Schlein è riuscita a vincere contro ogni pronostico le primarie del Pd. Riuscirà a riportare un po’ più a sinistra non solo il proprio partito, ma anche il tono del dibattito politico italiano?
La politica italiana si è resa effettivamente conto che Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd — sono anche arrivati i dati definitivi, che certificano la sua maggioranza del 53,75% alle primarie. Si è tenuta una cerimonia informale in cui il segretario uscente Enrico Letta le ha fatto un regalo bizzarro: un melograno di ceramica, “simbolo di prosperità.” La vera investitura però arriverà all’assemblea del prossimo 12 marzo.
Tutto l’arco politico o quasi si è congratulato con lei: da Mattarella e da Giorgia Meloni, che si aspetta “una opposizione durissima” e che ha posto l’accento sul fatto che ora anche alla guida del Pd ci sia una donna, fino a Berlusconi, che si augura “un confronto costruttivo.” I leader dei principali partiti di opposizione e i dirigenti del Pd i dirigenti hanno fatto con varie sfumature gli auguri alla nuova segretaria. Tutti? Non proprio: non arrivano notizie di dichiarazioni da Vincenzo De Luca, che ha mandato avanti il figlio Pietro — secondo il quale è “decisivo tenere unito il partito nella pluralità.”
Cosa succederà ora? Dietro le felicitazioni, diverse persone sono spaventate da un Pd più a sinistra trascinato dalla nuova segretaria. A cominciare da Conte, che teme di perdere il monopolio sui temi di centrosinistra costruito nell’ultimo anno — probabilmente nelle prossime settimane il M5s cercherà di far uscire allo scoperto Schlein sulla guerra in Ucraina, un argomento molto difficile da ridefinire all’interno del Pd. Qualche centrista è già uscito, come Giuseppe Fioroni, ma non è detto che ci sia una fuga di massa come qualcuno aveva predetto: ad esempio il sindaco di Bergamo Gori, che si era esposto molto su una sua uscita dal partito in caso di vittoria di Schlein, ha fatto capire che per ora osserverà l’evoluzione della situazione. Ecco perché anche Calenda e in generale il cosiddetto “Terzo polo” non è entusiasta del risultato — un Pd spostato a sinistra, paradossalmente, potrebbe trascinare verso il centrosinistra anche il Terzo polo, almeno su alcune posizioni: le elezioni regionali hanno dimostrato che schiacciarsi troppo verso destra può essere rischioso.
Le prossime mosse che attendono Schlein saranno già un indicatore di come intende gestire la segreteria e un partito che rimane balcanizzato in una serie di correnti con opinioni e sensibilità diversissime tra loro. Schlein dovrà nominare dei nuovi capigruppo al Senato e alla Camera, per la quale potrebbero essere in prima fila Chiara Gribaudo, Chiara Braga, Peppe Provenzano e Francesco Boccia — i gruppi parlamentari saranno un capitolo delicato, visto che in proporzione pochi deputati e senatori hanno sostenuto Schlein: la nuova segretaria dovrà quindi capire quanto potrà forzare la mano senza rischiare la loro ingovernabilità, come successo in passato nel Pd. A Bonaccini potrebbe essere offerta la poltrona onorifica di presidente dell’assemblea.