Il massacro di Jonestown è tutt’oggi conosciuto come il più terribile disastro non naturale della storia degli Stati Uniti.
Il 18 novembre 1978, esattamente quarant’anni fa, 912 persone seguaci della congregazione religiosa del Tempio del Popolo si toglievano la vita nel comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un cocktail al cianuro, secondo gli ordini del loro capo, il reverendo Jim Jones, in quello che sarebbe diventato noto come il più grande suicidio di massa della storia. Un terzo di loro erano bambini.
Il massacro di Jonestown è tutt’oggi conosciuto come il più terribile disastro non naturale della storia degli Stati Uniti, fino all’attentato dell’11 settembre 2001, nonché l’unica vicenda nella storia in cui un membro del Congresso degli Stati Uniti (Leo Ryan) è stato ucciso nell’esercizio delle sue funzioni.
Fondato nel 1956 da Jim Jones a Indianapolis – poi trasferito a Redwood Valley, in California, nel 1966 – il Tempio del Popolo basava il suo culto sull’aiuto delle persone bisognose. L’utopia di Jones era quella di una comunità da lui guidata e organizzata in una forma di comunismo, una società in cui tutti vivevano insieme in armonia e lavoravano per il bene comune, lontano da qualsiasi influenza del governo degli Stati Uniti. Nonostante le lusinghiere opinioni di molti personaggi importanti, Jones, verso la metà degli anni Settanta, cominciò a dare evidenti segni di squilibrio: credeva di essere la reincarnazione di Cristo e allo stesso tempo di Lenin, affermava di essere in grado di compiere miracoli. Sempre in quegli anni, le prime voci di molestie sessuali nei confronti di alcuni adepti cominciarono a diffondersi.
E se da una parte il Tempio del Popolo era molto attivo nelle cause umanitarie, il trattamento di Jones nei confronti dei suoi seguaci era spesso meno che umano: i membri della setta venivano regolarmente umiliati, picchiati e ricattati, molti furono costretti a donare le loro proprietà – incluse le abitazioni private – alla chiesa. Minoranze e persone di colore erano state convinte del fatto che se avessero lasciato il Tempio del Popolo sarebbero state chiuse in campi di concentramento gestiti dal governo. Membri appartenenti alle stesse famiglie venivano tenuti separati. Ben presto iniziarono tuttavia i primi veri problemi: i familiari dei seguaci della setta cominciarono a rivolgersi alla polizia per far tornare a casa i propri congiunti, mentre indagini giudiziarie scoprirono le frodi fiscali, le torture e i sequestri di persona che si verificavano abitualmente all’interno della congregazione.
Messo sotto accusa da più parti e sentendosi braccato, Jones prese segretamente accordi con il governo della Guyana per ottenere alcuni lotti di terreno nella giungla: così, nell’estate del 1977, più di mille persone si trasferirono nella nuova Terra Promessa e diedero vita a Jonestown, la comune della setta del Tempio del Popolo.
In seguito alle varie indagini, nel 1978 il deputato californiano Leo Ryan si recò in visita a Jonestown insieme a un gruppo di giornalisti per verificare cosa accadesse realmente nella comunità. Il giorno seguente, quando Ryan lasciò i terreni per fare ritorno a casa, diversi membri del Tempio che volevano abbandonare la comune salirono a bordo del camion della delegazione per seguirlo negli Stati Uniti. Alcuni tra i membri della comunità di Jonestown tentarono un primo attacco al veicolo poco prima che si allontanasse, ma senza successo. Il secondo tentativo si verificò sulla pista di decollo da cui Ryan sarebbe dovuto partire: cinque persone, tra cui Ryan e tre membri della stampa, furono uccise, mentre undici rimasero ferite. Poco dopo, via radio, Jones avrebbe promulgato l’ordine di “suicidio rivoluzionario”, che prevedeva l’assunzione di una bevanda alla frutta “arricchita” di cianuro, tranquillanti e sedativi: salì sull’altare e ordinò ai fedeli “il supremo sacrificio per la religione e il comunismo”, per “difendersi dall’imminente invasione delle forze del Male”. Il composto letale venne dapprima somministrato ai bambini e successivamente assunto dagli adulti. Meno di 100 membri del Tempio in Guyana sopravvissero al massacro: alcuni avevano disertato quello stesso giorno, altri si trovavano a Georgetown.
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Jones aspettò che tutti esalassero l’ultimo respiro per spararsi un colpo di pistola alla tempia: attorno a lui rimasero i cadaveri di 911 persone, il più grande suicidio di massa nella storia.
In seguito, le autorità scoprirono un deposito di armi da fuoco, centinaia di passaporti e oltre 500.000 dollari. Altri capitali sarebbero stati depositati su conti bancari all’estero. Il Tempio del Popolo si è effettivamente sciolto dopo il massacro, e ha dichiarato bancarotta alla fine del 1978.
Chi sono i Brian Jonestown Massacre
Band neo-psichedelica originaria di San Francisco, California, è conosciuta per il “riuso creativo”: ricontestualizza immagini, suoni, in un pastiche che rievoca sonorità passate arricchite di nuove, vibranti e trascinate immagini paranoiche, talvolta sognanti, lontane nel tempo, provenienti da un mondo altro, distante.
Il nome del gruppo ne è un ottimo esempio: un tributo a Brian Jones – chitarrista dei Rolling Stones tragicamente morto per annegamento nel ’69 – unito al nome del più grande suicidio di massa della storia: il massacro di Jonestown.
In realtà il nome molto lungo della band sembra essere stato scelto principalmente per rompere con la pratica molto comune alla fine degli anni Ottanta e dei primi anni novanta di dare alle band nomi corti e in genere composti di una sola parola (come Blur, Loop, Ride, Nirvana, etc).
Dopotutto, Anton Newcombe è un tardo hippie anarcoide, nato a Los Angeles ma trasferitosi a San Francisco nel 1989, invasato di musica psichedelica degli anni ’60 e in particolare di gruppi britannici dell’epoca. Forma i Brian Jonestown Massacre nel 1990, con Dean Taylor e Jeff Davies alle chitarre, Joel Gion alle maracas, ma nell’arco di dieci anni circa quaranta musicisti si alternano nella “comune” di Anton.
Il gruppo inizia a conquistare successo con una serie di singoli, “Evergreen/She Made Me” (Tangible, 1993), “Convertable” (Tangible, 1993), “Acid” (Tangible, 1994), “Hide And Seek” (Tangible, 1995), che fanno pensare soprattutto alle melodie oblique di Donovan e Syd Barrett, e ai primi rozzi singoli dei loro idoli Stones. Il cofanetto di sei singoli, The Tangible Box (Tangible, 1994), diventa un oggetto di culto, anche se dimostra più che altro l’imperizia primitiva strumentale del gruppo, capricciosamente invaghito di tutto ciò che produce suoni, dai sintetizzatori, ai flauti, alle percussioni di ogni tipo.
Methodrone (Bomp, 1995) è un’enciclopedia monumentale, 72 minuti di suoni psichedelici in sequenza. Ma – forse più per caso, o per effettiva inettitudine, più che per autentica volontà – i BJM si differenziano dagli altri gruppi del revival psichedelico in quanto il loro approccio non è oleografico ma quasi approssimativo, sgraziato, disordinato: quello dei BJM è, in definitiva, un punk psichedelico.
Il successivo EP, Spacegirl And Other Favorites (Candy Floss, 1995) risulta ancor più opulento in termini di droni e litanie. Incidono i singoli “Feelers” (Tangible, 1996), “Never Ever” (Stanton Park, 1996) e “Colt To The Touch/Anemone” (Candy Floss, 1996) prima di pubblicare altri due album, Take It From The Man (Bomp, 1996), un saggio di citazione dei classici britannici della fine dei ’60, e Their Satanic Majesties’ Second Request (Bomp, 1996), capolavoro definitivo della band registrato peraltro quasi interamente dal solo Newcombe.
Con il sesto album, Give It Back (Bomp, 1997), il pellegrinaggio sonoro di Newcombe raggiunge la maturità. L’album esce sull’onda della fama negativa che il gruppo si guadagna con una serie di turbolenti concerti (vari esempi ben visibili nel docufilm Dig! del 2004, che tratta anche la famosa bagarre coi Dandy Warhols), al termine dei quali Newcombe (responsabile purtroppo della maggior parte dei problemi) perde quasi tutti i compagni.
Tra i lavori usciti negli ultimi anni, invece, forse il più notevole è proprio quello recentissimo, pubblicato nel 2017 dopo Third World Pyramid: Don’t get lost, dove suoni spaziali, ufo e droni si prestano alle sonorità più scure esplorate dalla band in tutta la sua produzione.
I BJM tornano proprio oggi in Italia grazie a DNA Concerti per due date – una questa sera a Milano, già sold out, nella Santeria di Viale Toscana – per presentare Something Else, il primo dei due album che la band pubblicherà nel 2018 su label A Recordings. L’album è stato registrato e prodotto presso i Cobra Studio di Anton Newcombe a Berlino.
Vi abbiamo preparato una playlist per arrivare preparati al concerto di stasera.