in copertina, foto via Twitter
Gli espropri a Sheikh Jarrah, l’azione della polizia alla Spianata delle moschee, i raid su Gaza: lo storico, tra i fondatori della campagna di Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, spiega: “La principale causa del conflitto è l’incapacità di Netanyahu di formare un nuovo governo”
A quattro giorni dai primi bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza sono 69 i palestinesi uccisi, tra cui 17 bambini, e 388 sono i feriti. Tra i palazzi colpiti nel centro della Città di Gaza c’è la torre al-Shorouk e altre infrastrutture di Hamas in attacchi che hanno anche ucciso funzionari del movimento che governa Gaza. Sei, tra cui un bambino, sono gli israeliani morti per i raid lanciati dalla Striscia di Gaza. Ne abbiamo parlato con lo storico israeliano dell’Università di Exeter, Ilan Pappé, autore tra gli altri del volume The Making of the Arab-Israeli Conflict, 1947-1951 (I. B. Tauris) e tra i fondatori della campagna di Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).
Dopo i primi scontri, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che Hamas ha “superato la linea rossa” e Israele avrebbe risposto “con grande forza.” Chi ha davvero superato la “linea rossa” portando il Medio Oriente sull’orlo di un nuovo conflitto, Hamas o le autorità israeliane?
Mandando la polizia a Haram al-Sharif (Spianata delle moschee, ndr), che è entrata con i suoi uomini nella moschea di al-Aqsa e nella moschea della Roccia, Israele ha superato una linea rossa. Impedendo ai musulmani di pregare nella notte più importante dell’anno (Laylat al-Qadr, una delle notti che segna la fine del Ramadan, ndr), Israele ha superato la linea rossa. Ma Israele ha superato la linea rossa tanto tempo fa, quando ha imposto l’assedio e l’embargo contro Gaza, procedendo alla pulizia etnica dell’Area C e imponendo una sorta di sistema di Apartheid per i palestinesi in Israele (a questo si potrebbe aggiungere non permettere ai rifugiati palestinesi di tornare).
Gli scontri hanno segnato l’epilogo di un mese di alterchi, una marcia organizzata da nazionalisti israeliani che doveva attraversare la zona a maggioranza musulmana nella Città antica di Gerusalemme Est è stata cancellata per il timore che potesse innescare una rivolta nel Jerusalem Day (9-10 maggio) che segna la conquista di Gerusalemme Est del 1967. Quest’anno la marcia avrebbe dovuto avere luogo proprio negli ultimi giorni di Ramadan. Sono queste le circostanze specifiche che hanno esacerbato le tensioni?
Sì, lo sono, ma la causa più immediata è l’incapacità di Netanyahu di formare un governo e l’impossibilità reale che qualcun altro possa farlo. Questa è la ragione principale che spiega la provocazione della polizia a Haram al-Sharif. Era chiaro che né Hamas né ampie parti della società palestinese sarebbero rimaste indifferenti rispetto a una tale provocazione.
A questo punto qual è l’obiettivo delle autorità israeliane in seguito alla decisione di sfrattare le famiglie palestinesi dal quartiere di Gerusalemme Est di Sheikh Jarrah? Qual è lo specifico significato storico di questo quartiere?
Israele ha un problema e si trova a Gerusalemme Est. In realtà i problemi sono 200mila, vale a dire i palestinesi di Gerusalemme che impediscono la completa giudeizzazione della città. Nei quartieri di Silwan e Sheikh Jarrah il metodo usato è di rivendicare le proprietà degli ebrei, in altre parti è spedire i palestinesi in Cisgiordania e in altri casi è l’uso di una crescente pulizia etnica.
Centinaia di palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con la polizia israeliana all’interno della moschea di al-Aqsa, questi eventi hanno dei precedenti storici?
No, sebbene dobbiamo ricordare che gran parte dei palestinesi in ogni luogo sono stati trattati in questo modo in tutta la Palestina storica.
Crede che il conflitto possa accelerare e che un’escalation possa portare l’operazione denominata Guardiano delle Mura alla stessa intensità di Pilastro di Difesa (2012) e Margine Protettivo (2014)?
È possibile ma sempre molto difficile da predire, forse non andranno avanti più di un’altra settimana, chi può dirlo con certezza.
Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito hanno sollecitato israeliani e palestinesi a spegnere le tensioni al più presto possibile, mentre la Turchia ha definito gli attacchi di Israele “terrorismo,” quali possono essere le implicazioni internazionali se il conflitto dovesse intensificarsi?
Sfortunatamente, conflitti come questo non cambiano le politiche dall’alto, rafforzano soltanto la solidarietà con i palestinesi all’interno delle società civili. Dicendo questo non voglio sottostimare l’importanza della solidarietà internazionale ma dobbiamo essere realistici.
Ci può dire in termini più generali, qual è l’attuale stato del conflitto israelo-palestinese, sembra che, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali, siamo sempre più vicini ad avere un solo stato?
È chiaro a tutti che la soluzione dei due stati è morta. Ci vorrà tempo perché un’alternativa venga adottata dalle parti in conflitto. Ma ci stiamo avviando per la strada che va verso quella direzione.