retribuiti nei propri luoghi d’origine, dove i prezzi della vita e del lavoro sono molto più bassi. L’Ue ha trovato un compromesso, ponendo un limite temporale a questa pratica ma obbligando le aziende a pagare stipendi adatti al paese d’impiego effettivo, mentre i contributi pensionistici potranno continuare a essere versati in patria.

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Angelo Turco

Questo è un possibile esempio di situazione in cui ELA potrebbe entrare in gioco Milano dunque si candida a ospitare questa autorità. Ma il desiderio di rivalsa per la sottrazione di EMA non è sufficiente a garantirsi l’agenzia. “Credo che Milano abbia nel suo DNA un mix di sviluppo economico e valore del lavoro,” sostiene Turco. “È sempre stata una capitale del lavoro e delle professioni, e ha nella sua cultura la solidarietà e il rispetto dei diritti: sarebbe la sede naturale per ELA.”

“Nel 2019 la Commissione dovrebbe avviare l’iter ufficiale, a quel punto dobbiamo essere pronti. ELA sarà una struttura più agile rispetto ad EMA, che era una autorità e non un autorità. Si parla di 150 dipendenti e un budget annuale di 50 milioni di euro, con un board rappresentativo di tutti i paesi Ue. Sulla possibile sede spero in una collaborazione tra tutte le Istituzioni come era stato per il dossier EMA.”

ELA insomma sarebbe un buon passo per Milano e, in generale, verso l’integrazione europea. Ma, essendo un’autorità di controllo, non avrebbe il potere di intraprendere iniziative politiche, semplicemente vigilerebbe e analizzerebbe su quanto già esiste. Oggi l’Unione Europea è governata con politiche che, a livello lavorativo, sono rigidamente neoliberiste, e dunque poco amiche delle classi lavorative. Una vera evoluzione del sistema lavorativo europeo, purtroppo, non si può fare solo con le agenzie, ma con un cambio d’indirizzo politico.


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