Non sono molti i politici che nell’ultimo secolo hanno osato avanzare o mettere in atto una proposta simile.
Nel giorno in cui un giudice dà ragione a Marika Cassimatis sulla complessa vicenda delle primarie comunali del M5S a Genova — quelle ribaltate da Beppe Grillo con un romantico “fidatevi di me” — il capo del Movimento ha condiviso sul suo Blog e sul Blog delle Stelle un post in cui si propone di abolire la mediazione sindacale nella dinamica tra imprese e lavoratori.
“Difendere il lavoratore significa anche promuovere forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione, tagliando al tempo stesso i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale. La presenza e l’incidenza del lavoratore nella governance della propria impresa, per il Movimento 5 stelle, va disintermediata.”
Non sono molti i politici che nell’ultimo secolo hanno osato avanzare o mettere in atto una proposta simile. Il principale sindacato italiano per influenza e numero di iscritti, la CGIL, è in attività dal 1906 e ha conosciuto una pausa solo durante il ventennio di dittatura fascista. È proprio in questo periodo storico che il potere ha provato ad accantonare il conflitto tra lavoratori — e i sindacati che li rappresentavano — e datori di lavoro cercando di instaurare uno stato corporativo.
Secondo il corporativismo fascista i lavoratori e i datori di lavoro devono collaborare per il bene dello Stato. I lavoratori e i datori di lavoro fanno parte della stessa corporazione, dovendo ciascuno moderare i propri interessi per il bene della gloriosa Nazione Italica. In quest’ottica i sindacati non hanno motivo di esistere, visto che la lotta di classe – termine che oggi suona vecchio e polverosissimo, ma significa banalmente “i meno ricchi che reclamano i propri diritti” — non è considerata benefica per la patria.
Non sono concetti molto distanti dalla proposta di Grillo. Una limitazione o addirittura una soppressione dei sindacati nazionali avrebbe come effetto la fine dell’unità dei lavoratori, che non avrebbero più un contenitore nel quale far confluire le proprie richieste. Non sarebbero più possibili rivendicazioni espresse da tutti i lavoratori dipendenti italiani — ad esempio, i lavoratori non potrebbero più fare blocco per fermare qualcuno intenzionato ad abolire l’articolo 18 dello Statuto del lavoro, che limita la possibilità delle imprese di licenziare.
Per quanto Grillo non stia proponendo la creazione di uno stato fascista corporativo, sta avanzando una delle premesse perché questo accada: il non riconoscimento dei lavoratori come classe sociale ma solo come partecipanti di una dinamica economica — chiamata azienda — in cui tutti si devono mettere d’accordo per l’interesse dell’azienda stessa, che coincide con quello dello stato — a cui piace e fa comodo che tutti si vogliano bene.
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Togliendo l’intermediazione del sindacato, i lavoratori si dovrebbero rapportare per i fatti propri con i vertici delle proprie aziende, con il risultato di un netto calo del loro potere contrattuale. È il caso di ricordare che i sindacati italiani sono stati decisivi nella conquista di molte delle tutele dei lavoratori dipendenti in vigore ancora oggi — come l’articolo 18, appunto. Per quanto oggi i sindacati non siano forti come qualche decennio o solo qualche anno fa, il loro contributo al benessere del paese è ancora decisivo.
Basti pensare al referendum per l’abolizione dei voucher, proposto dalla CGIL. È bastata la minaccia di andare alle urne — dove i sì all’abrogazione dei voucher, secondo i sondaggi, avrebbero stravinto — per indurre il governo ad abolire i voucher senza colpo ferire, prendendo atto della forza del sindacato. Senza CGIL, o con una CGIL più debole, un’azione del genere sarebbe stata impossibile: i lavoratori non avrebbero potuto trovare un contenitore dove far valere la propria opinione.
L’animosità di Grillo verso i sindacati non è affatto nuova, anzi risiede nelle radici stesse del M5S. Già nel 2013 sosteneva che “i sindacati sono vecchi come i partiti: eliminiamoli.” In quel momento sia lui che Renzi attaccavano la CGIL; era un momento storico in cui si litigava ancora se i due volti nuovi più in vista sulla scena politica fossero di destra, sinistra, centro o chissà cosa (spoiler: destra, soprattutto Grillo). E in questi anni non ha affatto cambiato idea, come in questo post del 2016 — dove, con poca lungimiranza, accusa i sindacati di non fare abbastanza per contrastare la diffusione dei voucher.
Grillo conferma ancora una volta di scivolare sempre più a destra nel panorama politico italiano, proponendo iniziative come questa che — dietro proclami in apparenza molto belli come “promuovere nuove forme di democrazia e partecipazione sul luogo di lavoro” e “tagliare privilegi e incrostazioni di potere del vecchio sindacato” — fanno l’interesse di chi è più potente.