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in copertina, foto CC BY-NC-SA Al Jazeera

Shireen Abu Akleh è stata uccisa dall’esercito israeliano, che nega il coinvolgimento dei militari. Per Al Jazeera si tratta di un “omicidio a sangue freddo” 

La giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stata uccisa mentre copriva uno dei raid israeliani contro il campo rifugiati di Jenin. Lo riporta la stessa Al Jazeera che aggiunge come i militari israeliani abbiano “sparato in faccia” alla giornalista nonostante il giubbotto paraschegge con scritto “Stampa.” La rete, in un comunicato, aggiunge che Abu Akleh è stata uccisa “a sangue freddo” e ha richiesto alla comunità internazionale di intervenire per condannare e dare responsabilità alle milizie di Israele per l’accaduto.

Oltre all’assassinio di Abu Akleh, anche un altro giornalista freelance, Ali al-Samoudi è stato ferito alla schiena durante le violenze di cui sono emersi inquietanti dettagli solamente negli ultimi minuti grazie alla testimonianza di uno dei giornalisti presenti sul luogo. Il testimone dichiara che tutti i giornalisti sono arrivati a Jenin con l’elmetto e il giubbotto paraschegge con scritto “PRESS” come da prassi, ma sono comunque stati assaliti dai cecchini israeliani che hanno sparato, colpendo Abu Akleh e uccidendola.

Sempre secondo il testimone, i cecchini avrebbero continuato a sparare anche dopo la morte della giornalista, ferendo altri colleghi presenti sulla scena. Israele ha risposto alle accuse incolpando una milizia palestinese che avrebbe aperto il fuoco contro le forze israeliane e i giornalisti, ma il video pubblicato per sostenere questa teoria riprende un posto diverso rispetto a quello della morte della giornalista, come confermato da uno specialista della geolocalizzazione, Samir Harb.

Il primo ministro palestinese Abbās ha dato “piena responsabilità” ad Israele per l’accaduto e alle sue parole ha fatto eco la portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Lolwah Al Khater che ha aggiunto che “il supporto incondizionato e il terrorismo di Israele devono finire.” A ciò si aggiunge il commento della parlamentare palestinese, Khalida Jarrar che ha definito Abu Akleh la “voce della Palestina” uccisa “dalla mostruosità del colonialismo e dell’occupazione di Israele.”

In un tweet, Patrick Zaki che ha definito Abu Akleh “un simbolo per la nostra generazione” per il lavoro della giornalista nel riportare le repressioni di Israele sui cittadini palestinesi.

L’uccisione di Abu Akleh non è il primo caso di una giornalista assassinata dalle truppe israeliane. Ricordiamo anche: 

  • Issam Tillawi, Imad Abu Zahra, Raffaele Ciriello, Nazeh Darwazeh, e James Miller, uccisi in cinque circostanze separate dall’IDF durante i fatti della Seconda Intifada;
  • Fadel Shana’a, ucciso da una freccetta d’acciaio sparata da un carro armato israeliano. Shana’a, un cameraman, filmò la propria stessa morte;
  • Simone Camilli e Ali Shehda Abu Afash, uccisi nell’esplosione di una bomba lanciata da un F-16, inizialmente inesplosa. Furono i primi giornalisti uccisi nel conflitto di Gaza del 2014;
  • Yaser Murtaja, ucciso da un cecchino mentre registrava le proteste a Gaza nel 2018. Quel giorno furono feriti altri sette giornalisti palestinesi.

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