La vita sospesa nel campo di Shatila, in Libano
Alla periferia di Beirut un campo che accoglie da decenni profughi palestinesi sta cercando di ricostruire una nuova normalità tra siriani in fuga dalla guerra, crisi economica e pandemia
Alla periferia di Beirut un campo che accoglie da decenni profughi palestinesi sta cercando di ricostruire una nuova normalità tra siriani in fuga dalla guerra, crisi economica e pandemia
Dal teatro Bayslan di Shatila all’attività di Syrian Eyes: il lavoro di quattro associazioni con i rifugiati siriani e palestinesi in Libano, in un reportage a puntate.
I ragazzi del’associazione italiana Operazione Colomba, attiva in un accampamento di profughi siriani nel nord del Libano, ci raccontano delle condizioni d’accoglienza e dei limiti del lavoro delle agenzie internazionali e delle Ong.
Dalla conservazione del cibo all’assistenza psicologica, i volontari di Syrian Eyes aiutano le famiglie che vivono nel campo libanese di Al Fares ad affrontare i problemi della vita quotidiana.
L’intesa Ue–Turchia vuole la regolazione dei flussi migratori verso l’Europa e l’imposizione di controlli più severi, ma le ricerche di Amnesty rivelano uno scenario più drammatico.
La fragilità dell’accoglienza greca e le scarse condizioni di vita sono confermati anche dal numero dei tentati suicidi che è sempre in aumento.
Il 15 gennaio si festeggia la 103esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il tema di quest’anno riguarda i migranti minori, vulnerabili e senza voce.
In uno stabile apparentemente anonimo dormono una decina di profughi in condizioni di assoluto degrado. È un ex centro d’accoglienza gestito da Inopera, cooperativa coinvolta in Mafia Capitale.
La mia destinazione erano i campi di Nea Kavala e Cherso, a Nord di Salonicco. Con così tante persone in bisogno, pensavo che il mio aiuto avrebbe avuto lo stesso significato di una goccia nell’oceano.