Da anni l’estrema destra statunitense si ispira ad un romanzo scritto dal neonazista William Luther Pierce nel 1978. Oggi, con la tensione al massimo e Trump che piccona le istituzioni democratiche, si tratta di un testo ancora più agghiacciante
A poco più di due settimane dalle elezioni statunitensi del 4 novembre si infoltisce la lista di teste tagliate all’interno dell’amministrazione Trump. Il 17 novembre, tramite un tweet, il bancarottiere ha licenziato il capo della cyber security Christopher Krebs, per aver combattuto la disinformazione online dopo le elezioni e per non aver dato credito alle accuse sui presunti brogli elettorali. Appena due giorni dopo che Joe Biden era stato dichiarato vincitore, il 9 novembre, era stato licenziato anche il capo del Pentagono Mark Esper. Al licenziamento di Esper sono seguite le presentazioni di lettere di dimissioni con effetto immediato da parte di altre tre funzionari del Dipartimento della Difesa, tra cui il sottosegretario James Anderson, il capo dell’intelligence Joseph Kernan, e il capo dello staff di Esper, Jen Stewart. Un rapido cambio della guardia considerato preoccupante sia perché solleva il timore che l’amministrazione stia tentando di riempire il Pentagono di personaggi considerati fedeli, sia poiché potrebbe contribuire a un senso di instabilità delle forze armate.
Secondo il New York Times, Christopher Miller, che era il direttore del Centro Nazionale Antiterrorismo e che ha preso temporaneamente il posto di Mark Esper, non sembra avere l’esperienza e lo spessore necessari per poter arginare Trump, laddove si rivelasse necessario.
Ma soprattutto, è stata contestata la nomina di Anthony Tata come sostituto di Anderson, un frequente commentatore di Fox News che aveva dovuto rinunciare alla nomina già quest’estate per via dell’opposizione bipartisan a seguito della riemersione di alcuni suoi tweet in cui dava credito ad alcune teorie del complotto, definiva Obama “un leader terrorista” e “candidato manciuriano”, e l’Islam “la religione più violenta e oppressiva” che conoscesse.
Ad infittire lo spettro di un golpe— termine che forse bisognerebbe smettere di considerare automaticamente come “esagerato” — e di una transizione di potere che non si preannuncia per nulla serena, si aggiungono le violenze e le minacce di milizie e gruppi fascistoidi mai stigmatizzati, anzi, talvolta perfino aizzati, dal presidente.
Martedì 11 novembre, ad esempio, ha fatto molto discutere l’arresto di Brian Maiorana, un 54enne di Staten Island, che minacciava di far saltare in aria una sede dell’FBI e di sterminare “chiunque si definisse Democratico, e anche i loro familiari”. Maiorana, stando al referto dell’arresto, aveva un profilo su MyMilitia, una sorta di Tinder che incrocia persone a milizie di estrema destra che operano nella loro zona.
Come ha raccontato Rolling Stone, “le discussioni più popolari su MyMilitia vanno dalle speculazioni su come sarebbe una guerra civile se scoppiasse nell’America di oggi al panico per notizie false sulla volontà di Biden di sequestrare tutte le armi e portare in America il comunismo.” Sebbene queste ultime siano congetture che potrebbero essere facilmente ascritte alla categorie di “Cose che la destra dice che sarebbe una figata se fossero vere”, le questioni tirate in ballo dai reazionari non sono da sottovalutare, per le conseguenze che potrebbero avere, piuttosto che per la solidità delle tesi sulle quali poggiano.
Sul proprio profilo, Brian Maiorana avrebbe scritto “The Turner Diaries deve diventare realtà”, riferendosi a un romanzo di fantascienza del 1978 molto popolare tra i suprematisti bianchi. Il libro, scritto dal neonazista William Pierce sotto lo pseudonimo di Andrew MacDonald, ha avuto un’influenza enorme sull’estrema destra statunitense negli ultimi quarant’anni, diventando una sorta di vangelo guida tra i nostalgici delle teorie lombrosiane e antisemite.
Il libro parla di una rivoluzione in cui un gruppo di militanti ariani — l’Ordine — si batte contro un governo dominato da ebrei e afroamericani, e che termina con una guerra nucleare e razziale che porta allo sterminio di tutti i non bianchi. In linea con quanto apparso tra le conversazioni su MyMilitia, il racconto di William Pierce si apre proprio con la promulgazione del Cohen Act (Cohen è un tipico cognome ebreo), una legge che vieta il possesso delle armi da fuoco.
Al netto dell’espediente narrativo, il fatto che il governo possa un giorno abolire il Secondo emendamento — quello che sancisce il diritto a possedere armi, “essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben organizzata” — è una preoccupazione diffusa nell’estrema destra, soprattutto da parte delle popolazioni più rurali che rivendicano l’autonomia dei singoli stati dal Governo di Washington e che vorrebbero, in linea con il liberalismo più sfrenato, che il Presidente si limitasse a lasciarli in pace.
Il fatto che dal punto di vista stilistico il libro non sia notevole, e si rimbalzi da un evento estremamente violento a un altro senza mai approfondire il contesto, è ciò che paradossalmente lo rende estremamente ansiogeno. Usando la forma del diario, inoltre, il susseguirsi degli eventi è raccontato unicamente attraverso il filtro monodimensionale del protagonista, un tale Earl Turner, contribuendo ad alimentare il sentimento di emergenza tra quelle frange estreme di popolazione che hanno fatto di the Turner Diaries un vero e proprio feticcio.
Grande spazio è dedicato al racconto di tecnicismi e istruzioni, come a voler fornire un know-how della rivoluzione. In molti degli attacchi terroristici avvenuti negli ultimi quarant’anni e che sono stati poi collegati a the Turner Diaries, si sono segnalate somiglianze preoccupanti. Timothy McVeigh, l’attentatore di Oklahoma City che nel 1995 fece esplodere un’autobomba contro una sede governativa uccidendo 163 persone, aveva passato gli ultimi dieci giorni prima dell’attentato chiuso in un motel dell’Arizona a leggere il romanzo, e il suo attacco è spaventosamente simile all’attentato al quartier generale dell’FBI raccontato nel romanzo.
Anche l’assassinio dell’afroamericano James Bird nel 1998 a Jasper, in Texas, legato e trascinato vivo per chilometri dietro a un camioncino, da parte di tre suprematisti bianchi, assomiglia alle razzie compiute nel libro dopo che l’Ordine riesce a prendere possesso dell’area di Los Angeles.
Come loro, copie di the Turner Diaries e altra propaganda neonazista vengono sistematicamente usate da parte dei gruppi neonazisti per formare le basi ideologiche dei loro affiliati e sono state trovate in possesso di David Copeland, il neonazista britannico che tra il 17 e il 30 aprile del 1999, fece esplodere tre bombe a chiodi fatte in casa, uccidendo tre persone e ferendone 140, in tre quartieri diversi di Londra, rispettivamente abitati dalla comunità nera, bengalese e LGBT; Jacob Robida, che nel 2006 in Massachusetts all’interno di un bar gay colpì con un’accetta uno dei clienti e ne ferì altri due a colpi di pistola; e Zack Davies, che in un supermercato Tesco nel Galles tentò di decapitare con un machete un dentista asiatico.
Il libro di Pierce è riuscito, per certi versi a prevedere, per altri ad aizzare, le motivazioni alla base del terrorismo bianco degli ultimi anni: il senso di accerchiamento come presupposto per un attacco che, secondo la retorica suprematista, è in realtà contrattacco e legittima difesa di fronte alla paura di una sostituzione etnica.
In un passaggio del libro si legge:
Perché non ci siamo ribellati 35 anni fa, quando ci hanno tolto le nostre scuole e hanno iniziato a convertirle in giungle razzialmente miste? Perché non li abbiamo cacciati tutti fuori dal paese 50 anni fa, invece di lasciare che ci usassero come carne da cannone nella loro guerra per soggiogare l’Europa?
Più precisamente, perché non ci siamo ribellati tre anni fa, quando hanno iniziato a portarci via i nostri fucili? Perché non ci siamo ribellati con giusta furia e non abbiamo trascinato questi alieni arroganti per le strade e non abbiamo tagliato loro la gola?
Perché non li abbiamo arrostiti sui falò in ogni angolo di strada d’America? Perché non abbiamo posto fine a questo clan odioso ed eternamente insistente, a questa pestilenza delle fogne dell’Est, invece di lasciarci docilmente disarmare?
La risposta è facile. Ci saremmo ribellati se tutto ciò che ci è stato imposto negli ultimi 50 anni ci fosse stato imposto in una volta sola. Ma poiché le catene che ci legano sono state forgiate impercettibilmente, anello per anello, ci siamo sottomessi.
Il racconto di Pierce è un crescendo di violenze. L’Organizzazione, nella fase iniziale in cui è meno strutturata, stampa dollari falsi per generare il caos economico, brucia i negozi degli ebrei, e compie razzie e attentati disorganici contro la Casa Bianca, il quartier generale dell’FBI e la redazione del Washington Post. Quando riescono a prendere il possesso delle armi nucleari nella zona di Vandenberg in California, l’Organizzazione ripulisce etnicamente l’area da tutti i non ariani, costringendo all’esodo verso est di centinaia di migliaia di afroamericani, provocando un sovraccarico del welfare che fa sì che molti bianchi rimasti a est comincino a fuggire verso la California, diventata a quel punto una sorta di “santuario bianco.”
Per quelli rimasti nella zona controllata dall’Organizzazione, la sorte è peggiore: nel Giorno della Corda, da decine di migliaia di lampioni, alberi e pali della corrente pendono i cadaveri di afroamericani, ebrei e bianchi che hanno tradito la propria razza. Alle donne bianche che avevano sposato degli afroamericani vengono appesi cartelli intorno al collo con scritto “Ho contaminato la mia razza”, mentre i politici, gli avvocati, i giornalisti, i burocrati, gli attori, altri pezzi grossi e predicatori che, per un motivo o per un altro, hanno contribuito a realizzare il programma razziale del Sistema, vengono appesi nella piazza davanti al municipio, in modo che chiunque possa vederli e potessero così fungere da esempio istruttivo per tutti gli altri. I neri che riescono a fuggire si riparano in grotte e nascondigli ma vengono scoperti a praticare operazioni di cannibalismo reciproco e nei confronti di alcuni bianchi rapiti e seviziati.
A questo punto, dalla base nucleare l’Organizzazione dà il via ad attacchi nucleari ad ampio raggio contro New York e Israele, mentre i governi di tutto il mondo iniziano ad assistere a violente rivolte anti-ebraiche. Il libro si conclude poi con la morte del protagonista dopo un attacco kamikaze contro il Pentagono, e lo sterminio mondiale di tutte le razze non bianche.
Nonostante il libro sia stato scritto durante la Guerra Fredda, in un contesto in cui era molto diffuso il sentimento anti-sovietico, è interessante la visione del protagonista nei confronti dell’URSS, poiché appare per certi versi profetica dei rapporti di “amicizia” con la Russia che Trump si è preoccupato di tessere durante la sua presidenza, inimmaginabile quarant’anni fa. Nel libro, infatti, l’Unione Sovietica viene attaccata col solo intento di scatenare un contrattacco nucleare che aiuti l’Organizzazione a radere al suolo le ultime roccaforti del Sistema. Ma il protagonista Earl Turner, al netto dei risultati ottenuti, si dice dispiaciuto per i milioni di bianchi morti in Russia, mettendoli sullo stesso piano dei suoi connazionali.
Dal libro di Pierce, infatti, appare chiaro come le divergenze ideologiche relative al sistema economico, in questo caso un’economia di mercato o pianificata com’erano USA e URSS nel 1978, debbano passare in secondo piano di fronte alla minaccia scaturita dalla mescolanza delle razze. In questo senso, c’è un passaggio del libro, quando sta descrivendo una sua compagna dell’Ordine, in cui il tentativo di indottrinamento emerge esplicitamente:
Katherine era stata apolitica. Se qualcuno gliel’avesse chiesto, durante il periodo in cui lavorava per il governo o, prima ancora, quando era studentessa universitaria, probabilmente avrebbe detto che era una “liberale”. Ma era liberale solo nell’insensato e automatico modo in cui lo sono la maggior parte delle persone.
Senza pensarci veramente o cercare di ragionarci, ha accettato superficialmente l’ideologia innaturale diffusa dai mass media e dal governo.
Dopo che la polizia li ha rilasciati, George le ha dato alcuni libri sulla razza e la storia e alcune pubblicazioni dell’Organizzazione da leggere. Per la prima volta nella sua vita ha iniziato a pensare seriamente alle importanti questioni razziali, sociali e politiche alla radice dei problemi della giornata. Ha imparato la verità sulla bufala dell’”uguaglianza” del Sistema. Ha acquisito una comprensione del ruolo storico unico degli ebrei come fermento di decomposizione delle razze e delle civiltà. E, cosa più importante, ha iniziato ad acquisire un senso di identità razziale, superando una vita di lavaggio del cervello che ha cercato di ridurla a un atomo umano isolato nel caos.
The Turner Diaries venne pubblicato originariamente a puntate dall’organo di informazione dell’Alleanza Nazionale, una costola del Partito nazista americano fondato da Pierce in seguito al suo allontanamento da quest’ultimo. Successivamente, il libro venne pubblicato in forma raccolta e oggi è ancora facilissimo acquistarne una copia su Amazon. Secondo questo articolo dell’Atlantic, in questi decenni The Turner Diaries ha ispirato oltre 200 omicidi, dozzine di rapine a mano armata, ed è stato fonte d’ispirazione per la nascita dell’Ordine, una vera cellula terroristica che operò negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta, che uccise tre persone e rubò milioni di dollari per poi spartirseli tra i leader suprematisti bianchi. David Lane, inoltre, un membro dell’Ordine diventato poi un prolifico scrittore in prigione, è l’autore del Manifesto del Genocidio Bianco, un documento di tre pagine molto popolare tra i membri dell’alt-right contemporanea.
Durante la campagna elettorale appena trascorsa, non era raro incontrare manifestanti con magliette che inneggiavano al Giorno della Corda (Day of the Rope) descritto nel romanzo. Se prima delle elezioni era quanto meno comprensibile che Donald Trump non riconoscesse il suprematismo bianco come un’effettiva minaccia, e non condannasse i metodi dei gruppi di milizia per non inimicarseli e rischiare così di perdere quelle sacche di consenso di cui erano portatori; ora che la strategia è quella di contestare il risultato delle elezioni, si tratta esclusivamente di continuare a montare quella rabbia fino a farla esplodere.
A seguito della Millions Maga March, la manifestazione di sabato 14 novembre che ha portato migliaia di sostenitori di Trump a protestare nella capitale degli Stati Uniti contro i risultati delle elezioni, sono iniziati a tarda notte gli scontri con i partecipanti della piazza Black Lives Matter riunita per una contromanifestazione. In mezzo al caos, un uomo è stato accoltellato alle spalle e trasportato in ospedale con gravi ferite, alcuni poliziotti sono stati feriti, e più di venti persone arrestate.
Identificare tutti gli elettori di Trump come dei bifolchi razzisti è ovviamente insensato e infondato, ma gli scettici che continuano a considerare forzata la correlazione fra la retorica di Trump e l’escalation di violenza sono altrettanto miopi. Basti dire che le contee che hanno ospitato un raduno di Trump durante la campagna presidenziale del 2016, abbiano poi assistito negli anni successivi a un aumento dei crimini motivati da odio razziale del 226%.