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Chiamando Eva ritorna con una puntata in cui indaga gli archetipi femminili per eccellenza, passando in rassegna le grandi figure del mito greco, dall’Iliade all’Odissea

Perché quando diciamo che le donne sono state a lungo etichettate nel binomio o “sante” o “poco di buono” dobbiamo anzitutto partire dall’Iliade e dall’Odissea? Perché è proprio nei testi di Omero che si fissano i canoni di quella che sarebbe poi diventata l’immagine esemplare della femminilità. Nati come testi per raccontare le origini dei popoli dell’antica Grecia, i poemi omerici proponevano dei “modelli di comportamento” per il pubblico, anche femminile. Se Andromaca è il perfetto esempio di madre e protettrice del focolare domestico, Elena, per contrapposizione, è l’esempio negativo della donna che tradisce il talamo nuziale, la patria e i suoi sudditi.

Ma questa contrapposizione trova le sue cause nella storica rivalità tra Atene e Sparta. Ad Atene le donne vivevano recluse in casa, non ricevevano un’educazione e non dovevano fare mostra di sé se non in limitate occasioni sociali. A Sparta invece le donne ricevevano un’istruzione, si allenavano al pari degli uomini e si mostravano in pubblico. Nonostante questo trattamento venisse riservato alle donne affinché donassero alla città figli guerrieri più forti, gli ateniesi avevano una visione estremamente licenziosa delle donne spartane.

Le conseguenze di questa dicotomia fra spartane e ateniesi si sono poi trasformate, nel corso dei secoli, nei modelli stereotipati di rappresentazione femminile che si fatica ancora a scardinare. Ma per riuscire a debellarli definitivamente, è necessario conoscerli.

Ne parliamo con Maddalena Parziani, laureata in Lettere classiche e insegnante di liceo.

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