Cos’è successo alla scena pirata? Perché una volta era facilissimo trovare i nuovi singoli e oggi è tutto complicato? Siamo passati dal Far West ai bassifondi.
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Una generazione intera di giovani, cresciuti tra gli anni Ottanta e i primi Duemila, è vissuta in una giuntura strana del progresso di internet — un’infanzia sregolata dove la vasta maggioranza delle cose che si potevano fare su internet non erano legali, ma a farle, non succedeva niente.
Dalla pirateria musicale ai CAM registrati in tutti i cinema, l’immagine da Far West che si è guadagnato l’internet di quegli anni è solo parzialmente immeritata — illegalità discussa ovunque senza benché minima vergogna, senza preoccupazione di conseguenze legali, con tanto di “personalità” e luoghi di illegalità.
Con gli anni, le cose sono cambiate — da una parte la legge ha almeno un po’ recuperato il terreno dei pirati, con svariati blitz a siti e servizi di pirateria, dall’altra sono nati servizi piú limitati ma sufficientemente generosi da poter sviare il grande pubblico dalle opzioni bootleg.
Così, se per un ragazzino nato negli anni Ottanta Napster era imprescindibile, e per la generazione successiva i nomi d’oro erano Kazaa, eMule e Bearshare, oggi probabilmente la stessa persona si può allegramente far bastare la versione gratuita di Spotify, e non infrangere la legge ogni secondo di ascolto.
Gli ultimi dieci anni, infine, hanno visto la diffusione esplosiva di nuove piattaforme con insiti sistemi anti-pirateria degni delle peggiori teorie del complotto dei primi anni Duemila — ed è bellissimo: il risultato sono strumenti molto piú sicuri, molto piú facili da usare.
Insomma, i piani malefici che volevano ingabbiare per sempre gli utenti, erano per il nostro bene.
Piani malefici che se vogliamo possiamo immaginare come una urbanizzazione. Quello che abbiamo descritto come un Far West, dove il crimine domina incontrastato, viene lottizzato, invaso di persone per bene, che vivono in condomini e non nel deserto. Club privati hanno sostituito i saloon, e il mondo del crimine si è spostato nei bassifondi.
Per la nostra generazione, cresciuta in un internet dove tutto era a portata di mano, seppur in maniera illegale, e quindi nessuno se ne approfittava mai, giusto? l’internet di oggi sembra positivamente lucido, senza una macchia.
Tutta l’illegalità di una volta, c’è ancora. È però nascosta dietro un intricato sistema di conoscenze, inviti, esoterismo. Dove una volta c’era l’entusiasmo di coinvolgere nuovi peer alla propria rete di scambio, oggi c’è la paura costante che la pula arrivi anche in questo nascondiglio — e si sente: una volta imparato come si fa, piratare è piú facile che mai, ma imparare è diventato difficilissimo.
Sui computer
Sui portatili è cambiato poco dagli anni d’oro dell’illegalità: è piú difficile cercare torrent, soprattutto se si è fuori da comunità che condividono i propri peer solo su invito, siti dove trovare i preziosi link si fanno sempre piú rari e la lotta continua e assurda dell’Unione Europea ai link prima o poi stroncherà definitivamente anche questo mostro, ma per ora, se consumate il vostro contenuto illegale su un computer computer siete piú o meno a posto. (Ma non dovreste farlo! Usate Netflix e Spotify.)
Su Android
Il sistema operativo di Google è una pasticciata via di mezzo tra il vecchio mondo e il nuovo — se i computer sono la periferia, Android è un quartiere in cui è in corso la gentrificazione, un posto che di giorno — o agli occhi dei turisti — sembra pulito e lastricato d’oro, ma di notte fa faville. Per gentile concessione di signor Google, Android ha una comoda levetta che permette di installare applicazioni fuori dal proprio negozio di app. Una volta aperta quella porta, si possono fare gli incontri piú assurdi, da negozi alternativi di app Open source per entusiasti, attivisti e trapanati, a applicazioni che permettono di fare streaming di film e serie tv attraverso torrent, come Kodi e Showbox. Tutte questi servizi vivono a dir poco ai confini della legge: alcuni sono completamente vuoti al primo download e bisogna manualmente aggiungere “fonti” da cui scaricare — fonti che sono segreti ben custoditi; altri permettono di accedere a tutti i contenuti illegali dei vostri sogni ma tecnicamente non permettono di vederli, e delegano l’apertura ad un’altra app, che non sa che il file è stato scaricato illegalmente, per cui tutt’a posto, no? ¯\_(ツ)_/¯
Su iOS
Con tutte le metafore da giardino recintato, è qui che veramente si incontrano i mostri: un po’ come il crimine si fa piú violento e insaziabile piú è altolocato. L’illegalità su iOS ha “buona ragione” di esistere — oltre a muovere iPhone e iPad, dove comunque tantissime persone giocano e ascoltano musica, è il sistema operativo anche di Apple TV, forse l’unico box per la tv disponibile in Italia e utilizzabile senza neckbeard. Ma su iOS è teoricamente impossibile utilizzare applicazioni non provenienti dall’App Store — a meno che non si sia sviluppatori registrati: uno sviluppatore può testare le proprie app sul proprio gadget, “firmando” il file nel programma con cui fa le app. E da qui che i 100% criminali gangster si intrufolano per fare i loro sporchi affari — attraverso siti internet a cui non dovreste assolutamente dare il vostro numero di carta di credito, è possibile far registrare il proprio telefono, tablet o tv sul profilo di uno sviluppatore super criminale, e sarà quindi possibile utilizzare app illecite firmate da quell’account. Da servizi come Moviebox a versioni modificate di applicazioni legali, la scena bootleg di app per iOS apre porte che dovrebbero restare chiuse: da evitare la doppia spunta di WhatsApp a scaricare e tenere gli snap oltre i pochi secondi di scadenza.
Mentre la scena si è spostata in profondità — e non abbiamo nemmeno parlato di Tor e Usenet — si è fatta anche piú pericolosa: la psicosi di scaricare un virus invece che il film che si stava cercando è per lo più superata, ma in particolare sui telefoni dove ogni utente riversa così tanti dati personali utilizzare codice non verificato, come potrebbe essere un’app di provenienza complemente sconosciuta come Showbox, è inevitabilmente un pericolo vero per le informazioni proprie e dei propri cari.
Ma è parte della posta in gioco del nuovo mondo illegale: un mondo più rifinito, più avanzato, ma ritirato nell’oscurità, riservato a chi ha ricevuto la punciuta.