Cosa possiamo aspettarci dall’incontro tra Lavrov e Kuleba in Turchia
È in corso l’incontro tra il ministro degli Esteri ucraino Kuleba e il suo omologo russo Lavrov, in Turchia. Difficilmente ci saranno sviluppi positivi a questo incontro, ma si tratta di un momento importante verso una soluzione diplomatica del conflitto
in copertina, foto via Twitter @olegnikolenko_
È in corso l’incontro tra il ministro degli Esteri ucraino Kuleba e il suo omologo russo Lavrov, in Turchia. Difficilmente ci saranno sviluppi positivi a questo incontro, ma si tratta di un momento importante verso una soluzione diplomatica del conflitto
Oggi il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba incontrerà il proprio omologo russo Sergej Lavrov in Turchia, nella città di Adalia. I due ministri si confronteranno alle 11, ora locale — le nostre 9 — alla presenza del collega turco Mevlüt Çavuşoğlu. Sono le trattative di livello più alto che si sono tenute finora tra i due paesi dopo l’invasione da parte della Russia, anche se l’incontro era stato già programmato prima del conflitto, ma le speranze che ci siano sviluppi diplomatici per ora sono molto tenui. L’incontro si svolge in Turchia perché il governo di Ankara è l’unico tra gli alleati Nato a essere rimasto quasi neutrale nel conflitto, non unendosi alle sanzioni atlantiste contro Mosca. Nei giorni scorsi le dichiarazioni di Putin e la narrazione del conflitto sui media russi hanno lasciato sperare che Mosca avesse di fatto abbandonato l’ambizione di conquistare Kyiv o comunque forzare un cambio di regime, e che sarebbe stata disposta ad accontentarsi delle concessioni su Donbas e Crimea. Anche se non ci fossero sviluppi immediati alla fine di questo incontro, si tratta di un passo molto importante verso una soluzione diplomatica del conflitto — e una vittoria di immagine per la Turchia.
Intanto sul campo continuano i bombardamenti: l’opinione pubblica internazionale è stata scossa dall’attacco contro l’ospedale pediatrico e di maternità di Mariupol, denunciato su Telegram dalle autorità cittadine e poi rilanciato dal presidente ucraino Zelenskyj, che è tornato a chiedere una no–fly zone sui cieli del paese — una richiesta che però le autorità della Nato hanno più volte respinto. Anche il ministro Kuleba ha denunciato gli attacchi contro Mariupol, dove “400 mila persone sono tenute in ostaggio.” L’edificio che ospitava l’ospedale è rimasto in piedi, ma ha subito danni gravissimi. Dall’ospedale sono arrivate immagini di agenzia che mostrano l’evacuazione degli ospiti e del personale. Purtroppo non si tratta di un bombardamento isolato: Mariupol è probabilmente la città che ha subito i danni più ingenti dalle bombe russi. Ieri a Mykolaïv sono stati colpiti ripetutamente quartieri residenziali, mentre questa notte Charkiv è di nuovo stata colpita dal fuoco di lanciarazzi multipli, che hanno colpito anche un centro commerciale. Le truppe russe hanno attaccato anche un quartiere residenziale a Ochtyrka. Dall’inizio dell’invasione, due settimane fa, l’OMS ha verificato 18 attacchi su strutture sanitarie.
I pretesti per giustificare l’invasione da parte di Mosca diventano sempre più fantasiosi: martedì il governo russo ha ripetuto l’accusa secondo cui a Kyiv sarebbero presenti laboratori statunitensi per lo sviluppo di armi biologiche — dichiarazione timidamente supportata delle autorità cinesi, che hanno esteso l’accusa ai laboratori che gli Stati Uniti gestirebbero in “30 paesi.” Il dipartimento di Stato statunitense ha categoricamente respinto l’accusa, dichiarando di “non possedere o gestire nessun laboratorio chimico o biologico in Ucraina,” e di essere in “piena conformità” con le Convenzioni sulle armi chimiche e biologiche. In un gioco di accuse incrociate, il portavoce Price ha detto che in realtà è la Russia a possedere armi biologiche, e la portavoce della Casa bianca Jen Psaki ha adombrato la possibilità dell’uso di armi chimiche su Kyiv. Secondo l’Istituto per lo studio della guerra, una think tank legata all’industria delle armi statunitense, le autorità russe potrebbero anche condurre un’operazione false flag chimica per giustificare un’intensificazione del conflitto. Lo scorso aprile l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche ha chiuso il proprio secondo report sull’uso di armi chimiche durante il conflitto in Siria.
Nel proprio aggiornamento quotidiano l’istituto ha notato movimenti delle truppe attorno alla capitale ucraina, rilevando però che finora i militari russi si sono mossi con minore aggressività di quanto avessero previsto. L’attività militare su terra sembra concentrata, in questi giorni, nel consolidare il controllo dei territori occupati nelle scorse settimane, per difenderli dalla resistenza ucraina.
Grafica via Twitter @TheStudyOfWar