Nel 1976 tutti sanno che l’ICMESA inquina, anche prima del disastro. Ma oltre a chiudere una vasta zona di territorio brianzolo, alla fuoriuscita della nube nessuno sa bene cosa fare — e iniziano le proposte più assurde, comprese quelle della neonata regione Lombardia
Da anni in Brianza si sa che l’ICMESA inquina. Le Industrie chimiche meridionali società per azioni hanno già una storia lunghissima: lo stabilimento è a Meda già dal 1934, ma nel 1947 cambia nome in Industrie Chimiche Meda di proprietà dall’azienda svizzera Givaudan, che a sua volta viene comprata nel 1964 della multinazionale farmaceutica Roche. Produce sostanze per il settore farmaceutico.
I problemi iniziano già nel 1948, quando i residenti depositano lamentele al comune di Meda per gli odori tremendi che salgono dal torrente Certesa, dove l’azienda scarica tutti gli scarti di lavorazione. Il 2 maggio del 1953 un intero gregge di pecore, che si è abbeverato nel torrente, risulta intossicato. Muoiono 13 animali.
Negli anni precedenti al disastro sembra possibile agli abitanti e alle amministrazioni della zona ottenere un risarcimento per tutti quegli anni passati a sopportare gli odori nauseanti del torrente e chissà quali altre sostanze ingerite o respirate. La provincia accusa Herwig Zwehl di aver consapevolmente corroso e alterato le acque sotterranee rendendole pericolose per la salute pubblica e lo porta in tribunale. Passano pochi mesi, però, e tutto si sgonfia: Zwehl viene assolto il 15 giugno 1976 per assenza di prove. Mancano solo venticinque giorni prima del disastro.
Il 21 luglio del 1976, in cui iniziano anche le bugie, le mistificazioni e le dichiarazioni farsesche intorno all’opera di bonifica dalla diossina. L’assessore regionale alla sanità Vittorio Rivolta concede la prima conferenza stampa, ben dieci giorni dopo il disastro, per spiegare i provvedimenti che Regione Lombardia avrebbe preso per contenere l’inquinamento. Durante quella conferenza stampa Rivolta davanti ai giornalisti esclude categoricamente che il torrente Certesa sia contaminato. Ma da anni si sa che in quel fiumiciattolo si accumulano tutti gli scarti dell’azienda. Infatti, pochi giorni dopo i rilevamenti mostrano tracce di diossina anche alle porte di Milano portate dal fango dei fiumi.
La zona contaminata si allarga con il passare dei giorni. Non è da escludersi che da escludersi che la diossina si trovi anche molto più a sud del previsto, a Nova Milanese, Muggiò o addirittura Cinisello Balsamo, nell’hinterland. Oltre chiaramente a grosse cittadine come Desio, dove la presenza dell’agente tossico è data per certa. La zona dell’incidente viene divisa in tre zone: la zona A, che comprende l’area più inquinata e la più vicina all’ICMESA, una zona B, dove la concentrazione di diossina è più bassa, ma che ricopre un’area abitata da circa 5000 persone, e una zona di rispetto, o zona R, sicuramente contaminata, ma più lontana dalla fabbrica.
L’approccio all’emergenza comincia ad avere anche degli aspetti paradossali. Il prefetto di Milano disse ‘potremmo usare il napalm per bruciare la diossina’ il che avrebbe comportato un inquinamento maggiore. Un medico vietnamita propone di usare il sapone di Marsiglia per lavare tutto. Gli svizzeri poi propongono di mandare degli aerei per sversare dell’olio di oliva. In un clima del genere arriva la proposta definitiva di Regione Lombardia — istituzione tra l’altro nata da pochissimo — per bonificare Seveso, Cesano, Meda, Desio e gli altri comuni dalla diossina. L’assessore regionale Rivolta ha un’idea chiara: l’unico rimedio per distruggere quel veleno è il fuoco. Bisogna bruciare tutto. Senza fare annunci ufficiali, da agosto si inizia a parlare di un inceneritore, un inceneritore a Seveso.
TCDD è scritto da Daniele Rìgamonti. Voci di Elena D’Acunto e Daniele Rìgamonti. Regia di Stefano Colombo. Produzione Stefano Colombo e Federico Cuscunà
Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis
In sottofondo: Comfortable Mystery 1, 2, 3, 4, CC BY 3.0 Kevin MacLeod (incompetech.com)