L’obbligo di vaccinazione è legge, mentre Roma è scossa da manifestazioni di chi chiede di non far vaccinare i propri figli. I due lati del dibattito sembrano ormai completamente incompatibili: ma è una situazione insostenibile, che dobbiamo risolvere.
Un po’ dal nulla, la questione della “libertà vaccinale” è entrata a pieno diritto quest’estate tra i grandi temi della politica italiana, e dopo l’approvazione del nuovo decreto legge Lorenzin abbiamo la garanzia che sarà uno dei punti piú caldi della prossima campagna elettorale — insieme all’emergenza rifugiati e allo stipendio di cittadinanza.
Un po’ dal nulla, perché tantissimi dei dubbi sollevati dal movimento free vax / no vax / anti vax sono leggende metropolitane della scorsa decade resuscitate in maniera posticcia dall’internet italiano, e perché lo Stato non è stato in nessun modo in grado di spiegare perché stesse prendendo in considerazione misure emergenziali. Ad esempio: l’emergenza, c’è?
Ne abbiamo parlato con Alessandro Conte, coordinatore per la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della realizzazione di Dottore, ma è vero che, un portale di informazione contro le fake news sanitarie, dalle cure miracolose per i tumori al problema sulla presunta nocività dei vaccini.
Ma prima, cerchiamo di chiarire il contesto in cui si è sviluppata quella che è prima di tutto una crisi sociale.
L’origine del terrore per i vaccini ha quasi vent’anni: la storia inizia nel 1998 nel Regno Unito quando Andrew Wakefield pubblica uno studio fraudolento in cui correla la comparsa dell’autismo con l’assunzione del vaccino trivalente per morbillo, parotite e rosolia.
Oggi sappiamo la verità: Wakefield progettava di lanciare un’attività “medica” commerciale che avrebbe dovuto offrire test di “sanità” a bambini che erano stati vaccinati. Ma all’epoca, in perfetta concomitanza con le accuse di Wakefield, un alterco tra il Centro per il controllo malattie e l’agenzia per l’amministrazione di cibo e medicine contribuisce alla diffusione dell’idea che i vaccini, ammesso funzionino, potrebbero essere nocivi.
Da allora l’idea che i vaccini fossero qualcosa di dubbio non ha fatto altro che diffondersi, entrando irrimediabilmente nella costellazione delle credenze diffuse online.
La medicina non accetta compromessi al riguardo. I rischi, in caso di inoculazione del vaccino, sono microscopici: si parla di reazioni allergiche in un caso ogni milione di somministrazioni. I numeri delle malattie, indubbiamente, fanno piú paura. “Purtroppo lo scenario presente è perfettamente in linea con la letteratura,” ci dice Conte, “che afferma che il virus del morbillo causi in media un morto ogni mille casi. Quest’anno in Italia i casi sono stati finora 3672 — e i morti tre.”
“Il campanello d’allarme è suonato un paio di anni fa,” esordisce al telefono Conte, “si è cercato non in maniera omogenea di spiegare il problema, ma poi lo spazio comunicativo si è ridotto mentre l’evoluzione della questione è diventata frenetica, e adesso protagonista dell’agenda politica.”
Abbiamo chiesto a Conte come doveva essere spiegata l’emergenza della copertura dei vaccini in Italia.
“Che da un certo punto di vista ci possa essere stata l’impressione che si tratti di un atto quasi di forza lo posso capire. In tanti momenti si sono spese risorse in comunicazione come presidio, e il messaggio è stato inascoltato. Ma arrivati a questo punto la situazione imponeva una soluzione rapida: fuori dal paese l’emergenza è percepita, non è un caso se il Ministro degli Esteri irlandese avvisa i turisti di fare attenzione se viaggiano in Italia.”
Com’è successo che la “libertà vaccinale” è diventata uno degli argomenti principali del dibattito politico, con un supporto trasversale nella popolazione?
L’“impressione di un atto quasi di forza,” di cui giustamente parla Conte, è il risultato di uno dei fallimenti comunicativi piú tragici degli ultimi anni. Il crollo delle vaccinazioni in Italia, iniziato nel 2012, è perfettamente riconducibile all’esplosione dell’informazione attraverso i social network, e negli anni immediatamente successivi a quel fenomeno di iper-polarizzazione che osserviamo quotidianamente per ogni argomento politico. Sono le conseguenze della comunicazione barricadera del “burionismo,” battezzata in onore della virulenza (?) di linguaggio del professor Roberto Burioni, che, con la propria aggressività, ha regalato una nemesi alle parti più radicali del movimento anti–vax, e ha compattato opinioni più moderate verso le cerchie delle pseudoscienze.
È proprio la diffusione di informazioni non controllate e mai verificate che ha portato l’argomento anti-vax nei telefoni e poi nelle teste di tante persone. Il movimento è cambiato. Visto nel 2012 o nel 2014 poteva sembrare quasi caricaturale, fermo su leggende metropolitane letteralmente del secolo scorso, ma dimentico degli orrori — come quello della polio, “manca la memoria storica dell’importanza degli atti di protezione” dice Conte. Oggi, foss’anche solo per puro numero di aderenti e simpatizzanti, il movimento merita di essere riconosciuto come molto piú eterogeneo, e di essere affrontato con serietà, e non con boutade che facciano piacere solo a chi è già d’accordo con una delle cause.
Il problema, oggi, però, potrebbe essere non piú risolvibile: la polarizzazione è tale che il semplice riferire dati Oms costituisce a buon titolo un trigger warning per chi ha imparato a diffidare della comunicazione medica.
Questo è, in sostanza, il problema centrale della situazione comunicativa, soprattutto via internet: non si può considerare il movimento anti vax / free vax / no vax — che sono tutte cose diverse — come un qualsiasi altro agglomerato d’opinione politica retrograda, non è una posizione politica, è una convinzione — una credenza — e come tale va affrontata: non per sconfiggerla, ma nell’ambito del dialogo, al di fuori delle proprie roccaforti.
“L’Italia è il quartultimo paese europeo in ambito di health literacy, di alfabetizzazione sanitaria.” ci dice Conte. “Mancano gli strumenti per l’autonomia di giudizio nella popolazione, ed è naturale per i professionisti del settore chiudersi a riccio, vedersi così messi in discussione da fonti inattendibili, da pseudoscienze. Al contrario, dobbiamo imparare a comunicare in maniera nuova per rimanere fedeli al nostro compito di tutela della popolazione.”
Una soluzione, secondo Conte, c’è: “Semplicemente lavorare sulla demistificazione delle notizie è controproducente, perché si alienano le persone, chiuse in una cerchia convinta. Ci resta una risorsa preziosa: il rapporto medico/paziente. Nel portale a cui stiamo lavorando, “Dottore ma è vero che”, saranno presenti anche strumenti per i medici e gli addetti ai lavori. Serve svolgere un lavoro di pre–addestramento, in modo che chi è vicino alle persone possa rispondere immediatamente ai loro dubbi: con chiarezza e con materiali illustrativi, non con tracotanza e soprattutto senza nemmeno attendere un attimo. Quei pochi istanti di incertezza purtroppo sono potentissimi.”
Manca comunque, in Italia, un’educazione alla sacralità del metodo scientifico e alla fiducia nella scienza. Un altro fronte d’emergenza figlio della cosiddetta libertà vaccinale, e di possibili conseguenti epidemie, è la deriva in argomenti politicizzati pericolosissimi. Già quest’anno abbiamo assistito a panico diffuso sulla notizia falsa, razzista, e volgare che i migranti sarebbero la causa di nuove epidemie di malattie infettive. Non osiamo pensare quanto queste idee potrebbero diffondersi se epidemie fossero effettivamente in corso.
Vaccinare o meno i propri figli è una questione di credenza, dicevamo, perché non direttamente collegabile a dati universalmente considerati reali. Vivendo nel paese che ospita il Vaticano, è impossibile non ammettere che siano credenze lecite, quelle non legate a dati universalmente considerati reali. E se vogliamo avere una speranza di funzionare come società multiculturale, questo è un pilastro fondamentale.
In molti paesi degli Stati Uniti è possibile non vaccinare un figlio semplicemente compilando un PBE, un Personal Belief Exemption, ma la norma è fortemente discussa, ed è stata ritirata anche nella ultra-liberal e new age California.
Per concludere, superando i termini anti vax / free vax / no vax, bisogna valutare la questione della “libertà vaccinale.” È OK credere che i vaccini siano una cosa poco raccomandabile, ma è OK pretendere che le leggi dello Stato si pieghino a questa credenza? E soprattutto: è corretto chiamare libertà qualcosa che così pesantemente può incidere sulla vita del prossimo? Che la copertura per molte malattie in Italia sia sotto quel 95% che garantisce l’“immunità di gregge” è un dato di fatto. La decisione di inquadrare il problema come una “libertà” è un vizio di forma: l’espressione è stata scelta perché comunica positività e non opposizione, ma è un’espressione che viene con tutto il suo bagaglio di conseguenze. Libertà esiste solo in merito ai propri stessi limiti, ma non ci è chiaro come il problema delle vaccinazioni possa essere misurato in questo contesto: o si è vaccinati o no, o ci sono rischi sanitari per il prossimo, o no.
A prescindere da cosa si creda — e se si è convinti che la legge appena approvata sia corretta — qualsiasi risultato e qualsiasi evoluzione, da qui in poi, è garantito non piacerà a nessuna delle due parti, con pericolosissime conseguenze sanitarie, sociali e politiche.
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