Storie della Buonanotte per bambine ribelli — traduzione italiana di Good Night Stories for Rebel Girls, uscito negli Stati Uniti lo scorso novembre — approda oggi sugli scaffali delle librerie italiane. Si tratta di un vero proprio caso editoriale: il libro nasce da un’idea di Elena Favilli e Francesca Cavallo — fondatrici di Timbuktu Lab, società che si occupa della creazione di contenuti editoriali e progetti didattici per l’infanzia. L’idea è quella di scrivere un libro di favole non ricorrendo più a principesse in attesa del principe azzurro, ma raccontando la storia di donne reali — politiche, attiviste, artiste o sportive, contemporanee e non — che, disobbedendo alle regole, hanno fatto (o cambiato) la storia.
Il progetto viene lanciato nella primavera del 2016 con una campagna di crowdfunding su Kickstarter, con l’obiettivo di ottenere 40 mila dollari, per coprire le spese di pubblicazione. In meno un mese la campagna otterrà più di 455 mila dollari, rendendo Storie della buonanotte per bambine ribelli il libro che ha ottenuto maggiori finanziamenti nella storia di Kickstarter.
Il tentativo di creare delle “eroine per bambine” più moderne, meno legate a stereotipi di genere — potremmo dire femministe, se il termine non facesse ancora così paura — e che ben rappresentino le minoranze, non è una novità nella narrativa per l’infanzia. Persino la Disney, magico mondo di principesse dalla pelle mai troppo scura, mai troppo formose, mai troppo indipendenti, quasi sempre attratte da uomini palesemente meno scaltri di loro ma considerati comunque il massimo del desiderabile, sta cambiando il prototipo di principessa, rendendo le sue eroine sempre meno preda delle pene amorose, sempre più libere di decidere per se stesse. Non più bambole dai capelli perfetti, ma ragazze convinte del fatto che le donne riusciranno a essere considerate alla pari degli uomini, perché se lo meritano, eccome, ma consapevoli che, per riuscirci, dovranno fare un sacco di fatica — in parole povere, Pocahontas e Mulan erano nel giusto, ma non lo sapevano nemmeno loro.
Storie della buonanotte per bambine ribelli osa ancora di più, decidendo di raccontare, sotto forma di brevi fiabe, la storia di donne reali — come a voler sottolineare che di personaggi femminili adatti a dare il buon esempio ne è piena la storia, non serve per forza inventare.
La scelta delle donne esemplari è decisamente varia, e comprende grandi nomi della storia — come Rosa Parks, le sorelle Bronte, Frida Kahlo, Margaret Hamilton — e contemporanee, come Yusra Mardini, la nuotatrice siriana diciottenne che ha partecipato alle ultime Olimpiadi nella prima squadra di rifugiati, Michelle Obama, Hillary Clinton, e l’attivista Manal Al-Sharif.
Raccontare la vita delle attiviste e delle politiche che han fatto (e che stanno facendo) la storia, significa però anche raccontare a un bambino la nostra storia. Questa è forse la vera sfida del libro, perché, è indubbio, una cosa è scrivere una fiaba ambientata in un mondo d’invenzione, in cui, se i cattivi non sono cattivissimi e i buoni non sono impeccabili, quantomeno è molto semplice discernere il bene dal male, un’altra è raccontare un mondo che gli adulti stessi talvolta faticano a comprendere. Un conto è raccontare la guerra di un mondo che esiste solo nella nostra testa, un’altra è raccontare la guerra in Siria, la lotta per il suffragio femminile, la seconda guerra mondiale, la condizione delle donne nei paesi musulmani.
È così che, nella storia di Manal Al-Sharif si legge:
C’era una ragazza che voleva guidare la macchina, ma viveva in Arabia Saudita, un paese in cui le regole religiose proibiscono alle donne di guidare. Si chiamava Manal, e un giorno decise di infrangere quelle regole. Prese in prestito l’auto di suo fratello e guidò per le vie della città. Poi postò un video su YouTube che la mostrava al volante. […] Qualche giorno dopo Manal fu arrestata e dovette promettere di non guidare mai piú.
Così in quella di Anna Politkovskaja
[…] Quando una parte della Russia chiamata Cecenia volle separarsi dal resto del paese per diventare una nazione indipendente, il governo russo mandò l’esercito per impedirlo. Scoppiò una terribile guerra. Anna decise che doveva scrivere. Voleva raccontare al resto del mondo quello che stava accadendo in Cecenia. Ma al governo russo la cosa non piacque per niente.
E così in quella della partigiana Claudia Ruggerini
Claudia viveva in un tempo in cui l’Italia era governata da un tiranno chiamato Benito Mussolini. Durante la sua dittatura non si potevano leggere certi libri, non si potevano guardare certi film, non si potevano esprimere le proprie opinioni e non si poteva votare.
Come si spiega la storia a un bambino? Come si spiega a una lettrice di quarta elementare che le grandi donne della storia hanno spesso rischiato la vita, sono state stuprate, hanno subito insulti psicologici, morali, sono spesso state cacciate dal loro paese, e, a volte, sono state uccise?
L’obiettivo delle Storie per bambine ribelli è proprio provare a raccontare quello che risultava scomodo raccontare, non tanto creando modelli comportamentali, ma tentando di promuovere una nuova idea: ogni donna, ogni ragazza, ogni bambina può e deve sentirsi legittimata a infrangere le regole, qualora le regole non siano fatte per tutelarla, ma per metterla da parte. Ogni donna può e deve aspirare ad essere una scienziata, una avvocata o una candidata alla presidenza — tutti termini riportati al femminile, che, posti in un libro per bambini, potrebbero davvero diventare di uso comune.
Ogni donna può essere, a suo modo, un’eroina, ed è giusto che provi a diventarlo.
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