di Simone Martuscelli e Susanna Rugghia
L’astensionismo è il primo partito tra gli under 35 francesi: il 40% non ha votato al primo turno. Abbiamo chiesto agli studenti della Sorbona durante le manifestazioni “Ni Macron, ni Le Pen” se e per chi voteranno al secondo turno
Rue Soufflot è la strada di Parigi che termina in Place du Panthéon, davanti al mausoleo che ospita alcune tra le principali figure della Francia repubblicana. La strada parallela, rue Cujas, ospita uno degli ingressi dell’università Sorbonne.
Nel tardo pomeriggio del 14 aprile, una densa nuvola grigia ha invaso il collegamento tra le due strade. Un folto gruppo di studenti, insieme adalcuni passanti, scappa via, coprendosi naso e bocca con la maglietta o con una mascherina. Alcuni di loro vomitano ai bordi del marciapiede. Poco più tardi, davanti al Panthéon, la polizia ha caricato più volte altri manifestanti che in coro urlavano “Liberez nos camarades” (“Liberate i nostri compagni”).
Il 13 aprile, un’assemblea di studenti riuniti nell’Amphithéâtre Oury aveva votato a larga maggioranza per l’occupazione dell’università. Il motivo è il ballottaggio venuto fuori dalle urne del primo turno delle Presidenziali: “Ni Le Pen ni Macron” è lo slogan degli studenti, che dichiarano di “non voler scegliere tra la peste e il colera”. L’occupazione è terminata il giorno seguente per decisione degli occupanti che sono rimasti bloccati nell’edificio per diverse ore a seguito dei tentativi di sgombero delle forze dell’ordine e degli scontri avvenuti all’esterno.
“Ho votato Nathalie Arthaud al primo turno (Lutte Ouvrière, 0,6%, ndr) e non andrò a votare al ballottaggio” afferma Quentin*, membro del collettivo Le Poing Levé, tra i promotori di questa mobilitazione. “Durante la presidenza Macron siamo stati tra i primi a scendere in piazza, contro le violenze della polizia, ad esempio. Abbiamo sempre sostenuto, inoltre, che la sinistra dovesse dialogare con il movimento dei Gilets Jaunes.”
Quentin ha partecipato alle mobilitazioni studentesche del 2018 contro la riforma dell’insegnamento superiore e delle università (la Loi ORE) che ha introdotto Parcorsup, piattaforma web che raccoglie e gestisce le candidature dei neodiplomati che devono accedere a un percorso di formazione superiore. La legge ha di fatto introdotto un sistema di selezione su base territoriale e di rendimento che non fa che acuire dinamiche di segregazione spaziale e sociale già estremamente gravi in Francia. Nonostante le occupazioni delle università abbiano coinvolto decine di atenei e si siano prolungate per diversi mesi, i risultati non sono stati eclatanti: “all’epoca non abbiamo ottenuto molto perché le rivendicazioni e le anime della protesta sono spesso diverse e difficili da conciliare.”
I francesi tra i 18 e i 34 anni iscritti alle liste elettorali sono più di 11 milioni, il 25% del totale degli aventi diritto. Tra i manifestanti, in effetti, i posizionamenti sono molto eterogenei e non c’è una linea comune sul voto alle prossime urne, magran parte di loro ha votato per Jean-Luc Mélenchon, il candidato de La France Insoumise che ha raggiunto il 22% arrivando ad un passo dal ballottaggio, a circa 400mila voti da Marine Le Pen. Mélenchon è stato inoltre il candidato più votato dai giovani: il 31% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni, e il 34% di quelli tra i 25 e i 34, ha affidato a lui la propria preferenza. Il programma del candidato insoumis ha insistito su provvedimenti relativi alla giustizia sociale – l’aumento del salario minimo (SMIC) a 1400 euro, la diminuzione dei prezzi dei prodotti di prima necessità e dei costi dell’energia, ristabilire l’età pensionabile a 60 anni – ma anche su riforme sistemiche su ambiente, sicurezza e sistema elettorale. È stato giudicato il programma con la proposta ecologista più strutturata da Greenpeace France, anche più di quello dei Verdi di Jadot. Dietro Mélenchon è arrivata Marine Le Pen, con il 25% dei voti nella fascia 18-24 e il 24% delle preferenze dei ‘millennial’ 25-34.
Per Mélenchon ha votato, ad esempio, Joseph, attivista di Extinction Rebellion e studente di geografia alla Sorbonne che ha partecipato all’assemblea generale degli studenti in Place de la Sorbonne all’indomani dell’occupazione: “Non ho ancora deciso cosa farò al secondo turno. Credo voterò per il candidato a cui sarà più facile opporsi, con il quale si potrà portare avanti la nostra lotta e la repressione che può mettere in atto Le Pen mi preoccupa.” Joseph ci spiega inoltre qual è la piattaforma programmatica su cui lavorano i manifestanti: “Chiediamo giustizia climatica, giustizia sociale e opposizione ad ogni forma di fascismo, razzismo e sessismo: tutte istanze che i candidati giunti al ballottaggio non tengono abbastanza in considerazione.”
Tra il 13 e il 14 aprile la protesta si è allargata a diversi altri atenei della Francia: occupazioni analoghe si sono verificate a Paris VIII, Paris-Nanterre e al campus Jourdan dell’École Normale Superieure, così come in alcune sedi di SciencesPo a Nancy e a Parigi, dove ci sono stati anche degli scontri con alcuni militanti neofascisti. Ma le occupazioni hanno avuto vita breve: lo stesso 14 aprile, dopo una giornata caratterizzata da scontri tra i poliziotti e gli studenti che sostenevano la mobilitazione, gli occupanti hanno deciso di uscire dagli edifici della Sorbonne Université ormai circondati dalle forze dell’ordine. La mattina successiva gli studenti sono stati fatti evacuare — e sono poi stati schedati. Le Pen ha condannato la manifestazione, definendola “antidemocratica,” mentre Macron non ha invece rilasciato dichiarazioni sulle proteste.
La mobilitazione sembra essere destinata a perdurare, se non altro fino al ballottaggio, probabilmente durante tutto il quinquennio del Presidente che verrà: “Negli ultimi cinque anni abbiamo manifestato contro molti deiprovvedimenti di Macron” prosegue Joseph, “soprattutto contro la Loi de Securité Globale e la Loi Separatisme, che hanno di fatto aperto ad un discorso di estrema destra nel Paese.”Sono in tanti a confermare di aver partecipato alle proteste contro queste due leggi: la prima rinforza i poteri delle forze dell’ordine, mentre la seconda, volta a combattere i fenomeni di separatismo religioso, in realtà è permeata da un’islamofobia pericolosa e nemmeno troppo velata.
Ma la protesta in questi anni ha riguardato anche l’approccio del governo francese alla crisi climatica. Alla fine del 2021, la Francia è stata condannata per “inazione climatica” in quello che è stato definito “l’Affaire du siècle” per aver sforato sui livelli di emissioni di carbonio consentite nel triennio 2015-2018. “Insieme ad Extinction Rebellion stiamo preparando un’azione per protestare contro il disinteresse verso la crisi climatica, ma per ora non possiamo dire nulla,” conclude Joseph. Pochi giorni dopo, gli attivisti di XR hanno occupato per tre giorni l’area intorno alla porta di Saint-Denis, nella zona dei Grands Boulevards a Parigi, con lo slogan “Quando il voto non basta più, la ribellione è inevitabile.”
Dopo la fine delle occupazioni delle facoltà, la protesta si è spostata nelle strade. Sabato 16 aprile, un corteo ha riempito le vie della capitale francese per dire no all’estrema destra al governo. Imane Ouelhadj, recentemente eletta presidente dell’UNEF (il principale sindacato studentesco francese), afferma: “Questo movimento, e in particolare quello studentesco, non viene dal nulla. Negli ultimi cinque anni siamo stati attivi nell’opporci alle politiche dannose per gli studenti, e continueremo a farlo. Ma al secondo turno voterò, e voterò per fare fronte comune contro l’estrema destra.” “Non ho votato al primo turno e non lo farò nemmeno al ballottaggio” ci dice invece Camille*, membro del sindacato studentesco FSE (Fédération Syndicale Étudiante). “Cinque anni fa avevo votato per Mélenchon al primo turno, ma ora sono convinta che la miglior maniera di cambiare le cose non sia il voto ma la riforma dell’intero sistema politico.” Una disillusione che dice molto sia sulle proteste di oggi sia sulle prospettive future.
Il rifiuto del binomio Macron-Le Pen, infatti, è di difficile comprensione se non inserito nel sistema semipresidenzialista francese: che fa sì che da anni un’area politica che riscuote una buona percentuale di consenso sia costantemente sottorappresentata nelle istituzioni, anche a causa delle sue divisioni interne. È per questo che il rischio di una forte astensione dei giovani al secondo turno è la prospettiva più reale, specialmente tra i giovanissimi: il voto della componente studentesca è estremamente ideologico ed è più probabile che i voti di questa fascia finiscano per confluire nella schiera degli astensionisti, già molto nutrita al primo turno: secondo un sondaggio Ipsos, il 42% della fascia d’età 18-24 e il 46% nella fascia 25-34 non è andato al voto, sopra la media nazionale, una media del 40% per quella fascia di età, in aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2017: Il partito dell’astensione è stato il primo partito tra gli under 35.
Soprattutto perché, ad oggi, la retorica del “Fronte repubblicano” è più debole che mai, specialmente in favore di un presidente che si è già appropriato di temi e discorsi propri della destra più estrema. Tra gli studenti, nelle università e nelle strade, uno dei cori più diffusi è “On est là”, un canto contro Macron reso popolare dai Gilet Jaunes.
* nomi di fantasia.
in copertina, grab via Twitter @SorbonneOccupee