Da circa due giorni si rincorrono voci dalla Silicon Valley a Washington: cosa sta facendo Mark Zuckerberg?
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Tutto è iniziato il giorno di Natale, quando, quasi di nascosto, ma ovviamente certo che la cosa sarebbe finita in ogni angolo della blogosfera, Zuckerberg ha annunciato che il suo ateismo fosse “solo una fase” e che era tornato a credere, più o meno.
A inizio settimana è seguito un altro post, in cui Zuckerberg annunciava sostanzialmente un tour per tutti gli Stati Uniti, per “conoscere i veri americani.” A questo punto, l’equazione si fa piuttosto chiara, e sono molti i commentatori che si sono sbilanciati nell’ipotizzare che il fondatore di Facebook stia progettando a scendere in campo, dagli analisti politici ai magazine di start up .
La teoria sembra sconclusionata, peggio, un modo per riempire qualche pagina in giorni in cui, tra una tragedia e l’altra — dalla Turchia alla Trump Tower — il flusso delle notizie non ha comunque ripreso il ritmo normale.
In realtà, come riportato da Bloomberg, sappiamo che Zuckerberg ha fatto pressioni fortissime con i propri investitori per ottenere un’eccezione nella stock reclassification di Facebook che gli permettesse di “servire il governo” per un periodo di due anni senza dover rinunciare al proprio controllo sull’azienda. Bloomberg ha potuto riportare le conversazioni tra Andreessen — venture capitalist di Andreessen Horowitz e da tantissimo in Consiglio di amministrazione a Facebook — e Zuckerberg, in cui Andreessen cercava di convincere l’amministratore delegato trentaduenne che era inutile pretendere con tale veemenza l’eccezione, perché se avesse vinto le elezioni inevitabilmente il governo gli avrebbe chiesto di cedere la propria posizione.
Alla fine Zuckerberg ha convinto Andreessen (e lui gli investitori) che l’eccezione ci sarà.
Mark Zuckerberg è un candidato assurdo per la presidenza finché non ci si pensa bene — Facebook non è una società della Silicon Valley come le altre: non ha strettamente prodotti nuovi, è il suo stesso prodotto, e ha bisogno di continuare a creare nuova attenzione e emozione positiva su quello che è a tutti gli effetti un servizio. È così che quelle che per altre aziende sono solo PR, per Facebook è propaganda.
E forse è questa la radice del problema per cui Facebook fa così fatica a capire il problema delle fake news (ching! Anche in questo articolo, lo sappiamo): certamente non tutto, ma tantissimo di quello che Facebook dice è attraverso delle tali iperbole che sostanzialmente… sono menzogne:
- “Cambieremo il mondo con i nostri Articoli Interattivi, ma non siamo una media company!”
- “Paghiamo decine di start up di editoria in tutto il mondo per produrre contenuti su Facebook, ma non siamo una media company!”
- “Abbiamo costruito dei droni che cambieranno il mondo dando accesso a internet gratuito a tutte le persone che non possono permettersi una connessione!” E poi i droni non vanno e si schiantano.
Ma il piú grande segnale di quanto Zuckerberg sia a suo agio con il mentire, proprio quando le falsità sono state uno degli argomenti piú discussi e piú problematici per il suo prodotto quest’anno è l’esistenza del blitz video in cui presenta la propria soluzione — tutta per sé — per la domotica.
Chiamato Jarvis come il maggiordomo–diventato–supereroe di Iron Man, il video è un mix estremamente creativo di menzogna: per circa metà video assistiamo a una demo assolutamente non impressionante, di azioni che potrebbero essere realizzate con un paio di centinaia di dollari e con abilità di scripting da scuola media superiore — presentate come se fossero veri miracoli tecnologici. Come accendere le luci, o programmare qualsiasi azione che abbia un interruttore o un grilletto, con la voce. Chiunque è capace, anche voi, Zuckerberg non ha inventato niente.
La seconda metà del video è pura fantascienza — se Zuckerberg ha inventato un’intelligenza artificiale che riesce a modulare sentimento, a cambiar voce, e a leggere in mandarino interpretando le favole che legge, dovrebbe abbandonare Facebook e fondare una nuova società, perché avrebbe risolto il prossimo grande problema dell’Intelligenza Artificiale, che migliaia delle migliori menti della Silicon Valley non riescono a risolvere.
Perché abbia deciso di pubblicarlo, è un mistero — a meno ché non ami circondarsi di gloria immeritata, guadagnata mentendo e ingannando alla propria platea.
Dopo lo scorso novembre, insomma, a noi sembra un candidato perfetto.