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Aggiornamento, 6 dicembre 2017, ore 20:27

Trump ha formalmente riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele. In un lungo discorso nella Diplomatic Reception Room Trump ha chiamato la decisione una “semplice accettazione della realtà,” sostenendo sia un passo “necessario per raggiungere la pace.”

Precedenti anticipazioni avevano rassicurato che Trump non avrebbe confermato invece il trasferimento dell’ambasciata statunitense, ma al contrario il presidente degli Stati Uniti ha annunciato di voler procedere con lo spostamento. Il trasferimento richiederà comunque alcuni anni, perché non ci sono ancora strutture pronte ad accogliere l’ambasciata.

Trump non ha in ogni caso usato l’aggettivo Gerusalemme “unita,” un’espressione utilizzata solitamente espressamente in funzione anti-palestinese, ma il danno potrebbe essere ormai già fatto, dicono Jennifer Williams e Sarah Wildman di Vox: per il resto del mondo questa amministrazione appare irrevocabilmente allineata con il governo iper-conservatore di Netanyahu.


Aggiornamento, 6 dicembre 2017, ore 18:53

La Casa Bianca ha confermato ad Axios che l’annuncio di oggi non danneggerà il lavoro svolto da Kushner in Medio Oriente. Sebbene in dichiarazioni precedenti la portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders avesse fermamente sostenuto che la decisione di Trump non fosse stata bocciata dai leader di tutto il mondo, la Casa Bianca ora vorrebbe ribaltare la narrativa, sostenendo che la decisione di Trump di proseguire malgrado la pioggia di lamentele sarebbe il comportamento di un leader “che non si fa spaventare da minacce e pressioni internazionali.”


È atteso nelle prossime ore l’annuncio da parte degli Stati Uniti del riconoscimento ufficiale di Gerusalemme come capitale di Israele.

Si tratterebbe di un annuncio estremamente grave, antagonista alla rivendicazione dei palestinesi di voler porre a Gerusalemme Est — occupata dal 1967 — la capitale del proprio futuro stato.

Il clima è così disteso nella West Bank che il governo statunitense ha consigliato loro di non recarsi nella Città vecchia finché il presidente non avrà annunciato la propria posizione.

La missione statunitense per ora, in ogni caso, resterà a Tel Aviv — ma solo perché la scadenza del decreto che la posiziona è imminente, e per ragioni burocratiche sarebbe complicato muoversi su entrambi i fronti.

Di fatto tutti gli alleati degli Stati Uniti hanno preso le proprie distanze dalla posizione che si immagina Trump prenderà nelle prossime ore, ma l’amministrazione non è nuova a strappi internazionali prima impensabili, come quando si è ritirata dagli accordi climatici di Parigi. Si tratta di una posizione così oltranzista, però, in questo caso, che perfino il segretario spettinato e razzista agli affari esteri del Regno Unito Boris Johnson ha espresso preoccupazione in materia. Il portavoce del governo turco ha espresso la propria preoccupazione con parole leggere: la decisione “getterebbe la regione e il mondo in uno scontro interminabile.”

Trump è da tempo allineato con chi crede che l’unica soluzione pacifica per la crisi israelo-palestinese sia di spingere verso una soluzione di stato unico — Israele. Si tratterebbe a tutti gli effetti di uno stato di apartheid.

Riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana è un passo importante per cercare di alienare la causa palestinese a livello globale, rendendo lo scenario di uno stato unico, dove una comunità sarebbe sostanzialmente priva di diritti, molto piú vicino alla realizzazione.

La posizione particolarmente muscolare sul tema non deve sorprendere: il genero di Trump, Jared Kushner, che è in questo momento al centro delle indagini del procuratore speciale Mueller, solo lo scorso anno ha raccolto 2 milioni di dollari per la cura di uno stanziamento legato all’estrema destra israeliana nella West Bank.

Riconoscere Gerusalemme capitale è una posizione che non trova supporter solo nella destra repubblicana, ma anche in alcuni frangenti democratici, tra cui il leader dell’opposizione al senato Charles Schumer, che addirittura si è esposto nel consigliare a Trump di riconoscere non semplicemente Gerusalemme ma “Gerusalemme unita,” esplicitando la propria posizione muscolare contro la comunità palestinese.