Per rappresentare adeguatamente, con dignità, davvero la vita di Van Gogh bisogna farlo con il suo mezzo: l’olio.
Dopo un lavoro meticoloso e che sfocia nella follia lungo quasi sette anni, il progetto Loving Vincent, di cui vi abbiamo già parlato a inizio anno, è finalmente arrivato in porto.
Una gestazione che anche da fuori è apparsa difficoltosa, ardua quanto l’idea stessa: per rappresentare adeguatamente, con dignità, davvero la vita di Van Gogh bisogna farlo con il suo mezzo: l’olio.
L’obiettivo di Dorota Kobiela e Hugh Welchman, le forze sovrumane dietro il film coprodotto dalla polacca BreakThru e Trademark, sembrava impossibile. Dipingere singolarmente ogni fotogramma del film, usando set interamente in green screen e mo–cap di riferimento per una squadra di centoventicinque pittori, che in questi anni hanno realizzato, sì, più di 65 mila dipinti.
Dipinti veri: così veri che alcuni, i più significativi, i più unici, sono in vendita come tele.
Sembrava inevitabile, osservando quanto veniva rivelato — col contagocce — durante la produzione, vedere inesorabile la “compromissione” del sogno di Kobiela e Welchman, con un’avanzata che sarebbe dovuta essere incontrastata: quella della computer grafica, per “finire” il film. Invece la produzione ha continuato a lavorare a testa bassa, ben oltre i tempi che si erano originariamente promessi, per realizzare la propria visione originaria.
Il risultato è, inutile dirlo, mozzafiato. E il film, al pubblico di Annecy, dove si è tenuta la première, è piaciuto un sacco.
E, come si dice, l’attesa è finita. Venerdì 22 settembre il film uscirà a New York, per poi essere distribuito in tutti gli Stati Uniti nei mesi di Ottobre. In Italia il lancio sarà gestito da Adler e Nexo digital.