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elaborazione foto CC-BY-NC-SA 3.0 IT presidenza del Consiglio dei ministri

Il governo è in difficoltà su PNRR e caro energia: gli basteranno le piccole battaglie identitarie per salvare la faccia?

Il dibattito sul Pnrr si sta avvitando su sé stesso in modo sempre più pericoloso. Il governo è arrivato a dire che “l’Italia non rinuncia ai fondi” — perché ovviamente Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera, ha dichiarato che si potrebbe ipotizzare di farlo: “Ho parlato con molti sindaci di comuni piccoli e i problemi sono numerosi, ha senso indebitarsi con l’Ue per fare cose che non servono?” Meloni ha appunto ribattuto che “non prendo in considerazione di perdere risorse,” che sempre secondo il governo “verranno solo rimodulate.” Il problema comunque è serio: sono circolate anche voci di presunti incontri tra Mattarella e Draghi e Mattarela e Gentiloni per discutere del da farsi con i ritardi, smentite dal Quirinale ma indicative del clima di questi giorni.
I problemi del Pnrr sembrano essersi coagulati all’improvviso, e ora — come spesso accade nella politica italiana — l’aria che si respira è quella dell’emergenza. In sostanza, diversi progetti sembrano poco sostenibili oppure troppo indietro per essere ultimati entro la scadenza del 2026. Ad esempio: il governo ha già chiesto a Bruxelles un rinvio per la costruzione di asili nido in Veneto — fatto di per sé sconcertante se si pensa che il governo ritiene la bassa natalità un’emergenza — ma la richiesta è stata negata. Secondo il Corriere, il prossimo mese sarà decisivo per rivedere o scrivere effettivamente da zero tutti i progetti per i quali sono previste le erogazione dei fondi, pensando anche ad eventuali piani B. Il Corriere insinua anche che l’irrigidimento di Bruxelles sia anche dovuto alla “tentazione in alcuni Paesi del Nord Europa di dimostrare che il Recovery non può funzionare: se così fosse, allora l’esperimento non sarebbe ripetibile.”
Nel caso tutto vada male, il governo ha in mente una linea chiara: basta studiare, andate a lavorare, possibilmente nei campi. Da Vinitaly la presidente del Consiglio ha dichiarato che “Per come la vedo io questo è il vero liceo. Perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. È il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy.” La ministra del turismo Santanché è andata anche oltre: “abbiamo avuto una sinistra che ha invogliato i giovani a fare i licei. Questo governo vuole invece mettere al centro le scuole tecniche.”
Il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare (🙄) Francesco Lollobrigida aveva inaugurato Vinitaly e aveva invitato “i giovani” ad andare a lavorare nei campi, perché “devono sapere che non è svilente andare a lavorare in agricoltura.” Il ministro dimentica che, pur essendo il lavoro nei campi in sé degnissimo al pari di ogni altra forma di impiego salariato, le paghe e le pratiche del settore rasentano lo schiavismo. Ma per il ministro non è un problema: “Quello che non è un modello di civiltà è non andare a lavorare, stare sul divano e gravare sulle spalle altrui col reddito di cittadinanza” — come tutto il governo, il ministro sembra convinto che eliminando le forme di reddito alternative un numero più alto di persone sarà costretto a farsi sfruttare — Coldiretti ha già fatto sapere che nei campi “c’è posto” per 100 mila “giovani.” A Vinitaly era presente anche Matteo Salvini, che ha di nuovo rilasciato dichiarazioni antiscientifiche sostenendo che “il vino non è una sostanza cancerogena.” Meloni invece ha rivendicato che la scelta di abolire il Rdc “sta dando frutti,” anche se non ha specificato quali.

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