in copertina, foto CC Friends of Europe
Dall’educazione rigorosa agli scontri col CEO di Apple, passando per la scultura a forma di dito medio che tiene nel suo ufficio. Ritratto della commissaria europea divenuta famosa per le multe inflitte ai giganti del web. E che Macron vorrebbe alla guida della prossima Commissione Ue.
Bruxelles – Il suo ufficio si trova al decimo piano del Berlaymont, l’imponente edificio a forma di “X” che ospita la sede centrale della Commissione europea a Bruxelles. Con lei lavora una squadra di circa 900 persone, impegnate a tenere d’occhio il mercato europeo per individuare possibili storture e abusi commerciali. Margrethe Vestager (pronuncia: “Vest-ayer”), 50 anni ad aprile, è Commissaria europea alla Concorrenza; il suo ruolo è di regolare l’attività commerciale nell’Ue: dalla lotta all’evasione fiscale agli aiuti di Stato, passando per il rispetto della concorrenza da parte delle aziende che operano in Europa.
Durante il suo mandato, iniziato nel 2014 come membro del team di Jean-Claude Juncker, Vestager si è data parecchio da fare, mostrando una notevole tenacia, quando il suo lavoro entrava in conflitto con gli interessi delle maggiori corporation del pianeta. Come quando nel gennaio 2016 ha ricevuto la visita del CEO di Apple Tim Cook, arrivato a Bruxelles per discutere il meccanismo delle tasse europee. Secondo le cronache di quell’incontro, Cook avrebbe bruscamente interrotto le domande di Vestager impartendole una “lezione” su come i governi dovrebbero tassare le aziende. Ma lei non si lasciò intimidire: qualche mese dopo la Commissione definì “illegali” i benefici di cui Apple godeva in Irlanda, dove l’azienda ha la sua sede europea, chiedendo a Dublino di recuperare 13 miliardi di euro di tasse non pagate dal colosso californiano. Il provvedimento venne giudicato da Cook “una totale stronzata politica”, ma Vestager non fece una piega.
Oltre al caso Apple, negli scorsi anni la Commissione europea ha inflitto multe salate a Google (€2,4 miliardi) per aver distorto le ricerche su internet favorendo i propri servizi di shopping online e Facebook (€110 milioni) per aver fornito informazioni errate sul trasferimento dei dati degli utenti di Whatsapp, dopo che il potente social network aveva comprato l’app di messaggistica nel 2014. Il team di Vestager ha inoltre chiesto ad Amazon di restituire 250 milioni per aver evaso le tasse in Lussemburgo, e nel suo mirino sono finite multinazionali come Fiat, Starbucks e Gazprom.
“Il mercato non è la società. Per molto tempo ci hanno detto che fosse tutto ciò che contava, ma il mercato esiste per servirci come cittadini. Quando invece il mercato diventa tutto, hai la sensazione che ti stanno truffando di continuo”, ha detto in un’intervista al Guardian. Non si tratta di parole di circostanza o di semplice retorica, Vestager nella sua missione ci crede davvero. Durante la sua più recente conferenza stampa a Bruxelles, ad un cronista che le chiedeva quanto “si divertisse nel suo lavoro”, ha risposto: “Cerco sempre di contenere il mio entusiasmo con voi, penso sia un lavoro straordinario”.
Ma chi era Margrethe Vestager prima di diventare la tenace commissaria europea temuta dalle grandi multinazionali?
Cresciuta ad Ølgod, paesino vicino alla costa ovest della Danimarca, figlia di due pastori protestanti che l’hanno educata con rigore, Margrethe non pensava di diventare un giorno una politica di successo. All’Università di Copenhagen, dove ha studiato economia, partecipava alle assemblee studentesche, ma non voleva che ciò diventasse il suo mestiere. Finché a 21 anni venne contattata dalla Radikale Venstre (“Sinistra radicale”), un piccolo partito liberale di centro-sinistra, per correre alle elezioni nazionali. Lei accettò e la sua vita cambiò per sempre. In breve tempo venne nominata presidente del partito e nel ‘98, a 30 anni non ancora compiuti, diventò ministro dell’Istruzione e degli Affari Ecclesiastici, dopo aver lavorato per il ministero delle finanze.
Nella sua carriera Vestager ha incontrato anche momenti di difficoltà. Alle elezioni del 2007, quando è eletta leader del partito, la Radikale Venstre ottiene soltanto il 5% dei voti. Quando, due anni dopo, i sondaggi davano il partito al 3%, alcuni giornali la bollarono “peggior politica di Danimarca”. Lei però reagì, parlando con tutti ma rimanendo fedele alle sue idee, e il cambio di approccio funzionò: nel 2011 il suo partito sfiorò il 10% dei voti (il punteggio più alto in 40 anni).
La sua determinazione nel lavoro è ferrea, così come la sua filosofia nell’affrontare i conflitti che possono sorgere da esso. Nel suo ufficio a Bruxelles, Vestager ha una scultura di ceramica con un dito medio sollevato, la chiama il “Fuck finger”. Le venne consegnato da alcuni sindacalisti danesi, furibondi per la sua scelta di abbassare i sussidi di disoccupazione. Lei non solo non l’ha gettata, ma ha deciso di tenerla vicino come “monito che le decisioni non possono piacere a tutti.”
Non è il solo aneddoto particolare nella carriera della commissaria, alla quale sembrano essersi ispirati gli autori della acclamata serie tv “Borgen”, equivalente nordico di “House of Cards”. Mentre era ministro dell’Economia, nel maggio 2014, Vestager presentò un piano di crescita dell’economia danese che venne criticato dal leader dell’opposizione Lars Lokke Rasmussen (attuale premier danese), perché “troppo piccolo”. Lei rispose con una battuta spiazzante: “Sono un po’ cauta quando sono gli uomini a fornire giudizi sulle dimensioni. Io sono più interessata agli effetti, ma capisco che possa trattarsi di una prospettiva femminile”.
Il suo mandato scade nella primavera 2019, quando si terranno le elezioni del Parlamento europeo. Ma non è detto che la sua carriera continui lontano da Bruxelles. Pare che il presidente francese Emmanuel Macron, che vede in lei la perfetta rappresentante di un’Europa che protegge i suoi cittadini dagli eccessi della globalizzazione, la vorrebbe come prossimo presidente della Commissione. Dal canto suo, Vestager ha dichiarato in una recente intervista ad un quotidiano belga che le piacerebbe ottenere un secondo mandato per poter continuare il suo lavoro. La sua conferma a commissaria alla concorrenza è tuttavia difficile per questioni di politica interna, dato che il suo partito si trova all’opposizione (con soltanto otto seggi in parlamento), e di equilibri in seno alla Commissione Ue: mai ad un commissario è stato assegnato due volte lo stesso incarico. Una cosa, tuttavia, è certa: di lei sentiremo ancora parlare.
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