in copertina: foto di Hilda Clayton, uccisa pochi istanti dopo averla scattata, insieme a 4 soldati afghani
Questo è Click, World!, la nostra rassegna quindicinale di cultura fotografica. Ogni settimana, un pugno di link, le mostre da visitare e qualche reportage online.
Avevamo avuto modo di anticiparvi che la nomina dei finalisti del World Press Photo quest’anno sarebbe stata diversa da tutte le edizione precedenti. Sino ad oggi, la 61° edizione del Premio di fotogiornalismo più importante al mondo, si è svolta con l’assegnazione diretta del Premio da parte della giuria. (via The Submarine)
Il 14 febbraio sono stati resi noti i fotografi nominati in ogni categoria del WPP. Ne sono stati selezionati sei per ognuna delle otto categorie: quest’anno è stata introdotta per la prima volta la sezione Ambiente. Le fotografie che hanno avuto accesso alla finale sono state scelte tra ben 73044 foto, scattate da 4.58 fotografi provenienti da 125 paesi. (via Internazionale)
Il WPP può vantare questi numeri, in continua crescita, soprattutto dagli anni 2000; durante la prima edizione furono sottoposte alla giuria solo 300 fotografie. (via WPP)
Tornando alle nomination, qualcuno ha giustamente provato ad analizzare i criteri di scelta della giuria, avendo a disposizione non solo una foto ma l’intero set dei finalisti. Michael Shaw osserva come non siano presenti donne e come le immagini che concorrono a rappresentare il WPP siano impersonali e fatalistiche, non sono in grado di offrire spunti di riflessione, di instillare dubbi e domande all’osservatore. (via Reading the pictures).
Bisogna comunque tenere presente che la giuria era composta da nove donne e otto uomini, e insieme hanno decretato la nomina di sei uomini. Questo è successo nonostante gli sforzi della Fondazione per attrarre quanto più possibile la fetta di mercato al femminile, coinvolgendo anche Women Photograph, l’organizzazione guidata dalla fotografa Daniella Zalcman, che ha fornito supporto ai membri che avevano intenzione di partecipare al Premio.
Magdalena Herrera, la presidente di Giuria, ha dichiarato “sarebbe stato fantastico avere una presenza maggiore di donne nella categoria news perchè è sempre importante avere differenti punti di vista”, e prosegue “ma il fatto è che mentre ci sono sempre più donne che lavorano su progetti a lungo termine, la fotografia di guerra e il fotogiornalismo rimangono ancora al maschile”. (via New York Times)
Possiamo inoltre dire che la mancanza di presenza femminile per il premio più ambito, che solitamente va ad un lavoro di news, può riflettere anche la scarsa affluenza, ferma al sedici percento.
Se volete approfondire meglio fotografo e fotografia, il British Journal of Photography ha realizzato delle brevi interviste con ognuno di loro. Vi raccontiamo brevemente cosa raccontano le sei fotografie qui sotto.
Adam Ferguson, ritratto di ragazza rapita da Boko Haram in Nigeria, scappata dal destino che le era stato assegnato dall’organizzazione criminale, ovvero suicidarsi in un agguato. Adam Ferugson spiega il motivo del suo scatto ovvero la differenza tra uno scatto posato –il suo- ed uno in azione, più tipico di questo tipo di fotografie.
Ivor Prickett ha ricevuto ben due nomine: la prima per una foto che ritrae un bimbo tratto in salvo nella città vecchia di Mosul dalle Forze speciali irachene; la seconda ritrae due file parallele di donne e di uomini in attesa della distribuzione di aiuti, sempre a Mosul. Le due fotografie di Prickett, insieme a quella di Ferguson, sono state realizzate per il New York Times, che può dirsi pertanto già soddisfatto del risultato.
Patrick Brown si è dedicato invece alla situazione dei Rohingya. Nella foto finalista vengono ripresi i corpi stesi a terra di alcune delle vittime del naufragio di una barca partita del Myanmar in direzione Bangladesh. Il fotografo racconta come il suo unico pensiero, mentre si recava sul posto, era quanto potesse essere terribile la loro situazione di partenza per voler attraversare la Baia di Bangla nella stagione dei monsoni.
Ronaldo Schemidt, venezuelano, è stato nominato per una fotografia che riguarda il suo paese natale. Ritrae un uomo mentre corre avvolto dalle fiamme, durante una manifestazione contro il presidente Nicolas Maduro a Caracas.Schemidt afferma: “non ho smesso di scattare fino a quando non ho capito cosa stava succedendo. C’era qualcuno in fiamma che correva verso di me”.
Toby Melville ha vinto invece per una storia che riguarda l’Europa. Di Melville è stata nominata una fotografia che riprende gli istanti seguenti all’attacco terroristico avvenuto a Londra, quando un’auto, alla guida Khalid Masood, ha investito diversi passanti sul ponte di Westminster. Avevamo avuto modo di parlare delle immagini che avevano usato i giornali il giorno dopo l’attacco qui su The Submarine. (tutte le interviste riprese da The British Journal of Photography)
Chi sono invece gli italiani nominati, tra tutte le categorie?
Giulio Di Sturco è nominato per la categoria “Contemporary Issues” con il lavoro More than a woma. Realizzato in Asia, riguarda il turismo medico. Luca Locatelli si trova tra i nominati per la categora “Environment” con il lavoro Higher solutions, realizzato in Olanda nella “Food Valley”, dove si trovano start-up che si occupano di innovazione tengologica nel campo dell’agricoltura, per ridurre l’utilizzo di acqua così come pesticidi chimici ed antibiotici. Francesco Pistilli, con “lives in limbo” un reportage sulla vita dei migranti sulla rotta balcanica. Pistilli è nominato per la categoria “ General News”. Nella categoria “People” troviamo un ritratto di donna, ferita da una esplosione di una bomba in Kirkuk, Iraq, realizzato da Alessio Mamo. In ultimo Fausto Podavini con il lavoro “Omo Change” per la categoria “Long-term projects”, che abbiamo avuto anche tra le nostre pagine quando abbiamo parlato del Festival della Fotografia Etica di Lodi. Il suo è un lavoro sulla regione Omo, in Etiopia, dove duecento mila persone sono soggette a forti cambiamenti in seguito alla costruzione di una diga.
L’intenzione dell’organizzazione è quella di trovare un contratto televisivo così da poter trasmettere in mondo visione quella che diverrebbe una notte degli Oscar della fotografia. I vincitori saranno comunicati il 12 aprile.
La nostra selezione di mostre
Artico, ultima frontiera.
Triennale, Milano. Fino al 25 marzo 2018
Alessandro Gandoli, Antipodes. Two Faces one Europe
Officine Fotografiche. Fino al 16 marzo
André Kertész, Un grande maestro della fotografia del Novecento
Palazzo Ducale, Genova. Fino al 17 giugno
Rassegna stampa
Una analisi storico-iconografica dell’uomo qualunque, attraverso esempi dei tipi ripescati dalla pittura, la scultura, il fumetto, la fotografia (via Doppiozero)
Clara Mazzoleni approfondisce Araki, uno degli autori più controversi e prolifici della storia della fotografia contemporanea (via Rivista Studio)
Non dite che non ci avete mai pensato! Ikea ha coinvolto 6 fotografi, in collaborazione con Hasselblad, perrealizzare una raccolta di immagini che, nelle parole di Marcus Engman di Ikea “mirano a dare ispirazione alle persone per continuare a catturare il mondo, offrendo allo stesso tempo fotografie straordinarie a chi desidera rendere unica la propria casa”. Saranno disponibili da Agosto 2018 (via Petapixel)
Abbiamo ormai capito che i telefoni saranno sempre più reflex. Ma quando arriverà il momento in cui tutto ciò si realizzerà? (via Hwupgrade)
La smania di trovare icone a tutti i costi. (via The Globalist)
Reportage online
James Nachtwey, Time.
The Opioid Diaries, un viaggio per l’America durato un anno, in cui il fotografo e il direttore della fotografia della rivista raccontano l’epidemia peggiore nella storia americana. Si registrano ben 64.000 vittime all’anno per overdose.
Michal Iwanoski, Calvert Journal.
Un viaggio di 2200km in solitaria, sulle trace del viaggio che il nonno del fotografo fece nel 1945 per fuggire da un gulag, in direzione casa. Un racconto che cerca di coniuguare paesaggio e memoria.
Libri
Dopo quattro anni torna RVM, rivista quadrimestrale cartacea indipendente (Rosy Santella, Internazionale)
È uscito Confine, il libro di Emanuele Amighetti e Mattia Vacca. Il libro è un racconto collettivo su come una stazione ferroviaria, a Como, sia diventata un campo rifugiati. (Delicious Editions)
Alla prossima! ??