Gentiloni è il nuovo Presidente del Consiglio incaricato. Non è la prima volta che entra in un ufficio nuovo e appena spolverato. Due anni e mezzo fa, si insediò a sorpresa alla Farnesina, sull’ambitissima poltrona di Ministro degli esteri.
Gentiloni, prima dell’attuale legislatura, non si era mai occupato di vicende d’oltremare e la sua nomina fu una piccola sorpresa. In genere, come Ministro degli esteri non viene scelta semplicemente una personalità tra i notabili del partito di governo, ma qualcuno che abbia avuto a che fare con la diplomazia internazionale o che sia “del giro”. Quando Renzi soffiò il Governo da sotto il naso di Enrico Letta, nel 2014, la poltrona di Ministro degli Esteri venne affidata a Federica Mogherini. Che però, mesi più tardi, venne promossa — non senza fatiche, di Renzi — alla carica di Alto Commissario per gli affari esteri dell’Unione Europea.
Gentiloni da qualche mese faceva parte della Commissione affari esteri. I più lo conoscevano per aver ricoperto la carica di Ministro delle comunicazioni nel secondo Governo Prodi, nel 2006, “lavorando alla difficile partita di una riforma che riequilibrasse un sistema mediatico segnato dallo strapotere di Silvio Berlusconi,” secondo l’ANSA. Gli appassionati di storia e storielle sapevano che un suo antenato aveva firmato con Giolitti il cosiddetto “Patto Gentiloni”, un accordo del 1913 che concedeva anche ai cattolici praticanti di poter votare senza incorrere nell’ira del Papa, e che Gentiloni stesso era arrivato a una posizione di rilievo nel mondo politico cattolico dopo aver militato nel Partito Comunista d’Unità Proletaria — quello di Pintor e Capanna.
Pochi in effetti avrebbero visto Gentiloni come adatto alla Farnesina, fino a qualche anno fa.
Le sue prime esperienze con gli affari esteri risalgono al suo periodo di militanza nell’estrema sinistra, negli anni ‘80, quando scriveva appunto di esteri per la rivista di sinistra ambientalista Pace e guerra: ma Gentiloni negli ultimi quindici anni si era occupato prevalentemente di questioni inerenti a televisioni e altri mezzi di comunicazione. E il suo primo atto da Ministro fu proprio una telefonata, anzi due: ai marò.
Era la fine del 2014, e la vicenda dei due militari era sulla cresta dei giornali nostrani. “Per prima cosa ho voluto salutarli”, dichiarò. Il caso dei marò era “in cima alla nostra agenda”. In cima all’agenda mondiale c’era invece il pandemonio libico, che in quei giorni sembrava non finisse mai di grondare sangue. Gentiloni all’inizio sembrò procedere coi piedi di piombo sulla questione, trovandosi gettato con un ruolo di primo piano su un nodo sensibilissimo della politica mediorientale, soprattutto per il nostro Paese. Dopo solo qualche mese, però, virò verso una politica decisamente più bellicosa. Era l’inizio del 2015, quando l’ISIS era ben radicato a Sirte e pubblicava ogni giorno un video truculento o scenografico, come quello in cui la bandiera nera sventolava sul cupolone di San Pietro. “Siamo pronti a combattere”, ringhiò Gentiloni, “in un quadro di legalità internazionale”. L’intervento occidentale in Libia sembrava davvero una questione di settimane. Invece non venne dato fuoco alle polveri.
Con il rientrare della questione marò e della diminuita rumorosità dell’ISIS, l’opinione pubblica italiana ha ricominciato a essere più distaccata verso le questioni di politica estera. Con presumibile gioia da parte di Gentiloni, che non ama stare molto in prima linea. Si è tornato a parlare di lui e del suo Ministero per una vicenda di commercio d’armi che coinvolge il nostro Paese e l’Arabia Saudita, uno Stato che utilizza gli ordigni Made in Italy per bombardare i civili yemeniti. Gentiloni ha sempre cercato di minimizzare le responsabilità nostrane, sottolineando che la compravendita di ordigni si svolge in una cornice perfettamente legale. Per una coincidenza, però, la questione sta tornando in primo piano proprio oggi, visto che un enorme carico di ordigni è partito dalla Sardegna alla volta del Medioriente. Nei primi giorni da Premier, Gentiloni sarà probabilmente chiamato a risponderne, un compito di cui farebbe probabilmente a meno.
Gentiloni infatti non fa molto parlare di sé; e non è un leone da campagna elettorale. Ad esempio, è riuscito a perdere le primarie della sinistra a Roma contro il non molto carismatico Ignazio Marino, pur essendo stato assistente e assessore di Rutelli nella sua giunta degli anni ‘90.
In bocca al lupo a @PaoloGentiloni
Bello il pensiero alla ricostruzione delle zone terremotate— Francesco Nicodemo 🇮🇹🇺🇦🇪🇺 (@fnicodemo) December 11, 2016
Pare in effetti che sia un tipo molto calmo, moderato — l’esatto contrario rispetto al suo predecessore Matteo Renzi. Questa potrebbe essere una buona qualità per la sua Presidenza del Consiglio. È probabile che sia stato nominato anche per questo motivo: sembra difficile che possa mettere i bastoni tra le ruote a Renzi quando l’ex-Premier vorrà ricavalcare il PD per presentarsi di nuovo come il salvatore della patria. Ma è meglio non sottovalutare qualcuno che è arrivato alla carica più importante di un Paese senza che praticamente nessuno si accorgesse della sua scalata.