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in copertina, foto via Twitter @PolandMOI

La Commissione europea chiederà agli Stati membri Ue l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea dei migranti. Ancora una volta, il tema della solidarietà tra Stati Ue sarà centrale per la buona riuscita dell’accoglienza

La Commissione europea chiederà agli Stati membri Ue l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea dei migranti. È un dispositivo legale, azionabile nel caso di arrivo massiccio nell’Unione europea di stranieri che non possono rientrare nel loro paese — in particolare a causa di una guerra, violenze o violazioni dei diritti umani. La durata della protezione temporanea è di un anno, ma è rinnovabile fino ad altri due anni in caso di persistenza del conflitto e non pregiudica la possibilità di chiedere la protezione internazionale, ovvero l’asilo. Gli Stati membri, 26 con la Danimarca esclusa, dovranno poi cooperare per  stabilire la ‘quote.’ Ancora una volta, il tema della solidarietà tra Stati Ue sarà centrale per la buona riuscita dell’accoglienza — in altre occasioni non aveva funzionato con il sistema di asilo europeo arrivato al collasso a causa dell’assenza di cooperazione tra gli Stati frontalieri (Italia, Grecia, Spagna) e gli Stati che non condividono confini esterni o marittimi con altri Paesi. L’Italia aveva chiesto l’attivazione della Direttiva sulla protezione temporanea nel 2011, anno dell’esodo proveniente dalla Tunisia in tumulto dopo la Primavera tunisina. In quel periodo la Germania commentava: “L’Italia infrange Schengen”.

I numeri dell’esodo

Secondo l’Unhcr, se la guerra dovesse trasformarsi in un lungo conflitto, tra quattro e sette milioni di ucraini lasceranno l’Ucraina per raggiungere i Paesi confinanti. Per il momento circa 400 mila ucraini hanno lasciato il Paese, soprattutto donne, bambini e anziani. I Paesi interessati dalla prima accoglienza sono Polonia al confine nord-ovest, Slovacchia e Ungheria al confine ovest e Romania al confine sud-ovest. La Moldavia non fa parte dell’Unione europea, ma l’Alto rappresentante Josep Borrell ha già assicurato il sostegno dell’Ue al ministro degli Esteri moldavo Nicu Popescu. Gli ucraini in fuga dalla guerra potranno viaggiare gratis sui treni diretti verso la Germania e l’Austria, con un passaporto o una carta di identità. Sull’altro fronte, nel Donbas, l’agenzia Interfax riporta che il conflitto potrebbe portare mezzo milione di rifugiati in Russia. 

foto via Twitter / @nicupopescu

Altre vie di fuga dalla guerra per gli ucraini saranno i punti di contatto con le famiglie in tutta Europa. Ad esempio, in Italia, l’accoglienza si sta preparando anche a livello comunale, con numerose città italiane che hanno dato la disponibilità ad accogliere i rifugiati. Come riporta AGI, “questa mattina a Trieste è arrivato un pullman con targa ucraina con una cinquantina di donne e bambini più due uomini, di cui uno era l’autista, in fuga dalla guerra. Erano tutti diretti a casa di amici o di conoscenti, prevalentemente al nord tra Brescia, Vicenza e Milano ma anche a Roma e in altre località.” In Italia, al primo gennaio 2021, risiedevano circa 235,953 mila cittadini ucraini.

Accuse di razzismo e doppi standard

In Ucraina sono presenti anche lavoratori e studenti da Stati terzi, che non appartengono all’Unione europea. Alcuni video circolati sui social hanno mostrato il respingimento di cittadini “non-ucraini” alla frontiera con la Polonia, facendo aumentare l’indignazione per l’ingresso selettivo delle persone che fuggono dal conflitto. La Tunisia, che non ha un’ambasciata a Kyiv, ha avviato un ponte aereo militare e civile per rimpatriare membri della comunità tunisina, in gran parte studenti, costretti dalla guerra a lasciare l’Ucraina verso la Polonia e la Romania. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri tunisino, Othman Jerandi. Molti utenti hanno criticato sui social il “doppio standard” dei media europei e occidentali nella narrazione delle guerre, evidenziando commenti offensivi e razzisti, come riporta questo articolo di Al Jazeera.

La crisi dimenticata

“Gli eventi ai confini con la Bielorussia, anche sul lato del confine dell’Ue, dimostrano l’impatto mortale del negare l’accesso ai fornitori di assistenza umanitaria”, ha sottolineato l’organizzazione europea European Council on refugees and exhiles (Ecre) in un comunicato del 26 febbraio. Il riferimento è alla “crisi dei migranti” tra Polonia e Bielorussia iniziata nel novembre 2021 e “risolta” con la costruzione di un muro tra i due Stati. Si era parlato di una “crisi strumentale” voluta dal presidente bielorusso Lukašėnka per destabilizzare la Polonia. Negli ultimi sei mesi, secondo Infomigrants, sono stati ritrovati 19 corpi di migranti congelati alla frontiera, l’ultimo la settimana scorsa. In un’ispezione avvenuta a fine novembre 2021, la portavoce dell’OHCHR affermava: “La maggioranza ha affermato che, mentre si trovavano in Bielorussia, erano stati picchiati o minacciati dalle forze di sicurezza, e ha anche affermato che le forze di sicurezza bielorusse li hanno costretti ad attraversare il confine, indicando loro quando e dove attraversare, e hanno impedito alle persone di lasciare il confine zona per tornare a (la capitale) Minsk.” Nei Balcani, invece, in Bosnia-Erzegovina, ci sono ancora 8 mila richiedenti asilo (afghani, iracheni, pakistani, bengalesi) che stanno aspettando una via per l’Europa.

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