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in copertina, foto CC BY-NC-SA 3.0 presidenza del Consiglio dei Ministri

I risultati delle amministrative, deludenti per molti, lasciano il governo particolarmente fragile, mentre l’autunno — con la crisi del gas, tra le altre cose — si avvicina

Questa tornata di elezioni amministrative ha premiato la coalizione di centrodestra, che ha vinto al primo turno nei tre capoluoghi di regione Palermo, Genova e L’Aquila. A cui si aggiungono, tra i capoluoghi di provincia, Belluno, Rieti, Oristano, Pistoia e La Spezia. Il centrosinistra, invece, deve accontentarsi soltanto di tre vittorie al primo turno: Padova — dove è stato rieletto Sergio Giordani — Taranto — anche qui con la riconferma di Rinaldo Melucci — e Lodi, unico capoluogo di provincia strappato a una precedente amministrazione di centrodestra, con l’elezione del venticinquenne Andrea Furegato, ora uno dei sindaci più giovani d’Italia. Per il ballottaggio, il centrosinistra è in vantaggio a Como, Lucca, Cuneo, Piacenza, Parma e Verona — dove Damiano Tommasi dovrà tentare l’impresa disperata di battere il sindaco uscente Sboarina in una delle più solide roccaforti della destra in Veneto.

Se la riconferma del “sindaco–commissario” Marco Bucci a Genova era scontata, la sconfitta del centrosinistra a Palermo archivia l’era di Leoluca Orlando, che dopo due mandati non è evidentemente riuscito a lasciare un’eredità politica. La vittoria di Roberto Lagalla — che aveva il sostegno anche di Italia Viva — non archivia comunque le divisioni all’interno del centrodestra siciliano, spaccato sulla ricandidatura di Nello Musumeci alle prossime regionali. A L’Aquila, invece, è stato riconfermato il meloniano Pierluigi Biondi, ex militante di Casapound. La candidata della coalizione di centrosinistra, Stefania Pezzopane, è arrivata soltanto terza, superata dalla coalizione centrista formata da Azione e +Europa.

Allargando lo sguardo, il dato politico più rilevante è l’ulteriore avanzata di Fratelli d’Italia, che batte la Lega praticamente ovunque, anche nelle città del nord tradizionalmente leghiste. La posizione ormai predominante nella coalizione permette a Giorgia Meloni di alzare la voce, tanto da invitare gli alleati a lasciare il governo — un invito per ora rispedito al mittente da Salvini, la cui leadership però sembra sempre più in bilico.

Salvini potrebbe scegliere la data del 18 settembre, in occasione del raduno di Pontida, per sfilarsi opportunamente dalla maggioranza in vista delle prossime politiche: un’ipotesi che preoccupa l’ala “governista” del partito, ma che prende atto del fatto che durante la permanenza al governo i consensi della Lega sono calati a favore di FdI — anche se non è chiaro quanto la colpa sia della permanenza in sé e quanto della condotta erratica di Salvini negli ultimi mesi. Nel frattempo, ci si aspetta che il leader leghista alzi i toni dello scontro sui prossimi temi “caldi” del governo.

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