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tutte le foto: Stefano Santangelo

Siamo stati dentro la galleria abbandonata che collega viale De Gasperi a via Gattamelata, in zona Portello. Doveva aprire a maggio, dopo anni di rinvii. Probabilmente non aprirà mai.

Da quando lo stabilimento cittadino dell’Alfa Romeo è stato definitivamente dismesso, nel 1986, l’area che lo ospitava — collocata a nord-ovest di Milano, a cavallo della circonvallazione esterna — ha visto mutare radicalmente la propria fisionomia.

Al posto della fabbrica — teatro delle riprese di Nirvana di Gabriele Salvatores nel 1995, demolita completamente nel 2004 — sorgono ora un centro commerciale, una piccola area verde e un gruppo di condomini residenziali. Poco più a sud, i quattro padiglioni rimasti della vecchia Fiera sono già uno scheletro del passato: ai piedi della muraglia che disegnano lungo viale Scarampo crescono a vista d’occhio i tre grattacieli del nuovo quartiere City Life, a far concorrenza al tanto celebrato skyline di Garibaldi-Isola.

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In mezzo, appena al di qua della circonvallazione, si apre piazza Gino Valle, intitolata all’architetto (morto nel 2003) artefice della riorganizzazione complessiva di tutta l’area: una gigantesca spianata di cemento che ospita tre sghembi palazzoni trapezoidali, le nuove sedi del Milan, di LG e del gruppo assicurativo Vittoria — che dà il nome all’intero isolato: Parco Vittoria, anche se non c’è quasi l’ombra di un albero.

Proprio a destra dell’ingresso di Casa Milan, sull’orlo di una rotonda, c’è un buco.

È lo sbocco del famigerato tunnel che dovrebbe unire l’incrocio tra via Gattamelata e viale Teodorico alle autostrade del nord-ovest, A4 e A8, tramite viale Alcide De Gasperi. Costato complessivamente quasi 120 milioni di euro, il piccolo traforo — un chilometro e mezzo, di cui 970 metri in galleria — a dieci anni dall’inizio dei lavori è completamente abbandonato.

Lo svincolo era stato pensato sedici anni fa per far defluire più facilmente il traffico verso la Fiera, a quel tempo ancora in piena attività. Un progetto discutibile sin dall’inizio: come si vede dalla mappa, la deviazione è minima rispetto all’asse De Gasperi-Scarampo, oltre che probabilmente più scomoda, a meno che non s’inverta il senso di marcia di via Gattamelata (che è opposto a quello di uscita dal tunnel), rivoluzionando la viabilità di tutto il quartiere.

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Il progetto discutibile diventa del tutto inutile quando, nel 2005, viene inaugurato il polo fieristico di Rho-Pero, con la progressiva dismissione dei padiglioni cittadini. Il bando per la sua realizzazione era stato emesso un anno prima, sotto Albertini. I lavori iniziano un anno dopo, a settembre 2006. A quel punto l’unica ragione per cui qualcuno dovrebbe utilizzare il tunnel è portare più in fretta i bambini nella scuola elementare di quartiere, proprio in via Gattamelata.

Ciononostante, nel 2009 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti versa la propria quota, già impegnata nella legge finanziaria del 2003, di 24 milioni di euro: l’atto viene celebrato con la consegna al sindaco Letizia Moratti, da parte dell’allora sottosegretario Mantovani, di un grosso assegno simbolico su cui campeggia la faccia di Silvio Berlusconi. La fine dei lavori, inizialmente prevista per il 2010, viene rinviata di anno in anno, per colpa di sei modifiche apportate in itinere al progetto, una bonifica sui terreni — per cui sono stati scavati 600 mila metri cubi di terra — e un contenzioso aperto tra il Comune (tramite MM) e l’impresa costruttrice, che chiedeva 60 milioni in più per terminare i lavori. Il cantiere viene abbandonato a più riprese tra il 2012 e il 2013.

La Torre Allianz, il primo dei tre grattacieli di City Life completato.
La Torre Allianz, il primo dei tre grattacieli di City Life completato.

La giunta Pisapia ha sempre sottolineato di aver ereditato dalle amministrazioni precedenti un’opera inutile e dannosa. A giugno 2013, l’assessore alla mobilità Pierfrancesco Maran partecipa a un sopralluogo nel cantiere e dichiara: “Quel tunnel ha perso qualsiasi utilità da oltre quindici anni, ma non è mai stato fermato da nessuno”. Ma perché non è mai stato fermato da nessuno? Perché uno studio commissionato dagli uffici dell’assessorato alla mobilità della giunta Moratti — a cui l’idea dei tunnel sotterranei è sempre un po’ piaciuta — aveva dichiarato che l’opera sarebbe stata utile se prolungata fino al quartiere di City Life.

Questo secondo troncone del tunnel, ovviamente, non viene mai né finanziato né progettato. Ma intanto si completa la prima parte: il contenzioso con i costruttori si chiude nel 2014, con l’esborso da parte del Comune di quasi 12 milioni in più, da sommare ai 69 stanziati inizialmente, uniti ai 13 della Regione e ai 24 dello Stato: circa 118 milioni di euro in totale.

Silent Hill.

A settembre 2015, dopo i collaudi estivi, l’inaugurazione è data per imminente, prima per la fine dell’anno scorso, poi per il maggio di quest’anno — ma non se ne fa nulla: i costi di gestione (illuminazione, sicurezza, vigilanza) sarebbero troppo alti — si parla di mezzo milione di euro per il primo anno — e soprattutto non si capisce chi dovrebbe gestire il sottopasso, se il Comune o un privato. La prossima giunta, probabilmente, dovrà far partire una nuova gara d’appalto.

Ad aver guadagnato qualcosa da questo magistrale esempio di speculazione e sperpero di denaro pubblico — nonché vero e proprio disastro urbanistico — è probabilmente soltanto l’impresa costruttrice, la Ics di Claudio Salini, noto costruttore romano, morto tragicamente a settembre scorso schiantandosi con la propria auto contro un albero. Sul sito della ditta lo stato dei lavori risulta “completato” (e si parla anche del secondo lotto, quello fino a City Life, come di cosa prossima e fattibile). Lo stesso si legge anche in tutti gli articoli che si sono occupati della questione.

In realtà sembrano mancare ancora parecchie rifiniture: oltre a sacchi di cemento, mattonelle e blocchi divisori abbandonati qua e là, devono essere ancora montati tutti gli idranti di sicurezza; in più punti si notano gravi infiltrazioni d’acqua; le pareti cominciano già a scrostarsi e la vegetazione cresce incontrollata sull’imbocco da via De Gasperi — definito “scenografico” nella scheda dei lavori. A percorrere il tunnel si ha, piuttosto, l’impressione di un set cinematografico post–apocalittico.

L’imbocco da viale De Gasperi.
L’imbocco da viale De Gasperi.

Due svincoli interni (in entrata e in uscita) rimangono sbarrati da una grossa porta metallica, che nasconde un tratto di strada non finito: è quello che avrebbe dovuto condurre direttamente ai parcheggi sotterranei della Fiera. Ora confluisce nella grande voragine cieca che si apre al centro della rotonda di Casa Milan, deposito — da quello che riusciamo a vedere — di altri materiali da costruzione abbandonati.

Sempre in occasione del sopralluogo in estate 2013, Maran aveva lanciato una sorta di appello alla cittadinanza, per trovare qualche idea di riutilizzo del tunnel — ma è difficile trovare un modo sensato di reimpiegare una galleria autostradale che non avrebbe dovuto mai essere realizzata (per il buco sotterraneo dei parcheggi qualche proposta c’è stata: un deposito di auto sequestrate, una galleria — pun intended? — d’arte moderna).

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Dato che la palla passerà alla prossima giunta — la quinta, dall’inclusione del tunnel nel “Progetto Portello” del 2000 — sarebbe interessante captare qualche proposta per il futuro. Mentre l’attuale amministrazione è rassegnata all’apertura (“già che c’è, ormai”), gli accenni fatti durante questa campagna elettorale dal centrodestra sono tutt’altro che rassicuranti: Maurizio Lupi, sostenendo la proposta di trasformare il ponte della Ghisolfa in una “highline verde ciclopedonale”, ha proposto en passant che per deviare il traffico sarebbe utile prolungare il tunnel di via Gattamelata addirittura fino allo scalo Farini.