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Ieri sera, allo spazio Fondo Corse di Porta Genova, si è tenuta la discussione finale riguardo i cinque piani sugli scali ferroviari elaborati durante il workshop di FS lo scorso febbraio. I piani non sono vincolanti e suggeriscono solo delle visioni, delle idee su come gli spazi dismessi potrebbero diventare.

Abbiamo parlato con Stefano Boeri, architetto, assessore alla cultura del Comune di Milano dal 2011 al 2013, che ha presentato il progetto che ha forse fatto più parlare di sé, per l’alta percentuale di verde pubblico e per l’inclusione di alcune infrastrutture di notevole rilevanza — una moschea, una metropolitana circolare, la nuova sede dell’Accademia di Brera.

Come si realizza una moschea in una città occidentale, anche a livello architettonico?

Come l’han fatta mille città europee. Ci sono mille soluzioni. Io credo che la moschea debba essere un luogo per tutte le varie sezioni del credo islamico — un luogo aperto, che non viene affidato solamente a un’associazione ma viene davvero utilizzato da tutte. In questo senso noi abbiamo pensato a un luogo di culto che abbia intorno una serie di spazi d’incontro con i cittadini, spazi che eventualmente può dare un’esperienza di contatto con altre fedi, altre tradizioni.

Non c’è il rischio che un progetto come questo possa apparire un po’ calato dall’alto?

A Milano ci sono 130 mila persone di fede musulmana. Una moschea serve, altrimenti i luoghi di culto restano i garage. Anche dal punto di vista della sicurezza, della fruizione, avere una grande moschea pubblica mi sembra una cosa neanche da discutere. Io ho dei clienti che vengono dai paesi arabi e mi vergogno quando, dopo aver lavorato una giornata, mi chiedono “architetto, mi segnala una moschea dove possiamo andare?” Io non so cosa dirgli. Gli devo indicare un garage.

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Quanto conta il ruolo del settore pubblico in questa visione, oltre che per la moschea?

Noi abbiamo cercato di fare in modo che attorno al Fiume verde si realizzassero molte delle funzioni collettive. Abbiamo villa Arconati, abbiamo parlato della nuova sede dell’Accademia di Brera, dell’agenzia del farmaco, istituti di ricerca di zootecnia e agricoltura, del grande villaggio della riparazione, delle factory per creativi… Mi stupisce come l’attenzione vada solo sulla moschea, è neanche un ventesimo di quello che abbiamo proposto: è una delle funzioni.

Tra le proposte più interessanti del suo progetto c’è quello di creare attorno alla città, sotto al cosiddetto “fiume verde,” un anello di infrastrutture per lo sfruttamento dell’energia geotermica. “400 mila MWh/anno di energia pulita saranno generati dalla geotermia,” si legge nel comunicato stampa. Quanto può influire l’utilizzo dell’energia geotermica nelle vite dei milanesi? E come funziona di preciso?

Molto. La geotermia ha un principio molto semplice: utilizza il calore dell’acqua di falda — che ha una temperatura mediamente più alta d’inverno rispetto all’acqua di superficie e più bassa d’estate — per ridurre i bisogni energetici. È un bisogno molto pratico. I nostri esperti ci hanno raccontato che costruendo un anello per realizzare la possibilità di scambio tra le parti di Milano dove la falda è più alta rispetto al Sud della città si potenzia l’azione di riduzione de i consumi. È una sfida formidabile, anche perché i dati in termini di megawatt sono abbastanza incredibili. Sarebbe un modo per migliorare la qualità energetica della città, si parla di un centinaio di migliaia di cittadini che potrebbero usufruire di una fortissima riduzione dei consumi.

Il trasferimento di alcune strutture dell’Università Statale nell’area Expo non va un po’ contro questa idea di armonia, quest’esigenza di ricucitura urbana che è emersa nelle discussioni sul futuro degli scali?

Ovviamente, come tutti i grandi spostamenti di funzioni, è una questione delicatissima. Prima bisognerebbe capire cosa succede in Città Studi: se è il Politecnico che recupera quell’area, se ci sono spazi dedicati alle funzioni sanitarie che in qualche modo lo possono fare, comunque è importante.

Un’ultima domanda. Cosa ne pensa dei progetti sulla possibile riapertura dei navigli?

Io ero molto critico e lo rimango. Credo che sia giusto pensare di aprire la Martesana o magari un pezzo di via San Marco, però la cerchia dei navigli mi sembra davvero un progetto problematico. Se devo immaginare un fiume, diciamo, lo immagino verde e un po’ più esterno, piuttosto che riaprire un canale nel centro della città. Però Milano sta discutendo anche di questo, ed è molto bello che Milano discuta pubblicamente in questo modo.


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