in copertina, la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern, in visita agli studi di Runaway, via Twitter
La campagna è stata lanciata da Runaway, una software house neozelandese specializzata soprattutto in giochi per smartphone, ma in pochissimo tempo il relativo hashtag è esploso e Twitter si è riempito di storie delle donne.
Il 25 gennaio è stata lanciata #GirlsBehindTheGames — “donne dietro i videogiochi” — un’iniziativa con lo scopo di raccontare le storie delle donne che lavorano all’interno dell’industria videoludica, con il duplice obiettivo di riconoscere la loro fondamentale importanza e allo stesso tempo ispirare le giovani ragazze interessate a lavorare nell’ambito a seguire i propri sogni: perché sì, esistono anche donne che creano videogiochi.
La campagna è stata lanciata da Runaway, una software house neozelandese specializzata soprattutto in giochi per smartphone, ma in pochissimo tempo il relativo hashtag è esploso e Twitter si è riempito di storie delle donne che sono riuscite ad entrare e a strappare un posto di lavoro in una delle industrie in cui la rappresentazione femminile è tra le più basse in assoluto.
Secondo i dati raccolti da Runaway, infatti, benché il 47% dei giocatori mondiali sia di sesso femminile, solo il 22% dell’industria è occupato da donne, e il loro apporto non viene quasi mai riconosciuto pubblicamente.
Kicking off #girlsbehindthegames with a BANG! ?
The Prime Minister of New Zealand, @jacindaardern, came in to visit the @runawayplay office today. Her enthusiasm for encouraging women in the games industry is inspiring, thank you for taking the time to visit! ❤️ pic.twitter.com/xS7mzbt5EU— Girls Behind The Games ✌? (@grlsbehindgames) January 26, 2018
Hi! I'm a senior artist working on @DarkestDungeon , drawing environments, character design, props, etc! I've been doing this over 10 years now, working on a variety of games, and it's been a pleasure to see more women join the industry :) #girlsbehindthegames pic.twitter.com/Ol8FKOxVhr
— Trudi Castle (@trudicastle) January 31, 2018
Sup y’all! I’m a writer at @telltalegames, working on s4 The Walking Dead. Dialogue, characters, emotions, struggles. #girlsbehindthegames
— Mary Kenney (@maryknews) January 31, 2018
#girlsbehindgames #girlsbehindthegames I worked as a consultant for the audio team at Blizzard. Worked as an audio engineer on #CWL and #HCT esports. Assisted @awintory for #Thebannersaga. Wrote the music and did sound design for Broken the game. Now I’m in production at Ginx ? pic.twitter.com/OPgY6dcHtp
— Rachel Gaskin (@RogueGaskin) February 2, 2018
Come si può notare dai pochi esempi qui riportati, il movimento #GirlsBehindTheGames ha fatto emergere come le donne, seppur poche in relazione agli uomini, permeino l’intera industria videoludica, occupando ogni genere di ruolo: dal level designer all’ingegnere audio, dalla specialista degli effetti visivi alla sceneggiatrice, e molti altri. Lavorano, o hanno lavorato, sia a piccoli giochi indipendenti che a grossi titoli, i cosiddetti “tripla A”, ossia prodotti di massimo rilievo creati da software house molto prestigiose come EA, Bioware e Insomniac, solo per fare qualche nome.
Uscendo poi dall’ambito della produzione di videogiochi in senso stretto, tra i tweet con questo hashtag possiamo trovare anche streamer (ragazze che giocano ai videogames in diretta su piattaforme di streaming come Twitch o YouTube) e giornaliste.
L’aspetto più interessante della campagna risulta essere il clima positivo che è riuscito a creare, un risultato particolarmente importante considerando che la community del gaming è spesso una delle più tossiche in assoluto: non solo lo scopo di ispirare le giovani ragazze ad entrare nell’industria videoludica sembra essere stato centrato in pieno, ma un grande numero di persone si sono rese disponibili a rispondere alle domande di queste nuove generazioni, dando consigli su cosa studiare per ottenere un lavoro, come entrare in questo mondo e come farsi conoscere da gente di questo settore.
Hiya! I'm a Senior VFX artist at Riot Games. I work on the Champions team doing the art for the in game abilities. The img has some of the Champions I've worked on over the years. I can't WAIT to see more girls join the games industry :D pic.twitter.com/eRkf5MBARS
— RiotPhoenix (@ShannonBerke) February 2, 2018
I'm a Core Support Technician at @insomniacgames where I troubleshoot tools issues, test updates, and other technical miscellany. (recently up from several years in QA)#girlsbehindthegames pic.twitter.com/rK6DQPLXY0
— Alexis Ruegger (@PowerLeca) February 6, 2018
Hi #womenbehindthegames and #girlsbehindthegames I started hobby game dev in high school a decade and half ago and absolutely loved it. Currently a generalist indie game dev working on @TenThousandCoin , first attempt at a commercial indie game. pic.twitter.com/57tUIa4Y7e
— Cynthia Wang (@Cynthimon) February 8, 2018
Ancora oggi, l’intero settore videoludico infatti – sia dal lato della produzione, sia da quello del consumo – non solo è ritenuto ad appannaggio quasi esclusivamente maschile, ma si è dimostrato in diverse occasioni semplicemente maschilista. Basti pensare allo scandalo di qualche anno fa (e mai del tutto cessato, in verità) del Gamergate, una controversia nata da alcune accuse mosse a una sviluppatrice di videogiochi indipendenti, Zoe Quinn, che avrebbe offerto favori sessuali a un giornalista in cambio di una recensione positiva del suo titolo appena pubblicato. Nonostante le insinuazioni si fossero rivelate totalmente infondate, una grande fetta di videogiocatori aveva diffamato la sviluppatrice e tutti coloro che avevano preso le sue difese, fino ad arrivare a inviare minacce di morte e diffondere i loro dati personali su internet.
Hi, I'm the EA Sports Accessibility Lead. My job is to make our products more usable by those with disabilities. I'm always open to feedback on any EA game, app, website, etc. Email able@ea.com for feedback #girlsbehindthegames pic.twitter.com/OZzKz4H6sq
— Karen Stevens (@ea_accessible) February 1, 2018
I'm a senior designer @bungie. I've been a designer since 2007 and worked on franchises like Mass Effect, Dragon Age and Destiny. I want my 2018 to involve helping women in tech so don't hesitate to contact me through twitter or my website. #girlsbehindthegames
— Raylene Deck (@raylene_deck) January 31, 2018
I'm totally in love with the hastag #girlsbehindthegames ♡ Because it gives me the opportunity to meet a lot of professionals!
Moreover I'm a first year student of Arts for Video Games, so I will join the industry soon. ♡ And I want to improve a lot by then!Hope you like it! pic.twitter.com/pLNAFrfvAa
— ? BᴏᴜɴᴄʏTᴜɴᴀ. ? @deadlines (@bouncytuna) February 4, 2018
Allo stesso modo, alcuni giocatori trovano insopportabile anche solo l’idea di dover utilizzare un personaggio femminile come proprio avatar virtuale in un qualsivoglia gioco, e molto spesso le case di sviluppo, pur di non alienarsi una fetta di pubblico, decidono di darla vinta a questa rumorosa minoranza. Le uniche eccezioni si hanno ovviamente quando le protagoniste femminili sono il ritratto di una sessualità stereotipata, tutta rivolta ad appagare i loro istinti.
Risulta quindi lampante l’importanza che una campagna come #GirlsBehindTheGames ricopre nel panorama videoludico di oggi: le giovani ragazze che hanno una passione per i videogiochi e sono capaci devono sapere che per loro è possibile trovare lavoro in questa industria, nonostante essa sembri loro così ostile, sia come consumatrici che come lavoratrici, e le donne che già ne fanno parte devono ottenere i riconoscimenti che meritano, non solo per loro stesse ma anche per dimostrare che un miglioramento è possibile.
Il sito e l’account Twitter di #GirlsBehindTheGames continueranno a raccogliere e ricondividere le storie delle donne che lavorano o sperano di lavorare nell’industria videoludica fino all’8 marzo, ma con il dovuto supporto si spera che l’hashtag continuerà a sopravvivere ancora a lungo e ad avere l’impatto che merita.
