Le società serbatoio di Esselunga “hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale”
La Guardia di Finanza di Milano ha eseguito contro Esselunga un sequestro preventivo di 47,7 milioni di euro, in un’indagine sulla “somministrazione illecita di manodopera,” che accerterebbe “una complessa frode fiscale” realizzata con “serbatoi di manodopera” e un sistema di esternalizzazione tramite società più o meno fittizie — un modello di comportamento già visto all’opera in diverse inchieste su giganti di logistica e vendite negli ultimi anni. Secondo il pm Paolo Storari la condotta irregolare di Esselunga “dura da numerosi anni e ha comportato non solo il sistematico sfruttamento dei lavoratori ma anche ingentissimi danni all’erario.” L’accusa parla della “stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore,” ma ovviamente c’è anche un più classico “utilizzo di fatture inesistenti per un ammontare complessivo di oltre 221 milioni di euro, più Iva, superiore a 47 milioni di euro.” In alcuni casi tra Esselunga e le società “serbatoio” c’era una società filtro, mentre altre volte il rapporto era diretto; in ogni caso, le società serbatoio “hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale.” Le irregolarità sarebbero iniziate nel 2016. Negli ultimi anni la grande distribuzione organizzata ha aumentato di molto i suoi ricavi, specie dall’inizio della pandemia, con un balzo a doppia cifra di aumento di vendite rispetto al periodo pre-lockdown e conseguenti aumentati guadagni — Esselunga è tra i primi 5 gruppi italiani.
Nell’area milanese la catena è quasi un’istituzione, addirittura una sorta di meme: il primo supermercato della catena, nonché in assoluto il primo in Italia, ha aperto a Milano negli anni ’50 in viale Regina Giovanna, con capitali statunitensi arrivati grazie alla potente famiglia Rockefeller. Da allora Esselunga è stata guidata dalla famiglia del fondatore, Bernardo Caprotti, noto per la sua leadership autorevole — o autoritaria, secondo alcuni — e la propria vicinanza a Silvio Berlusconi. Caprotti negli anni duemila era stato autore di Falce e carrello. Le mani sulla spesa degli italiani, un volumetto ancora disponibile fino a poco tempo fa presso alcuni punti vendita in cui demonizzava le “coop rosse” e le loro presunte nefandezze, giudicato dalla Cassazione come una forma di concorrenza sleale. Recentemente la famiglia è stata al centro di un’altra controversia fiscale, quando Violetta Caprotti, una degli eredi di Bernardo, è stata accusata dalla Guardia di finanza di essere in debito di 50 milioni di euro con lo stato italiano su tasse legate alla successione. La centralità di Esselunga nell’ecosistema milanese ha raggiunto a volte livelli impressionanti, come nel caso del quartiere Adriano, che l’assessore Maran durante una nostra intervista qualche anno fa aveva definito sostanzialmente costruito intorno al supermercato, mentre per lungo tempo sono mancati servizi essenziali come scuole e collegamenti.
Quella contro Esselunga non è l’unica inchiesta milanese a riguardare grandi aziende che sfruttano lavoratori eludendo la legge: la Gdf di Como e il gip di Milano Santoro hanno disposto il controllo giudiziario per Sicuritalia, leader nel mercato italiano per la vigilanza privata. Secondo la procura, Sicuritalia era una realtà di “Lavoratori che percepivano una paga oraria di 5,37 euro lordi, pari a una retribuzione mensile di circa 930 euro lordi e 650 netti.” E ancora: “atti di violenza (specialmente verbale), minacce e intimidazioni, carenze igienico-sanitarie e insalubrità o pericolosità intrinseche.” I lavoratori erano costretti a fare circa “80 ore di straordinario al mese lavorando anche 20 ore al giorno.” (venti ore al giorno) Ovviamente, massacrando i lavoratori la società sarebbe stata in grado di offrire “prezzi oltremodo competitivi.”
L’elusione fiscale, quando non proprio l’evasione, e i maltrattamenti sul posto di lavoro sembrano proprio far parte del Dna della destra di governo e dei suoi alleati: lunedì Report ha mandato in onda un servizio in cui illustrava le irregolarità nella gestione della forza lavoro e nei pagamenti nell’azienda turistica della ministra del Turismo, Daniela Santanché. Tra le altre cose, la ministra avrebbe fatto lavorare una dipendente mentre era in cassa integrazione. La ministra ora ha annunciato querele, nonostante le opposizioni abbiano chiesto le sue dimissioni.