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Si è tenuto il Consiglio dei ministri annunciato furiosamente da Meloni dopo la decisione del tribunale di Roma sui 12 migranti provenienti da Egitto e Bangladesh. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto–legge che contiene una lista di paesi di origine considerati “sicuri” — le persone migranti provenienti da questi paesi potranno vedere le loro richieste d’asilo respinte in tempi più rapidi. I paesi della lista sono i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Mentre scriviamo il testo del decreto non è ancora stato distribuito alla stampa, ma l’aspetto più importante è intrinseco: la versione precedente di questa lista era stata approvata lo scorso maggio in un decreto interministeriale — la lista insomma è promossa lungo la “gerarchia” della normativa italiana, passando da una norma di secondo livello a una norma di primo livello.

Il decreto–legge vuole dare quindi maggiore legittimità alla lista, ma non è chiaro se questo passaggio serva a qualcosa: la Costituzione — che nella “gerarchia” viene ovviamente prima delle norme di primo livello — mette nero su bianco che l’ordinamento comunitario e gli obblighi internazionali vengono prima delle leggi italiane. In questo senso, non sembra che la decisione del tribunale di Roma sarebbe stata diversa se la lista fosse già stata dentro un decreto–legge invece che in un decreto interministeriale. La questione è, per altro, di vecchia data: da anni Meloni e Fratelli d’Italia vogliono riformare la Costituzione in modo che le leggi nazionali abbiano la priorità sulle leggi europee, mettendo in discussione la ‘primazia’ del diritto unionale, un principio che è fondamentale per il funzionamento dell’UE, e che in altri stati — come in Polonia — ha portato a lunghe controversie.

Nel mondo reale, nel frattempo, i 12 migranti deportati in Albania, ora bloccati nel Cara di Bari, non sanno ancora quale sarà il loro destino. Tra loro, il Corriere del Mezzogiorno riporta il caso di un giovane egiziano arrivato in Italia per raggiungere il padre, che lavora nei campi in Campania. Il suo avvocato, Gennaro Santoro, commenta la situazione con parole ovviamente dure: “Ogni passo verso il riconoscimento dei diritti dei migranti viene ostacolato nella speranza di impedire che possano presentare ricorso contro il diniego dell’asilo politico.” Santoro è certo: “Sanno che il rigetto della Commissione è illegittimo e temono di perdere. L’intera normativa sulle procedure accelerate è incostituzionale. Ma noi abbiamo la Costituzione dalla nostra parte.”

La guerra contro la magistratura del governo si combatte anche — soprattutto sui media: domenica Meloni ha citato sui social un articolo del Tempo che riportava di una mail scritta dal sostituto procuratore alla Cassazione Marco Patarnello, che ora si trova al centro di una campagna d’odio. Patarnello è sostanzialmente accusato di aver invitato i propri colleghi all’opposizione alle azioni del governo Meloni, quando invece nella mail dice il contrario: ovvero che gli attacchi alla magistratura del governo Meloni sono particolarmente pericolosi, e che la magistratura deve difendersi. Il paragrafo topico è: “Dobbiamo essere uniti e parlare con chiarezza. Non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini ad un giudice indipendente. Senza timidezze.” Il vicepresidente del Consiglio Salvini è arrivato a commentare che “Patarnello non merita di stare al suo posto,” ripetendo la solfa sui guidici che scambiano “il Tribunale per un centro sociale.” Più ambizioso il presidente del Senato La Russa, che vorrebbe una riforma costituzionale che formalizzi la sottomissione dei magistrati: “La destra, che vuole governare, vorrebbe rispetto per le prerogative della politica. Ed è per questo che dobbiamo chiarire questa zona grigia. Perché altrimenti non si capisce quale sia il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica.” “A chi spetta definire esattamente i ruoli della politica e della giustizia? Alla Carta costituzionale. In passato tutto sembrava funzionare. Dopo Tangentopoli non è più stato così. Se la Costituzione non appare sufficientemente chiara, si può chiarire meglio. Una riforma complessiva del Titolo IV? Perché no? Potrebbe essere utile una riforma che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura. Così non funziona.”


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